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Nessuna potenza imperiale alla vigilia della prima guerra mondiale era più detestata in Europa della [[Impero russo|Russia zarista]]. Intere generazioni di democratici aborrivano la dinastia dei Romanov: né il Kaiser Guglielmo, né l'imperatore asburgico Francesco Giuseppe erano detestati quanto [[Nicola II di Russia|Nicola II]]. In Russia vigeva la più rigida repressione dei partiti politici e dei sindacati e solo nel 1905 Nicola II concesse suo malgrado, dopo mesi di tumulti rivoluzionari, l'elezione di un parlamento (Duma). Quando questo si riunì, l'anno seguente, si rivelò incapace di far fronte alla monarchia. Manipolando la nuova Costituzione a proprio vantaggio, l'imperatore sciolse poi la seconda Duma e ritoccò le leggi elettorali per farne eleggere una terza più compiacente.
 
===Citazioni===
*Tutti i dirigenti bolscevichi erano convinti assertori dello Stato monopartitico e monoideologico, dell'arbitrio legalizzato e della violenza come legittimi strumenti di governo, del centralismo amministrativo. Ne Lenin né gli altri dirigenti bolscevichi usavano questi termini, ma con le parole e i fatti mostravano il loro impegno. L'ipotesi che l'ordine bolscevico sarebbe stato più umano se Lenin non fosse morto è difficilmente conciliabile con questa gamma di principi affermatisi col [[bolscevismo]]. (Parte prima, cap. VIII, p. 176)
 
*Fra i popoli dell'Urss si sforzava di identificare se stesso con l'etnia russa. In privato parlava la sua lingua madre con quelli della sua cerchia che venivano dalla [[Georgia]]; e anche la sua defunta moglie Nadežda Allilueva aveva antenati georgiani. Organizzava le sue cene con un'ospitalità georgiana (anche se questa non prevedeva il lancio di pomodori sugli invitati come a volte accade). Ma pubblicamente le sue origini lo imbarazzavano dopo una guerra che aveva rafforzato la coscienza di sé e l'orgoglio dei russi. E la sua biografia faceva allusione solo una volta alla nazionalità di suo padre. (Parte terza, cap. XVI, p.337)
 
*Tutti i gruppi nazionali soffrivano, ma alcuni soffrivano più degli altri. Le culture di Estonia, Lettonia e Lituania - che erano state solo recentemente riconquistate - vennero distrutte. Lo stesso accadde ai moldavi di lingua rumena; nel loro caso, persino la lingua venne fatta a pezzi: dapprima fu fornita di un alfabeto cirillico poi il suo vocabolario dovette prendere a prestito parole russe, in modo da distinguerlo fortemente da quello rumeno. La lingua ucraina veniva insegnata sempre meno ai bambini di lingua madre ucraina nella Rsfr. Ancora più sinistra fu l'esperienza di un filologo che fu imprigionato solo per aver constatato che alcune lingue ugro-finniche avevano più declinazioni del russo. La storiografia divenne anche più imperialista. Šamil, il capo della ribellione del Caucaso settentrionale contro lo zarismo nel XIX secolo, venne dipinto inequivocabilmente come un reazionario. Chiunque, vivo o morto, da tempo immemorabile, si fosse opposto allo Stato russo era passabile di denuncia. (Parte terza, cap. XVI, p.338)
 
*La sua versione dell'identità nazionale russa era una miscela talmente particolare di tradizioni da risultare virtualmente una sua invenzione. La quintessenza della Russia, per Stalin, era semplicemente un catalogo delle sue personali predilezioni: militarismo, xenofobia, industrialismo, urbanesimo e gigantomania. (Parte terza, cap. XVI, p.340)
 
*La persecuzione degli scienziati era accompagnata dalla continua promozione di personaggi eccentrici. Negli anni quaranta {{NDR|del Novecento}}, lo pseudo scienziato [[Trofim Denisovič Lysenko|Lysenko]] sostenne di aver sviluppato germogli di grano che potevano crescere all'interno del Circolo polare artico. Le sue maniere burbere attraevano Stalin. Il risultato fu il disastro della biologia professionale: qualsiasi rifiuto di piegarsi alle ipotesi di Lysenko veniva punito con l'arresto. (Parte terza, cap. XVI, p.340)