Xavier de Maistre: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
[[File:Expédition nocturne.jpg|thumb|Illustrazione del 1828]]
*Infelice colui che non può rimaner [[solitudine|solo]] un giorno della sua vita senza provare il tormento della [[noia]], e che preferirebbe anche, se fosse d'uopo, il conversare con gli sciocchi al conversar con se stesso. (I; p. 102).
:''Malheur à celui qui ne peut être seul un jour de sa vie sans éprouver le tourment de l’ennui, et qui préfère, s’il le faut, converser avec des sots plutôt qu’avec lui-même!'' (1880, pp. 110-11)
*{{ndr|La mia nuova stanza}} riceve la luce da una sola finestra larga due piedi e mezzo e alta sei o sette piedi circa dal suolo, cui s'arriva utilizzando una scaletta.<br>La distanza della finestra dal pavimento era uno di quei casi fortunati da attribuire sia alle circostanze, sia all'ingegno dell'architetto. Un'aria di mistero veniva poi creata dalla luce pressoché verticale che si diffondeva nel mio rifugio, illuminato nello stesso modo dell'antico tempio del Pantheon.<br>Né si vedeva nessun oggetto esterno che potesse distrarmi.<br>Come i naviganti che, persi nella vastità dell'oceano, non vedono nient'altro che cielo e mare, io vedevo solo il cielo e la mia stanza.<br>Gli oggetti esterni più vicini sui quali potevo posare gli occhi, erano la luna e la stella del mattino: quanto mi metteva in immediato contatto col cielo, facendo volare i miei pensieri a un'altezza che non sarebbe stata possibile se avessi scelto un alloggio al pianterreno. La citata finestra s'alzava sopra il tetto e formava un abbaino assai grazioso. Era talmente alta sull'orizzonte che, quando i primi raggi del sole giungevano a illuminarla, nella strada era ancora buio.<br>Godevo, insomma, d'una delle vedute più belle che si possano immaginare.<br>Ma anche il panorama migliore finisce per annoiare quando lo si goda troppo spesso: l'occhio s'abitua e non ci fa più caso.<br>Invece, la posizione della finestra mi preservava anche da simile svantaggio, dato che non vedevo mai lo spettacolo magnifico della campagna di Torino se non quando risalivo quattro o cinque scalini: questo mi dava un piacere sempre vivo perché gustato con lentezza. (VI; 2009, pp. 30-31).
*È un incanto sempre nuovo per me, contemplare il [[cielo]] [[stella]]to, e non ho da rimproverarmi d'aver fatto un solo viaggio, neanche una semplice passeggiata notturna, senza pagare il tributo d'ammirazione che devo alle meraviglie del firmamento. (XIII; 1990, p. 90)
*Spettatore effimero d’uno spettacolo eterno, l’uomo alza per un istante i suoi occhi al cielo, e poi li chiude per sempre! Ma durante quel rapido istante che gli viene concesso, un raggio consolatore, partendo da ciascuno dei mondi, da tutti i punti del cielo, dai confini dell’universo, viene a colpire il suo sguardo per fargli sapere che esiste una relazione tra lui e l’immensità. (XIII; 1999).
*Aveva osservato, nel corso della mia vita, che allorquando io era innamorato secondo il metodo solito, le mie sensazioni non corrispondevano punto alle mie speranze, e la mia immaginazione si vedeva sempre delusa in tutti i suoi piani. Riflettendovi sopra con attenzione pensai che, se mi fosse stato possibile di stendere il sentimento che mi portava all'amore particolare sopra tutto quel sesso che n'è l'oggetto, verrei a procacciarmi dei godimenti inusitati, e senza compromettermi in veruna guisa. Perché, qual rimprovero potrebbe mai farsi ad un uomo che si trovasse dotato di un cuore energico in modo tale da amare tutte le amabili donne del mondo? Sì, madama, io le amo tutte, e non solo amo quelle che conosco, o che spero di conoscere, ma tutte quelle ancora che esistono. Anche più; io amo tutte le donne che hanno vissuto, e quelle che viveranno, senza contarne poi un numero maggiore che la mia immaginazione trae dal niente; e finalmente tutte le donne possibili sono comprese nell'ampio circolo dei miei affetti. (XXIII; p. 130)
*{{ndr|Sistema del mondo}} Credo insomma che se lo spazio è infinito, sia infinita anche la creazione; e che, nella sua vita eterna e nell'immensità dello spazio, Dio abbia creato un numero infinito di mondi. (XVI; 2009, p. 55).
*Essendo la maggior parte dei nostri [[piacere|piaceri]] null'altro che un gioco dell'[[immaginazione]], è essenziale offrirle una pastura innocente per distoglierla dagli oggetti ai quali è giocoforza rinunciare, press'a poco come si offrono i balocchi ai bambini, quando si rifiutano loro le caramelle. (XXVII; 1990, p. 104).
*O [[tempo]]!... divinità terribile! non è già la tua falce crudele che mi spaventi, sono i tuoi orridi figli che io temo, l'indifferenza e l'oblio, i quali fanno una lunga morte di tre quarti della nostra vita (XXVI; p. 135).
*Lasciando penzoloni le gambe una a dritta ed una a sinistra della finestra, detti principio al mio viaggio a cavallo. [...] Per la sua posizione il viaggiatore a cavallo della sua finestra comunica da una parte col cielo, mentre gode il superbo spettacolo della natura, e gli astri, e le meteore sono a sua disposizione; e dall'altra, l'aspetto della sua dimora e gli oggetti che contiene lo richiamano all'idea della di lui esistenza, e lo fanno rientrare in se stesso. [...] Abitatore a vicenda dei cieli e della terra, il suo spirito ed il suo cuore godono di tutto ciò che è dato all'uomo di godere. (XXIX; pp. 138-39).
*Le rimembranze della [[felicità]] già passata sono le rughe dell'anima! Quando si sente infelice, bisogna cacciarle dal suo pensiero come se fossero fantasmi che venissero ad insultare la nostra presente situazione: è meglio le cento volte di abbandonarsi allora alle insidiose lusinghe della speranza, e sopra tutto bisogna dissimulare accortamente, e non confidare ad alcuno le proprie sventure. Ho notato nei varii viaggi che ho fatto tra gli uomini, che essendo uno costantemente infelice, termina con divenire ridicolo. (XXXVI; pp. 153-54).
 
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===Citazioni===
*Nè è sempre tra le selve e le rupi la [[solitudine]]; il misero è solo per ogni dove. (1854, p. 314).
:''La solitude n’est pas toujours au milieu des forêts et des rochers. L’infortuné est seul partout''. (1880, p. 205)
*Ei v'ha nell'estrema miseria un piacere non sentito d'altrui, e che forse vi parrà strano, il piacere di esistere e respirare. (1854, p. 315).
:''Il est d’ailleurs encore, au dernier terme de l’infortune, une jouissance que le commun des hommes ne peut connaître, et qui vous paraîtra bien singulière : c’est celle d’exister et de respirer''. (1880, p. 208).
 
===[[Explicit]]===