Dacia Maraini: differenze tra le versioni

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Il treno dell'ultima notte: rastrellamento del ghetto di Roma
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===Citazioni===
*Ci sono dei periodi in cui tutto stagna e i ladri fanno le marmotte perché sentono che si sono svegliate le pantere della polizia. (p. 135)
 
==''Voci''==
===[[Incipit]]===
Il taxi mi deposita davanti al cancello di via Santa Cecilia. Ma perché tanto stupore? sono di nuovo a [[casa]], mi dico, sono tornata; ma è come se non lo riconoscessi questo cancello, questo cortile, questo palazzo dalle tante finestre aperte. Ho una spina infitta nel palato, come il presagio di una sciagura. Cosa mi aspetta in questa dolce [[Mattino|mattina]] che porta con sé gli odori conosciuti del ritorno? cos'è che preme sui miei pensieri come se volesse distorcerli e cancellarli?
 
===Citazioni===
* Mi accorgo che giro intorno al telefono cercando un pretesto per chiamare qualcuno e ascoltare una voce. Sono avida di voci, che siano leggere o pesanti, scure o chiare, le amo per la loro straordinaria capacità di farsi corpo. Mi innamoro di una voce, io prima che di una persona; forse per questo lavoro alla radio; o è il mio lavoro alla radio che mi porta a dare corpo alle voci, ascoltandole con carnale attenzione? (pag. 69)
*Allungo un poco la [[Via|strada]] per passare accanto al [[Roma|Verano]] dov'è sepolto mio [[padre]]. È da molto che non vado a trovarlo e anche oggi non ho tempo; e poi, di [[notte]], è chiuso.<br>L'ultima volta che sono stata a fargli visita era ancora [[inverno]] e le giornate erano corte. Nella penombra delle cinque si vedevano i lumini rossi accesi davanti ad ogni loculo. «Un vero spettacolo a luci rosse» mi era venuto da pensare; l'oscenità di uno spiare, al di là di una parete sottile, un corpo che va in sfacelo, non è una perversione? solo per la lontana ipotesi che un [[giorno]] le trombe del giudizio suonino a raccolta e i morti si levino dalle tombe per camminare felici verso giardini del [[paradiso]].<br>Non è meglio farsi [[cremazione|cremare]] come fanno gli indiani? una lettiga trasportata a braccia dai parenti, il morto stretto dentro le fasce candide, una pira di legni profumati, una rapida fiammata, il crepitio dei rami, il fumo che sale a volute schiumose verso il [[cielo]], in un quarto d'ora è tutto finito. Due [[Mano|mani]] pietose raccolgono le ceneri e le spargono nel Gange. (pp.&nbsp;72–73)
 
==''Storie di cani per una bambina''==
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*[Ginni] Era paziente come solo gli animali sanno esserlo. Felicemente indulgente verso coloro che noi ci ostiniamo a chiamare i padroni e che loro invece vedono come madri e padri. Sono sicura che il guinzaglio per loro è un cordone ombelicale, non un legame costrittivo e schiavistico. (pag.18)
* Per questo è una viltà senza nome abbandonare un cane per strada. È come se un genitore lasciasse in mezzo a un marciapiede un figlio piccolo. E per giunta bisogna dire che il figlio a volte "capita" senza averlo voluto, ma un cane non capita mai per caso. C'è un atto di volontà nel mettersi in casa un animale domestico che implica una responsabilità purtroppo non sentita da tutti. (pp.&nbsp;18–19)
 
==''Voci''==
===[[Incipit]]===
Il taxi mi deposita davanti al cancello di via Santa Cecilia. Ma perché tanto stupore? sono di nuovo a [[casa]], mi dico, sono tornata; ma è come se non lo riconoscessi questo cancello, questo cortile, questo palazzo dalle tante finestre aperte. Ho una spina infitta nel palato, come il presagio di una sciagura. Cosa mi aspetta in questa dolce [[Mattino|mattina]] che porta con sé gli odori conosciuti del ritorno? cos'è che preme sui miei pensieri come se volesse distorcerli e cancellarli?
 
===Citazioni===
* Mi accorgo che giro intorno al telefono cercando un pretesto per chiamare qualcuno e ascoltare una voce. Sono avida di voci, che siano leggere o pesanti, scure o chiare, le amo per la loro straordinaria capacità di farsi corpo. Mi innamoro di una voce, io prima che di una persona; forse per questo lavoro alla radio; o è il mio lavoro alla radio che mi porta a dare corpo alle voci, ascoltandole con carnale attenzione? (pag. 69)
*Allungo un poco la [[Via|strada]] per passare accanto al [[Roma|Verano]] dov'è sepolto mio [[padre]]. È da molto che non vado a trovarlo e anche oggi non ho tempo; e poi, di [[notte]], è chiuso.<br>L'ultima volta che sono stata a fargli visita era ancora [[inverno]] e le giornate erano corte. Nella penombra delle cinque si vedevano i lumini rossi accesi davanti ad ogni loculo. «Un vero spettacolo a luci rosse» mi era venuto da pensare; l'oscenità di uno spiare, al di là di una parete sottile, un corpo che va in sfacelo, non è una perversione? solo per la lontana ipotesi che un [[giorno]] le trombe del giudizio suonino a raccolta e i morti si levino dalle tombe per camminare felici verso giardini del [[paradiso]].<br>Non è meglio farsi [[cremazione|cremare]] come fanno gli indiani? una lettiga trasportata a braccia dai parenti, il morto stretto dentro le fasce candide, una pira di legni profumati, una rapida fiammata, il crepitio dei rami, il fumo che sale a volute schiumose verso il [[cielo]], in un quarto d'ora è tutto finito. Due [[Mano|mani]] pietose raccolgono le ceneri e le spargono nel Gange. (pp.&nbsp;72–73)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==