Alberto Ronchey: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Alberto Ronchey==
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*{{NDR|Su [[New York World's Fair 1964]]}} Non è un «tradeshow», una fiera commerciale: non vi si compra, vende o negozia alcunché. È solo una foresta di simboli della civiltà industriale adattati all'edificazione di massa, un grandioso lunapark moraleggiante.<ref>Da ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,5/articleid,0096_01_1964_0097_0005_6069099/ Le prodigiose conquiste della tecnica esposte alla Fiera mondiale di New York]'', ''La Stampa'', 23 aprile 1964, p. 5.</ref>
*Scompariva il solo governante del mondo ex coloniale che non fosse un dittatore.<ref name="doponehru">Da [http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0097_01_1964_0141_0003_6079793/ ''L'India dopo Nehru: un enigma fra tragica miseria e caute speranze''], ''La Stampa'', 14 giugno 1964</ref>
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*Sukarno intendeva che persino le Filippine, oltre alla Malesia e alla Nuova Guinea, erano parte del suo sogno della «grande Indonesia».<ref name="sanguinosotramonto"/>
*La storia degli Stati nazionali, nel «terzo mondo», continua ad essere una tragedia per coloro stessi che escono vincitori da quei terribili conflitti civili. Nemmeno i nazionalisti di Giakarta, in realtà, sanno come potranno scrivere nei libri di storia: «Il primo presidente del paese fu pessimo».<ref name="sanguinosotramonto"/>
*{{NDR|Sull'[[Italia fascista]]}} Non era permesso criticare il governo, né descrivere sui giornali gli squilibri della società; e i sindacati erano soggetti allo Stato corporativo.<ref>Da [http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0127_01_1969_0209_0001_4960883/ ''Va male in Italia''], ''La Stampa'', 7 settembre 1969</ref>
*In un ospizio fuori [[Mosca (Russia)|Mosca]], malato, cieco e ormai pazzo, è morto [[Varlam Tichonovič Šalamov|Varlam Tichonovic Shalamov]], autore dei "Kolymskie rasskazy", i racconti della Kolimà<ref>{{cfr}} [[w:I racconti di Kolyma|voce su Wikipedia]].</ref>, il massimo testo tramandato della letteratura concentrazionaria nell'epoca del terrore staliniano. Lassù, già dagli anni '30, si operava la "perekovka", la così detta riforgiatura degli uomini a 50 sotto zero, fra norme di lavoro forzato che imponevano di scavare fino a 800 "pudy" al giorno nella "merzlotà", il ghiaccio fossile delle miniere d'oro, e le interminabili fucilazioni d'ogni notte, fra torce fumanti e fanfare. Là, prima che a [[Treblinka]]-[[Auschwitz]], apparve l'uomo demolito dalle violenze fisiche e ideologiche del XX secolo, il "dochodjaga", il corpo senza peso, il relitto umano giunto alla fine (da "dochodit", giungere) moltiplicato su scala di massa già impensabile nelle premonizioni di [[Fëdor Michajlovič Dostoevskij|Dostoevskij]] o [[Vladimir Galaktionovič Korolenko|Korolenko]].<ref>Da ''Addio a Shalamov'', ''L'Espresso'', 7 febbraio 1982, p. 21.</ref>
*La prospettiva del settennato all'Eliseo, secondo un presidenzialismo prolungato e immune da numerosi vincoli rispetto al sistema americano, sembra ispirare a [[François Mitterrand]] un particolare senso di fruizione del potere.<ref>Da ''Le rose che non colse'', ''L'Espresso'', 16 maggio 1982.</ref>