Giuseppe Tomasi di Lampedusa: differenze tra le versioni

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*"Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che volesse scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semidesti; da questo il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane le novità ci attraggono soltanto quando sono defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l'incredibile fenomeno della formazione attuale di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae soltanto perché è morto." (p. 162)
*Non nego che alcuni Siciliani trasportati fuori dall'isola possano riuscire a smagarsi: bisogna però farli partire quando sono molto, molto giovani: a vent'anni è già tardi; la crosta è già fatta, dopo: rimarranno convinti che il loro è un paese come tutti gli altri, scelleratamente calunniato; che la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori.<ref>Feltrinelli, 2013, [https://books.google.it/books?id=cbCOCgAAQBAJ&lpg=PP1&dq=&pg=PT197#v=onepage&q&f=false p. 197].</ref>
*Il suono argentino e festoso si arrampicava sulle scale, irrompeva nel corridoio, si fece acuto quando la porta si aprì: preceduto dal direttore dell'albergo, svizzerotto irritatissimo di avere un moribondo nel proprio esercizio, padre Balsàmo, il parroco, entro recando sotto la [[pisside|písside]] il Santissimo custodito dall'astuccio di pelle. (p. 293)
*Il suo disgusto cedeva posto alla compassione per questi effimeri esseri che cercavano di godere dell'esiguo raggio di luce accordato loro fra le due tenebre prima della culla, dopo gli ultimi strattoni. Come era possibile infierire contro chi, se ne è sicuri, dovrà morire? [...] Non era lecito odiare altro che l'[[eternità]].
*Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi [[Amore|innamorati]] che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, [[Illusione|illusi]] che tutto il cammino della [[vita]] sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Né l'uno né l'altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete, ma entrambi erano cari e commoventi metre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all'orecchio e dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire.