Gino Gerola: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*''Quando la pioggia lapida la notte | e fa deserto il mondo | o si levano sogni di campane | a cullare i crepuscoli | ognuno attende una voce | che rompa i silenzi | in cui l'animo affonda, | rianimi le solitudini | che s'affoltano intorno. || A quel muto richiamo | fa eco il fiato del vento | e il cigolìo dei carri | o il fragore vano delle case. | Impaura lo sguardo | la sorda quiete dei muri | chiusi agli orizzonti | dove altri camminano in ascolto. || Ma le pietre son diafane | se il nostro fiato alita parole | che ripetano i gesti delle madri. | Se s'aprono i battenti | alle folate d'ombra | lieti pellegrini | faranno sosta alle soglie stupite | e sarà giorno improvviso.'' (''In ascolto''; in ''Tempo d'avvento (1947-1953)'', p. 32)
*''Per uno stento arbusto | scoperto a un lume fugace | quanti campi di fiori favolosi | chiude la nostra notte. | Forse la [[saggezza]] estrema | è coscienza del buio, | chinarsi a cogliere le lucciole | perché splendano in alto.'' (da ''Saggezza''; in ''Tempo d'avvento (1947-1953)'', p. 34)
*''Mani devote accendono la fiamma | sulla tua [[tomba]], ora | che il giorno si rabbuia. Come un fiore | appassirà il cordoglio di chi t'ama | perduto in altre angosce. Resterà | sul marmo solo il nome | uno degli infiniti che passano.'' (da ''Su una tomba''; in ''La città insonne (1947-1953)'', p. 55)
*''La piazza è presa al volo | dai colombi a folate. Un ragazzetto | intorno al chiosco sbircia | donne sui rotocalchi con lo sguardo | riparato dal bavero. I sommari | sciorinati su un filo | vibrano al vento: – Aumenti agli statali. | I soldati di Ciombe fanno guerra | senza quartiere all'Onu. In Algeria | attentati dell'Oas fanno strage | tra i musulmani: venti morti – il vecchio | tramviere scuote il capo. All'improvviso | l'urlo d'una sirena | blocca il traffico, sospende | i rumori: ombre incappucciate | di nero sono immobili sui vetri | dell'ambulanza in fuga | verso i viali. Si segna una vecchietta | con mano ossuta. Con le braccia a croce | il vigile riapre | la furia di macchine e pedoni.'' (da ''Telegiornale (1963-1094)'', p. 92)
*''Sulla montagna | nella cucina calda | più nessuno la sera | veglia a bere le storie degli altri, | i pianti, le risate. | Il tempo ha fretta adesso, precipita. Dall'alto | sul teleschermo, la visione di una villa massacrata | dalle esplosioni. Si levano | ancora fumane pigre sulle macerie, | intorno soffia un silenzio | da pianeta distrutto. In una stanza | (dove?) un uomo pare seduto | in una mite cella, alza appena la testa | con quieta disperazione: – Non posso | più durare. Ormai | sono loro i padroni. Si è fulminata | l'ultima speranza di resistenza. Me ne andrò | e le ortiche copriranno | una fatica di decenni. Cinquanta operai | finiranno su una panchina della piazza | a scrutare il futuro, l'orizzonte | se arriva qualche messaggero | senza flagelli. Intanto dai palazzi | in feluca e marsina | nessuno muove un soffio | perché la nostra regione respiri | fuori dall'aria dei banditi –. | Luci e sigle sul video. Uno stadio urla | un'esplosione: la nostra squadra | è un trionfo. Ride anche la faccia | a mezzobusto, un attimo. Dietro | si apre un bosco ceduo, | una buca dove hanno estratto | una donna rapita e interrata viva. | Il tempo si sfrena senza pace, | le voci si perdono in dissolvenza. | Più niente. Fuori un autobus romba | sulla curva, una sirena | lacera la notte.'' (da ''Notizie di cronaca (1988)'', pp. 106-107)