Trento: differenze tra le versioni

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*Accadde a Trento, dove giunsi il pomeriggio di una bella domenica, nell'ora che l'afa cala, e gli italiani si alzano e scendono a passeggio per le strade. La città si adagia, vecchia e cadente, in un'ampia cerchia di monti di un bel verde lucido, che, come Dèi eternamente giovani, guardano dall'alto le labili fatiche umane. Vecchia e fradicia, le sta accanto la rocca che un tempo dominò la città, estrosa costruzione di tempi estrosi, con pinnacoli, sporgenze, merli e un'ampia torre rotonda, dove non abitano ormai che gufi e invalidi austriaci di guerra. Anche la città è estrosamente costruita, e uno straordinario effetto fa la vista delle antichissime case dagli affreschi sbiaditi, dalle figure dei santi mutilate, con quelle torrette, logge, finestrelle, e i frontoni sporgenti in guisa di palchi, che grigi pilastri indeboliti dagli anni, bisognosi anch'essi di sostegno, puntellano. Spettacolo triste, se la natura non rianimasse di nuova vita quelle pietre morte; se miti viticci non abbracciassero con tenerezza dolce i pilastri cadenti, come la gioventù la vecchiaia; se dalle scure finestre ad arco non occhieggiassero volti ancor più dolci di fanciulla, sorridenti al viaggiatore tedesco che vaga come in un sogno tra le rovine fiorite. ([[Heinrich Heine]])
*Come fosse la Trento del primo decennio del XX secolo, e insomma subito prima della guerra che doveva "restituirla" (!) all'Italia, può sembrare strano e paradossale ma io – fiorentino e toscano di gente, credo, del medio Valdarno da parecchie generazioni (gente venute da Signa, forse al più lontano da Pescia in Valdinievole) – lo so abbastanza bene. Conosco un po' di cose su questa città di una trentina circa di migliaia di abitanti, che pure per quelli della regione doveva passare per una mezza metropoli se non altro perché l'aspetto di città, e non di paesone, ce l'aveva. E a dirglielo in una qualche misura, oltre alle belle e severe memorie dei suoi principi-vescovi che nei secoli l'avevano abbellita e all'impronta asburgica ch'era stata forte da quando, nel 1777, le prerogative del potere temporale erano passate all'imperatrice Maria Teresa, era la forte guarnigione dell'imperialregio esercito, forte di ben 3000 soldati che costituivano da soli il 10% della popolazione. Tra la popolazione italiana e gli austrotedeschi (ufficiali e funzionari di stato, soprattutto, oltre a qualche oste e a qualche sarto funzionali alla guarnigione) vigeva un rapporto di vicinato corretto, ma di segregazione reciproca. Non che, propriamente si odiassero: piuttosto s'ignoravano a vicenda. ([[Franco Cardini]])
*Molto spesso il [[Trentino]] impiega il suo dialetto, anche conversando con «regnicoli» che parlano italiano. Alcuni difetti di pronuncia ci spiegano questa specie di boicottaggio dell'italiano. Il Trentino pronuncia la ''u'', come i lombardi e i francesi, la ''s'' strisciante, aspra; le doppie, come può. ''Ferro'' diventa ''vero'' e ''querela'' aggiunge una ''l''. Non insisto, per non sembrare pedante. Del resto nessuna regione d'Italia può vantarsi di parlare l'italiano vero: neppure i toscani, specie i fiorentini, colle loro aspiranti... teutoniche. L'italiano trentino si mantiene abbastanza puro data la vicinanza col confine linguistico. ([[Benito Mussolini]])
*Sono andato a giro per la città che è assai antica e che possiede, in alcune strade, case ben costruite. [...] La chiesa di questi Padri gesuiti si distingue subito per le colonne di marmo rosso sulla facciata, una pesante tenda chiude la porta e trattiene la polvere. La sollevai ed entrai nel piccolo peristilio, la chiesa propriamente detta è chiusa da una cancellata di ferro, in modo tale però che la si può abbracciare tutta con lo sguardo. [...] Un giovane uomo al quale domandai notizie delle cose notevoli della città, mi mostrò una casa che viene chiamata 'Casa del diavolo', casa che questo grande distruttore costruì, a quanto si dice, in una sola notte con sassi trasportati rapidamente sin là. Il brav'uomo non notò quanto in essa era degno di nota: quella è l'unica casa di buon gusto che io abbia veduto a Trento. ([[Johann Wolfgang von Goethe]], ''[[Viaggio in Italia (saggio)|Viaggio in Italia]]'')