Anthony Riches: differenze tra le versioni

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Creata pagina con "'''Anthony Riches''', scrittore britannico. ==Incipit di alcune opere== ===''L'impero''=== ====''La spada e l'onore''==== ''Novembre, 181 d.C.'' Una pungente brezza autun..."
 
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====''La battaglia dell'aquila perduta''====
 
''Settembre del 182 d.C.''
 
I centurioni tungri si radunarono intorno al loro capo sotto il sole caldo del pomeriggio, condividendo quell'ultimo momento di quiete prima dello scontro imminente. Marco Tribolo Corvo ammiccò al suo amico ed ex optio Dubnus, ora centurione della IX centuria di cui Marco era stato il comandante, poi diede un colpetto di gomito all'uomo più anziano che aveva accanto, concentrato sulle file di soldati schierati sul pendio della collina alle loro spalle.<br>
«Basta guardare con aria trasognata quei legionari, Rufio. Ormai sei un tungro, che ti piaccia o no».<br>
Rufio colse il sorriso malizioso e il cenno d'intesa che rivolse a Giulio, il centurione anziano del distaccamento, e riprese il filo del discorso.<br>
«Non posso farne a meno, Marco. Vedere tutti quei soldati ''di professione'' in attesa della battaglia mi riporta ai giorni in cui c'ero io alla loro testa con il mio bastone di vite. E quella è anche la mia vecchia coorte...».<br>
Giulio distolse lo sguardo dall'obiettivo che stava scrutando e lo posò sui due uomini con un'esasperazione solo in parte simulata. Rufio richiamò l'attenzione di Marco con un colpo di gomito, scuotendo la testa con aria grave.<br>
«Ora, fratello, siamo giusti con il nostro collega e diamogli un po' di pace. Non è colpa sua se ci è voluta tutta la mattina e metà del pomeriggio per schierare duemila uomini e alcuni balistari. Anche se il mio stomaco brontola come un cane rognoso e il sudore che mi cola lungo le gambe basterà a farmi sguazzare nelle mie ''caligae'' per una settiman»>.<br>
Dubnus si sporse per dare un colpetto sulla spalla dell'anziano centurione.<br>
«Presto scoprirai che in questa coorte quella roba bagnata la chiamano "piscia", nonno».<br>
L'uomo anziano rispose con un sorriso tollerante.
 
====''Lunga vita all'imperatore''====
 
''Roma, agosto 182 d.C.''
 
La prima delle guardie del corpo del giovane senatore morì soffocando lentamente sui ciottoli, la spada sguainata solo a metà. Fissò il proprio assassino con occhi increduli, finché questi distolse lo sguardo da lui ed estrasse il gladio, fronteggiando il più giovane dei due uomini con un sorriso bieco. Era sbucato fuori da un vicolo laterale, infrangendo un silenzio improvviso che avrebbe dovuto mettere in allarme un vecchio soldato, e aveva sferrato un pugno alla gola del veterano senza dargli il tempo per potersi difendere. Il senatore e l'altra guardia del corpo indietreggiarono di alcuni passi, fissando attoniti il loro compagno che si torceva e scalciava tra gli spasmi dell'agonia.<br>
Un altro uomo uscì dalle ombre del vicolo nel tepore del tardo pomeriggio e si appoggiò contro il muro della bottega, il viso atteggiato in un'espressione di noia. Mentre l'assassino della guardia del corpo aveva una corporatura massiccia e le braccia solcate da muscoli ben scolpiti, l'uomo che lo accompagnava era alto ed esile. Quando parlò, la sua voce risuonò gradevole, quasi suadente nei toni.<br>
«Salve, Tiberio Sulpicio Quirino. Perdonami, ma non posso fare a meno di pensare che tu abbia compiuto un errore grossolano nella scelta dei tuoi difensori. Non ho nulla da eccepire sul fatto di assoldare veterani, ma sono più avvezzi a tirare lance ai barbari che ai pericoli delle strade, come il tuo uomo sta platealmente dimostrando. E quel che si risparmia nell'assoldare un ragazzo a fare il lavoro di un uomo viene spesso vanificato dal prezzo che se ne paga. Non sei d'accordo, senatore Quirino, visto che hai scelto di avventurarti in un quartiere malfamato come la Suburra sotto la protezione di questi due sprovveduti?».
 
====''Sotto un'unica spada''====
 
''Germania inferiore, settembre del 182 d.C.''
 
«Fottuta pioggia! Pioggia ieri, pioggia oggi e pioggia domani, molto probabilmente. Questa maledetta umidità si infila ovunque. La corazza sarà di nuovo arrugginita entro la mattinata».<br>
«Ti tocca tirare di nuovo fuori la spazzola o quel bastardo con la cresta ti salterà addosso come un ratto su per la grondaia».<br>
Le due sentinelle si scambiarono una smorfia di comune disgusto al pensiero dell'incessante lavoro nececssario per mantenere immacolata la cotta di maglia, evitando così di attirarsi la disapprovazione del centurione. La fredda foschia della notte turbinava attorno alla torre di guardia del piccolo forte, e singole gocce danzavano nel vento che gemeva sommesso nella campagna intorno all'avamposto. La torcia ardente che illuminava il loro settore delle mura era avvolta in una coltre di nebuloso fulgore, avviluppandoli in un sinistro chiarore e rendendo quasi impossibile vedere al di là di pochi passi. Schermandosi gli occhi dalla luce meglio che potevano, sorvegliavano gli spicchi di terreno aperto assegnato a ciascuno e, di tanto in tanto, davano un'occhiata al forte sottostante per accertarsi che nessuno, bandito o centurione, tentasse di avvicinarsi furtivamente.<br>
«Non mi secca tanto lucidare quanto stare a sentire il costante fiume di stronzate di quel vecchio bastardo su quanto era molto più dura "ai vecchi tempi". "Quando i chauci ci attaccarono dal mare, be', quello sì che fu un combattimento, ragazzi miei, non che voi mocciosi riconoscereste un combattimento a meno che non vi ritroviate con una spanna di ferro freddo e appuntito infilata nel..."».<br>
Ammutolì, distratto da qualcosa nell'oscurità sotto alle mura.
 
====''Un eroe per Roma''====
 
''Dacia, marzo, 183 d.C.''
 
Un cane abbaiava all'altro capo del villaggio e, in un batter d'occhi, un'altra mezza dozzina di voci canine si levarono in protesta contro ciò che aveva masso in allarme il primo animale. Comodo nel suo giaciglio di paglia sotto la casa, caldo e asciutto in mezzo al bestiame ormai avvezzo alla presenza notturna del ragazzo, Mus sorrise sonnacchioso a quel coro di latrati. Qualunque cosa avesse aizzato i cani, avrebbe scatenato anche una bufera di invettive da parte degli uomini nelle case circostanti, a giudicare dalla consueta reazione di suo padre. Si infilò un po' più a fondo nella paglia, chiudendo gli occhi e aspettando che le proteste canine contro la creatura notturna che li aveva svegliati si spegnessero e tornasse il silenzio.<br>
Un verso improvviso e acuto svegliò del tutto il ragazzo che, di soprassalto, si tirò a sedere sulla paglia. Uno dei cani era stato ridotto al silenzio. Era un verso che Mus aveva già sentito in passato, quando l'animale del loro vicino aveva dilaniato il figlio del padrone ed era stato ricompensato con quattro piedi di gladio legionario nel dorso. L'animale morente aveva lanciato ululati di agonia, lottando contro l'implacabile intrusione della fredda lama, fino a che il suo proprietario, per porre fine agli urli strazianti del cane che si contorceva, era stato costretto a estrarre l'arma e decapitarlo. Nel breve momento di silenzioso choc che seguì, Mus capì di aver udito qualcosa di orribilmente simile. Ma chi poteva prendersela con un cane da guardia per aver fatto il suo lavoro?<br>
Un nuovo coro di latrati ruppe il silenzio, seguito da un crescendo di voci brusche man mano che gli uomini del villaggio si riversavano dalle loro abitazioni, armati delle spade che tutti avevano conservato dopo il congedo dalla legione, malgrado il relativo tempo di pace. Attraverso le assi di legno sulla testa, Mus udì la voce del padre: assicurava alla famiglia che non c'era niente da temere mentre i passi dell'omone rimbombavano diretti alla porta. E poi cominciavano le urla. Alcuni appartenevano a uomini che combattevano, invano, per la propria vita; il clangore del ferro era sovrastato dai gemiti angosciosi e dalle grida di terrore e dolore degli uomini feriti e uccisi. Altre erano le stridule urla di sdegno delle loro donne, imprecazioni ed esclamazioni di odio per quanto stava accadendo all'altro capo del villaggio.
 
====''La vendetta dell'aquila''====
 
«''Silenzio!'' Silenzio per il re!».<br>
Re Naradoc dei Veniconi accennò un sorriso a quel comando rituale, solitamente rivolto alla rumorosa folla di guerrieri che affollava la sala del trono quando dava udienza al suo popolo. A quei tempi, quando i nobili della tribù si riunivano per rendere omaggio al loro sovrano, la sala si riempiva del rumore degli uomini che facevano a gara per essere visti e sentiti, ciascuno accompagnato da mezza dozzina dei più grossi e temibili guerrieri del proprio seguito. Tutti avevano il corpo ricoperto dei vorticosi tatuaggi blu che erano il tratto distintivo della tribù e ognuno lasciava le armi davanti all'immensa entrata ad arco, sotto lo sguardo vigile della guardia del re. I campioni tatuati di ciascun clan socializzavano tra loro mentre aspettavano l'arrivo del sovrano; amicizie e ostilità trovavano espressione in scambi faceti che tutte le parti sapevano sarebbero culminati in rapide punizioni se non si fossero limitati alle parole, per quanto velenose. Una mazza ferrata, che l'arcigno Brem dal capo rasato, zio di Naradoc nonché tutore della volontà reale, batteva sulle solide assi del pavimento, faceva piombare nel silenzio i capi clan riuniti. Girandosi coem un sol uomo, si inchinavano verso il trono sul quale Naradoc aveva già preso posto e, con un gesto regale, mostrava di accettare la loro obbedienza.<br>
Ma non quel giorno. Mentre la sala era avvolta dal fumo dei fuochi che, come al solito, la scaldavano, l'ampio spazio davanti al trono del re era vuoto. Era stato Brem a suggerire di tenerlo sgombro per quell'udienza; l'espressione dell'uomo più anziano era stata imperscrutabile quando si era espresso in merito alla morte da infliggere all'ospite indesiderato.<br>
«Sarebbe meglio non versare in pubblico il sangue di quest'uomo, mio re. I Selgovi non prenderanno alla leggera il suo assassinio, nonostante sia stato disonorato e bandito».<br>
Naradoc aveva annuito alla saggezza della proposta e quindi acconsentito a che non vi fosse nessuno nella sala della Zanna, a parte un manipolo di guardie la cui fedeltà era fuori questione, il minimo per garantire la loro sicurezza.
 
====''La spada dell'imperatore''====
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*Anthony Riches, ''La spada e l'onore'', traduzione di Raffaele Bolelli Gallevi, Newton Compton Editori, 2012, ISBN 978-88-541-4030-1
*Anthony Riches, ''La battaglia dell'aquila perduta'', traduzione di Daniela Di Falco, Newton Compton Editori, 2013, ISBN 978-88-541-4950-2
*Anthony Riches, ''Lunga vita all'imperatore'', traduzione di Francesca Rosa Danieli, Newton Compton Editori, 2014, ISBN 978-88-541-6465-9
*Anthony Riches, ''Sotto un'unica spada'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton Editori, 2015, ISBN 978-88-541-7755-0
*Anthony Riches, ''Un eroe per Roma'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton Editori, 2016, ISBN 978-88-541-9264-5
*Anthony Riches, ''La vendetta dell'aquila'', traduzione di Rosa Prencipe, Newton Compton Editori, 2017, ISBN 978-88-227-0553-2
*Anthony Riches, ''La spada dell'imperatore'', traduzione di Mariachiara Eredia, Newton Compton Editori, 2018, ISBN 978-88-227-1896-9
*Anthony Riches, ''La battaglia impossibile'', traduzione di Gianluca Tabita Bonifazi, Newton Compton Editori, 2019, ISBN 978-88-227-2932-3