Ryszard Kapuściński: differenze tra le versioni

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*Il destino degli armeni: secoli di persecuzioni e stenti, la diaspora, la vita errante, i pogrom. Tutto registrato nelle cronache. Non una pagina senza qualcuno che preghi per la sopravvivenza, che invochi la vita. In ogni pagina l'angoscia, in ogni verso timore e spavento. (p. 226)
*Per gli armeni un alleato è chi pensa che il Nagorno Karabakh sia un problema. Tutti gli altri sono nemici.<br>Per l'azerbajgiano un alleato è chi pensa che il Nagorno Karabakh non sia un problema. Tutti gli altri sono nemici.<br>Si resta colpiti dall'estremismo e dalla radicalità delle due posizioni. Non è possibile, stando tra armeni, dire: "Secondo me gli azerbajgiani hanno ragione," o, trovandosi tra azerbajgiani, dire: "Secondo me hanno ragione gli armeni". Non se ne parla nemmeno: quelli ti prendono in odio e ti ammazzano. Lasciarsi sfuggire un: "È un problema!" oppure un "Non è un problema!" nel posto sbagliato o tra gente sbagliata, equivale a rischiare lo strangolamento, l'impiccagione, la lapidazione, il rogo. (p. 241)
*Tre piaghe, tre flagelli minacciano il mondo.<br>La prima è la piaga del nazionalismo.<br>La seconda, la piaga del razzismo.<br>La terza, la piaga del fondamentalismo religioso.<br>Le tre piaghe sono unite dalla stessa caratteristica, dallo stesso comun denominatore: la più totale, aggressiva e onnipotente irrazionalità. Impossibile penetrare in una mente contagiata da uno di questi tre mali. In quelle teste arde un sacro rogo in attesa delle sue vittime. Qualunque tentativo di fare un discorso pacato risulterà inutile. Quelli non vogliono discorsi, vogliono una dichiarazione. Vogliono che tu sia d'accordo, che tu gli dia ragione, che tu aderisca. Altrimenti per loro non sei nessuno, neanche esisti, visto che ti considerano solo in quanto mezzo, arma, strumento. Non esistono individui, esiste solo la causa. (pp. 241-242)
*In passato i viaggiatori si temevano a vicenda e nello scompartimento regnava il silenzio; ora, con la [[glasnost']], è tutto un chiacchierare. (p. 259)
*Il cosiddetto uomo sovietico è soprattutto un essere mortalmente stanco per cui non c'è da stupirsi che non abbia la forza di rallegrarsi per la libertà appena riconquistata. È un fondista giunto al traguardo e stramazzato a terra, incapace perfino di sollevare il braccio in segno di vittoria. (p. 266)
*Novgorod era una città democratica, governata dal popolo, aperta al mondo, in continuo contatto con ogni parte d'Europa; invece Mosca, espansionista, impregnata di influssi mongoli e ostile all'Europa, stava lentamente entrando nella buia era di Ivan il Terribile. Se la Russia avesse seguito la via novgorodiana, sarebbe potuta diventare uno stato diverso da quello capeggiato da Mosca. Ma le cose andarono altrimenti. (p. 287)
*Nella storia contemporanea è la Russia ad aprire il XX secolo con la rivoluzione del 1905, ed è sempre la Russia a chiuderlo con la rivoluzione sfociata nella caduta dell'Urss del 1991. (p. 295)
*Il medesimo processo di espansione del terzo mondo, che aveva causato il crollo degli imperi coloniali inglese, francese e portoghese, si faceva sentire anche all'interno dell'ultimo impero coloniale del mondo, l'Urss. Alla fine degli anni ottanta la popolazione non russa di questo Impero ammontava a circa metà della sua popolazione, mentre l'élite al potere era composta al novantacinque per cento da russi o da rappresentanti russificati delle minoranze etniche. Ormai era solo questione di tempo: si trattava di aspettare che la consapevolezza di questo fatto si trasformasse, per le minoranze in questione, in un segnale di via libera all'emancipazione. (pp. 297-298)
 
==''Il negus''==