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*{{NDR|Su ''[[Ivan il Terribile (film)|Ivan il Terribile]]''}} Secondo Stalin, Ejzenštejn non aveva sottolineato abbastanza che il terrore dello zar Ivan contro l'aristocrazia era giustificato; invitò Ejzenštejn a «mostrare che era necessario essere spietati». Il regista intimidito - soffriva già di un disturbo cardiaco cronico - chiese maggiori dettagli; ma Stalin rispose soltanto, con falsa modestia: «Non le sto dando delle istruzioni, esprimo solo i commenti di uno spettatore». Ejzenštejn fu profondamente spaventato da questa conversazione. Morì pochi mesi dopo. (Parte terza, cap. XVI, p.341)
 
*{{NDR|Su [[Nikita Sergeevič Chruščёv]]}} I suoi colleghi notarono il paradosso che il politico che denunciava il culto dell'individuo fosse all'incessante ricerca di prestigio personale. Non passava giorno senza che la sua foto apparisse sui giornali. (Parte terza, cap. XVII, p.369)
 
*Assaporò la grandezza dell'autorità suprema dalla metà degli anni cinquanta ed era deliziato quando suo nipote gli chiedeva: «Nonno, chi sei? Lo zar?». Gli piacevano anche la vodka e le barzellette volgari e scoppiava in rozzi scatti d'ira. Un segretario del partito più attento non avrebbe detto ai politici occidentali: «Vi seppelliremo!». E nessun leader sovietico del 1960 avrebbe battuto una scarpa sul proprio banco alle Nazioni Unite per interrompere un discorso del primo ministro Harold Macmillan. Durante il suo periodo al potere, si divertiva moltissimo. Adorava i regali e riceveva scienziati nella sua dacia. Pur non essendo mai stato un grande lettore, chiedeva ad autori famosi di leggergli le loro opere ad alta voce. Si riteneva un pensatore con inclinazioni pratiche. (Parte terza, cap. XVII, pp.370-371)
 
*Aveva una personalità eccentrica e autoritario. Eppure le sue parziali riforme dell'ordine sovietico erano probabilmente il massimo che i suoi stretti collaboratori e il resto dei gruppi dirigenti avrebbero allora tollerato. I sostenitori dell'ordine esistente erano troppo potenti, abili e sicuri per qualsiasi altra trasformazione più radicale. (Parte terza, cap. XVII, p.376)
 
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