Andrea Emo: differenze tra le versioni

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*L'[[amore]] nasce dalla contemplazione della diversità assoluta in una vita in cui riconosciamo la nostra identità; anche i sessi sono identità perfetta e diversità totale. Perciò cercano di possedersi. Cercano la pace nella esaltazione della diversità; e il possesso di sé nella propria distruzione. L'amore è la propria esaltazione e la rinuncia a sé. Amiamo l'assoluta diversità in ciò che è assolutamente identico a noi – la meravigliosa apparizione del diverso, che rende l'identico sempre più identico e più diverso. (pp. 153-154)
*La [[comicità]] dello scrittore e dell'uomo in generale comincia quando egli è sincero nel prendersi sul serio. Che cosa vi è di più comico e che cosa vi è di più tragico che prendersi sul serio? La serietà è il nido necessario della comicità; senza la serietà originaria, la comicità si perde nel vuoto e diventa anch'essa tragica. L'uomo perennemente tragico, l'uomo che si prende sul serio, insieme alla sua tragedia, finisce per essere comico. Ma chi prende sul serio la sua comicità? La comicità che si prende sul serio non è più nulla – è tragica. (p. 165)
*Non esiste nulla di più serio, nulla di più alto, di più sublime, di più trascendente a tutto che la [[vita]]; e niente di più fragile. Niente di più tragicamente effimero. Il mistero vivente è senza fondo e senza confine; ma se noi potessimo intenderlo, saremmo colti da follia. La follia che ferirebbe gravemente la nostra facoltà di intendere e anche quella di volere. Noi non perverremo mai all'altezza del mistero che siamo, alla possibilità di comprendere l'origine e il destino del fenomeno che siamo. Il sentire di non poter mai pervenire all'altezza di ciò che siamo è orgoglio o umiltà? Tocchiamo la realtà e la verità quando orgoglio e umiltà possono coincidere. Ma grande è lo scandalo di un assoluto che sia effimero. Quale è il segnale cosmico che corrisponde a questo scandalo? Forse il fatto che l'assoluto è negativo. (p. 167)
*Il divieto di conoscere riguarda noi stessi; noi siamo nell'atto stesso Orfeo ed Euridice, amore e psiche, Lohengrin ed Elsa. Noi abbiamo un nome scritto forse nei cieli, ma perciò noto anche agli inferi. Esso è il paesaggio dai cieli agli inferi. Ma questo nostro nome segreto, il nome che vive in noi, noi lo viviamo, ma non possiamo conoscerlo. (p. 178)