Piero Camporesi: differenze tra le versioni

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==''Il paese della fame''==
*Gli intellettuali e i letterati barocchi, sfiorati dalle minacciose folle dei pezzenti e dei montanari senza pane, dalle scomposte e ululanti processioni della fame, si difenderanno – secondo la loro tradizionale inclinazione – sparando ciniche, velenose bordate sopra la marea dei pitocchi, i «formiconi scioperati». È questo il caso di Baldassarre Bonifacio che nel 1629 vive a Treviso una agitata crisi pauperistica, trasferita di lì a poco nei sonetti impietosi e sulfurei de ''Il paltoniere''. L'angoscia dei pochi di fronte al fluttuare impazzito, per le strade, degli innumerevoli divoratori di rifiuti, gli uomini-bruchi, gli uomini-insetto; l'ansia nei gruppi di potere nei confronti dei grandi, minacciosi numeri, della proliferazione incontrollata dei miserabili, dello spettro d'una società negativa che, renitente all'integrazione, agita la illusoria bandiera d'una società oppositiva, innervano nei sonetti del Bonifacio l'immagine ossessiva della marea montante, dell'acqua che sale irresistibilmente per provocare l'asfissia finale. (da ''Il pane fuggente'', p. 31)
*I [[diavolo|diavoli]] – si noterà – brandiscono strumenti da lavoro contadini, i «forconi», strettamente collegati al «letame», cioè all'elemento escrementale dispensatore di fertilità sulla terra, nutrita dai rifiuti fecali; e anche [[Ciriatto]] «sannuto» (''Inf.'', XXI, 122) scaturisce certamente da questa demonologia popolare connessa alle figure del mondo agrario come il maiale, elemento fondamentale dei «patroni" contadini come quel Sant'Antonio abate, creazione, cristianizzata, del folklore carnevalesco. (da ''Il carnevale all'inferno'', p. 36)
*«Strane, orride e brutte», apparvero a [[Luigi Pulci|Morgante]] le «membra» di [[Margutte]]; alla bruttezza e alla stranezza delle forme s'aggiungeva la carnagione scura («in volto parea tutto fosco»). Gigante abortito o nano ingigantito (l'ipertrofismo e la miniaturizzazione corporale sono valori abituali della misura grottesca dell'umano), Margutte, essere d'origine ambigua, sembra appartenere anagraficamente a una progenie particolare che ha nel territorio del folklore la sua vera patria: la provincia non umana abitata dai nani e dai giganti, dai folletti e dai «salvatici», dai mostri e dalla multiforme e variopinta genìa delle creature «contraffatte», di varie dimensioni e fattezze, quelle che popolavano la selva medievale delle mostruosità grottesche, quelle che sciamavano nella parata carnevalesca dei mostri informi. (da ''Calcagnantes, truffatore et malagentes. La famiglia di Margutte'', p. 57)