Miguel de Cervantes: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Miguel de Cervantes==
*Alla fine, esausti per le veglie, fradici e con le occhiaie, giunsero alla bellissima e splendida città di [[Genova]] e qui, dopo essere sbarcati nella sua darsena riparata e dopo aver fatto visita ad una chiesa, il capitano e tutta la brigata ripararono in un'osteria dove annebbiarono il ricordo di tutte le burrasche passate con il ''gaudeamus'' presente. [...] Il buon Tomás ebbe modo di ammirare anche i biondi capelli delle genovesi, l'eleganza e la cortesia degli uomini, l'ammirevole bellezza della città che sembrava avere le case incastonate su per quelle rocce come diamanti nell'oro.<ref>Da ''Il dottor Vetrata'', pp. 237-238</ref>
*[[Amore]] e [[desiderio]] sono due cose distinte: non tutto ciò che si ama si desidera, né tutto ciò che si desidera si ama.
:''Amor y deseo son dos cosas diferentes; que no todo lo que se ama se desea, ni todo lo que se desea se ama''.<ref>Da ''[https://books.google.es/books?id=KA3XCgAAQBAJ&pg=PT186&dq=Amor+y+deseo+son+dos+cosas+diferentes;+que+no+todo+lo+que+se+ama+se+desea,+ni+todo+lo+que+se+desea+se+ama&hl=es&sa=X&ved=0ahUKEwjN95H9yvDeAhXRzYUKHd5dBS8Q6AEILTAB#v=onepage&q=Amor%20y%20deseo%20son%20dos%20cosas%20diferentes%3B%20que%20no%20todo%20lo%20que%20se%20ama%20se%20desea%2C%20ni%20todo%20lo%20que%20se%20desea%20se%20ama&f=false La Galatea]''.</ref>
*C'era sul marciapiede di San Francesco un crocchio di genovesi e, passando egli di là, uno di loro lo chiamò e gli disse:<br>– Venga qua, signor Vetrata, e ci conti un po' qualcosa.<br>Egli rispose:<br>– No, non vorrei che i miei conti venissero poi registrati a [[Genova]].<ref>Da ''Il dottor Vetrata'', p. 256</ref>
*Da un'altra nube sbucò il gran [[Félix Lope de Vega|Lope]]<br>poeta insigne che, in versi e in prosa,<br>nessuno supera e nemmeno uguaglia.<ref>Da ''Viaggio in Parnaso''; citato in Rubio 1973</ref>
*Dio benedica chi ha inventato il [[sonno]], mantello che avvolge i pensieri di tutti gli uomini, cibo che soddisfa ogni fame, peso che equilibra le bilance e accomuna il mandriano al re, lo stolto al saggio.<ref>Citato in ''Selezione dal Reader's Digest'', giugno 1973</ref>
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*Lodato sia don Chisciotte! Che seppe con tanto anticipo di secoli riconoscere un furibondo gigante sotto la maschera di un innocente mulino. ([[Gesualdo Bufalino]])
*Poche le opere tanto generose come il ''Don Chisciotte''. Si direbbe che vi sono libri ingrossati dalla cupidigia e libri ingranditi dalla generosità. Senza alcun dubbio, il ''Don Chisciotte'' è tra questi ultimi; si estende per pagine e pagine, ma non per fare con esse un libro, bensì per disfarlo, proprio perché non sia un libro, per far sì che la letteratura, in esso, resti spezzata, sorpassata, tralasciata. Perché il ''Don Chisciotte'' è scritto non già contro i libri di cavalleria – quale errore! – ma contro i libri, contro il libro, così come il quadro ''Las Meninas'' fu dipinto contro i quadri, anzi, contro la pittura. ([[Ramón Gaya]])
 
==''Il dottor Vetrata''==
===[[Incipit]]===
Passeggiando due studenti di signorile casata sulle rive del Tórmes, vi trovarono a dormire sotto un albero un ragazzo di un undici anni, vestito alla contadina. Ordinato a un servo di svegliarlo, quello lo svegliò, ed essi gli domandarono di dov'era e com'era che dormiva in quel luogo solitario. Al che il ragazzo rispose che il nome del suo paese se l'era dimenticato e che andava a Salamanca in cerca di un padrone da servire a patto soltanto che lo facesse studiare.<ref name=novelle1912>Da ''Novelle'', 1912.</ref>
 
===Citazioni===
*Alla fine, esausti per le veglie, fradici e con le occhiaie, giunsero alla bellissima e splendida città di [[Genova]] e qui, dopo essere sbarcati nella sua darsena riparata e dopo aver fatto visita ad una chiesa, il capitano e tutta la brigata ripararono in un'osteria dove annebbiarono il ricordo di tutte le burrasche passate con il ''gaudeamus'' presente. [...] Il buon Tomás ebbe modo di ammirare anche i biondi capelli delle genovesi, l'eleganza e la cortesia degli uomini, l'ammirevole bellezza della città che sembrava avere le case incastonate su per quelle rocce come diamanti nell'oro.<ref>Da ''Il dottor Vetrata'',(2002; pp. 237-238</ref>)
*C'era sul marciapiede di San Francesco un crocchio di genovesi e, passando egli di là, uno di loro lo chiamò e gli disse:<br>– Venga qua, signor Vetrata, e ci conti un po' qualcosa.<br>Egli rispose:<br>– No, non vorrei che i miei conti venissero poi registrati a [[Genova]].<ref>Da ''Il dottor Vetrata'',(2002; p. 256</ref>)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Il geloso dell'Estremadura''===
Non sono molti anni che da un paese dell'Estremadura se ne partí un gentiluomo, nobile di nascita, che, come nuovo figliuol prodigo, per diverse parti di Spagna, d'Italia e delle Fiandre andò consumando e anni ed averi; finché, dopo tante peregrinazioni, morti ormai i genitori e scialacquato il patrimonio, venne a stabilirsi nella grande città di Siviglia dov'ebbe occasione davvero bastevole per dar fondo a quel poco che egli era rimasto.<ref name=novelle1912>Da ''Novelle'', 1912.</ref>
 
===''La zingarella''===