Piero Camporesi: differenze tra le versioni

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*Compariva [[Iacopo Coppa]] sulle piazze «con un gran stendardo nel quale», raccontava Clelio Malespini, «era depinta una donna ignuda con una lingua nella mano sinistra e un coltello nella destra, figurata per la bugia»: un emblema parlante che dovette certamente colpire Fioravanti quando lo vide, probabilmente a Venezia, dove il Modanese aveva abitato a più riprese e che a Venezia ritroviamo nel 1561 quando già il giramondo bolognese vi era arrivato da alcuni anni. Fioravanti infatti vedeva nella lingua l'organo infame della maldicenza, il carnoso strumento della calunnia, della mormorazione, dell'invidia. (da ''Da Firenze a Pola'', p. 178)
*La lettera-dedicatoria ad [[Alfonso de Ulloa|Alfonso Ulloa]] (1529-1570?) posta subito dopo quella indirizzata al futuro duca d'Urbino Francesco Maria della Rovere, costituisce un significativo omaggio allo storico e poligrafo spagnolo che a Venezia aveva trovato la sua seconda patria. Indefesso traduttore (fra l'altro voltò in castigliano anche l'''[[Orlando furioso|Orlando Furioso]]'' e il ''[[Canzoniere]]'' di Petrarca) fu particolarmente attivo nello scambio culturale fra le due penisole. Il pubblico riconoscimento rivoltogli da Fioravanti sottolinea proprio questo aspetto dell'attività di Ulloa, grande importatore e diffusore di cultura iberica fra i lettori italiani. Il ''Signor Alfonso'', cui si rivolge Fioravanti con deferente familiarità, era da lui personalmente conosciuto e frequentava quel circolo di letterati ([[Girolamo Ruscelli|Ruscelli]], [[Ludovico Dolce|Dolce]], Atanagi, Borgarucci...) che aveva accolto anche il medico bolognese. (da ''Note al capitolo 9'', p. 217)
*Monopolio di Stato, la [[teriaca]] veneziana aveva praticamente cancellato quella orientale, invadendo tutte le piazze mediterranee, del centro e del nord Europa, approdando perfino nel Nuovo Mondo. Manifesti stampati in varie lingue (francese, spagnolo, inglese, tedesco, greco, arabo, turco, armeno) portanti le insegne delle farmacie con le molteplici virtù del quasi bimillenario ''divinum inventum'', la composizione e le istruzioni per l'uso, ne appoggiavano la diffusione e la commercializzazione. Per quasi tutto il XVI secolo lo smercio di questo antichissimo farmaco universale ritrovato da Crateva, medico di Mitridate, poi modificato da Andromaco, medico di [[Nerone]], e perfezionato da [[Galeno]], fu intenso, anzi massiccio. Ma anche nel Seicento, seppur con minor slancio, continuò la sua marcia trionfale ovunque. (da ''Da Venezia all'Europa'', p. 226)
*A Venezia, «centro d'Italia», aveva infatti intrecciato una serie di relazioni con noti personaggi del ''milieu'' culturale lagunare: da [[Ludovico Dolce]] versatile compositore di tragedie, commedie, rime, al poliedrico e irrequieto [[Girolamo Ruscelli]], «lume e splendore di molte scienze e gran professore delle lettere ebraiche, greche, latine e toscane», che fu, fra mille altre cose, «segretista» di successo nonché esperto di fuochi artificiali e d'artiglieria nei ''Precetti della militia moderna, tanto per mare quanto per terra''; al suo fraterno compare Dionigi Atanagi, revisore dell'''Amadigi'' di [[Bernardo Tasso]], poligrafo occupato in una miriade di attività, correttore anche delle opere di Fioravanti. (da ''Da Venezia all'Europa'', pp. 235-236)
*Essere divenuto un medico alla moda, ascoltato e imitato nelle terre subalpine, era soddisfazione non piccola se anche [[Girolamo Ruscelli]] aveva ritenuto opportuno nascondersi sotto il nome di «Alessio Piemontese», travestirsi da mago-erborista pedemontano per dare un blasone di tradizionale nobiltà al suo libro di segreti, sulle orme del canavesano [[Pietro Bairo|Pietro da Bairo]] (c. 1468-1558), autore del fortunatissimo ''Veni mecum'', un manuale di rimedi spiccioli, più noto sotto il titolo italiano di ''Secreti medicinali'' (Torino 1512), un repertorio di medicina popolare fra i più diffusi fono al Settecento. (da ''Da Venezia all'Europa'', pp. 231-232)