Benedetto Croce: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→‎Citazioni di Benedetto Croce: scuola hegeliana: dati bibliografici e wlink
Riga 34:
*Io, modestamente, so di vivere in un continuo colloquio con Dio, così serio e intenso che molti cattolici e molti preti non hanno mai sentito nella loro anima.<ref>Da ''Dialogo su Dio: carteggio 1941-1952'', Archinto, Milano, 2007, p. 22.</ref>
*L'impedimento che urge rimuovere è la persona del re, [[Vittorio Emanuele III]], che ha aperto le porte al fascismo, lo ha favorito, sostenuto, servito per oltre vent'anni, lo ha seguito in tutte le sue azioni e persecuzioni più contrarie alla moralità... Pretendere che l'Italia conservi il presente re, è come pretendere che un redivivo resti abbracciato con un cadavere.<ref>Citato in ''Corriere della Sera'', 9 febbraio 2010.</ref>
*L'[[Destra hegeliana|ala destra]] {{NDR|della scuola hegeliana}} interpretava Hegel teisticamente: il soggetto, il Logo di Hegel, era il Dio personale; e la relazione della filosofia hegeliana col cristianesimo non consisteva soltanto nel riconoscimento del grande elemento filosofico incluso nella teologia cristiana, ma in un accordo ben altrimenti sostanziale. L'[[Sinistra hegeliana|ala sinistra]] si opponeva ad ogni trascendenza e ad ogni concetto di un Dio personale; e, dando rilevo al carattere d'immanenza del sistema, giungeva fino a simpatizzare col materialismo filosofico, in quanto anch'esso, a suo modo, ha carattere immanente e non trascendente.<ref>da ''[https://archive.org/details/cichevivoeciche01crocgoog/page/n8 Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel]'', Gius. Laterza & Figli, Bari, 1907, p. 94</ref>
*L'Italia<ref>Il riferimento è all'opera del Volpe, ''L'Italia che nasce''</ref> di [[Gioacchino Volpe|Volpe]] cammina ma non pensa. (citato in: Marcello Veneziani, ''Imperdonabili'', Venezia, 2017, ISBN 978-88-317-2858-4, p. 305)
*{{NDR|Riferendosi a [[Benito Mussolini]]}} [...] l'uomo, nella sua realtà, era di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante di quella ignoranza sostanziale che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile, incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola o gesto, sempre tra il pacchiano e l'arrogante.<ref>Dai ''Taccuini'', 2 dicembre 1943; citato in [[Walter Barberis]], ''Il bisogno di patria'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, p.88. ISBN 978-88-06-20464-8</ref>