Carlo Dossi: differenze tra le versioni

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*Il [[pudore]] inventò il [[vestiti|vestito]] per maggiormente godere la nudità. (n. 2720)
*Nessuno mai provò compassione schiacciando una [[formica]]: pochissimi senton ribrezzo vedendo uccidere un pollo; pochi, vedendo un bue. Eppure s'inorridisce all'[[omicidio|uccisione]] di un uomo. Perché?... Non è forse l'[[anima]] una, non val la formica l'uomo? – Nobile arte la caccia, che è l'uccisione delle fiere; nobilissima la [[guerra]], che è l'uccisione degli uomini. Or perché ignobile la beccheria che è quella degli animali domestici? (n. 2730)
*Preparazione della salma di Mazzini (dal racconto di Gorini). Gorini è chiamato a Pisa da un telegramma di Bertani. Trova una folla di Mazziniani, mezzi matti, ciascuno dei quali dà ordini e disordini, gridando «si faccia questo, si faccia quest'altro, non si badi a spesa» e inviando poi, beninteso, i conti a pagare ai tre 3 o 4 ricchi di loro. Lemmi ci spese di più di 6000 lire – e nota che i patrioti operai gli fecero pagare 800 lire una cassa di piombo che ne valeva 200. – Si domandò a Gorini in che modo avrebbe imbalsamato Mazzini. Rispose avere due modi: uno spedito ma che conservava per pochissimo tempo il cadavere; l'altro lunghissimo, ma che lo serbava indefinitavamente. Si passò ai voti. Dei mazziniani, i Nathan volevano che si seppellisse Mazzini senz'altro. Ma prevalse Bertani. Gorini si pose dunque al lavoro. IL corpo giaceva in istato di avanzatissima putrefazione. Era verde – era una vescica zeppa di marcia. Bertani assisteva all'esperimento. Dopo una notte di tentativi, Gorini avea già perduta ogni speranza di conservarlo. Arrischiò un altro mezzo – e il verde scomparse e la marcia si coagulò. Allora si pose in cassa Mazzini per portarlo a Genova. In viaggio la cassa si ruppe e ne uscì del liquido. A Genova Gorini riprese il lavoro. In due anni, ne spera un mediocre successo –. (n. 2737)
*Il [[sorriso]] è alla bellezza, quello che il sale è alle vivande. (n. 2828)
*Anticamente migliaja di Dei parevano pochi; oggidì uno è di troppo. (n. 2913)