António de Oliveira Salazar: differenze tra le versioni

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*I Paesi felici non hanno storia.<ref name="agoniasalazar">Da ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0122_01_1968_0213_0003_5302445/ L'agonia di Salazar paralizza il Portogallo]'', ''La Stampa'', 19 settembre 1968</ref>
*Nulla ci obbliga a credere che l'origine del potere sia nelle masse, che i governi debbano essere opera della moltitudine e non d'una élite.<ref name="agoniasalazar"/>
 
{{Int|1=Dal discorso del 23 novembre 1932|2=Antonio Ferro, [https://archive.org/details/SALAZAR/page/n1 ''Salazar - Il Portogallo e il suo capo''], traduzione di Corrado Zoli, Sindacato italiano arti grafiche, Roma, 1934}}
*{{NDR|Su [[Manuele II del Portogallo]]}} Il Re deposto nel 1910 visse nel suo esilio di Londra una vita che direi, più che di Principe, di grande Portoghese. Soffrì, studiò, osservò molto. Vinse sè stesso e le possibili suggestioni di un dolore immeritato, portando agli estremi il suo amore del Portogallo; si istruì e fu accolto per meriti propri nell'alto mondo dell'intelligenza; accumolò nel suo spirito osservazioni ed insegnamenti tratti dalle cose e dai fatti, dai fatti che la sua posizione gli permetteva di vedere e son, molto volte, diversi da quelli che vediamo; noi praticò in sommo grado, e serviva a tutti d'esempio, le virtù domestiche e sociali. Ed ecco che, quand'ebbe finito di formarsi questo modello d'uomo, di Principe e di Portoghese, nel giungere al pieno vigore dell'età, dell'intelligenza, della coltura e delle energie morali, quando finalmente poteva considerarsi preparato ad esser Re, la morto lo porta via, senza discendenti nè successore.
*Ho osservato quanto sia nociva allo sviluppo e alla purità della vita religiosa la interferenza della politica nella religione, la confusione degli interessi materiali cogli interessi spirituali dei popoli, della Chiesa con qualsivoglia organismo che, agendo nel terreno politico, possa esser preso come un partito, che aspiri o no al Governo.
*La Dittatura sorse contro il disordine nazionale. Era uno degli esponenti di questo disordine il parlamentarismo e la vita sregolata dei partiti: la nostra prova democratica fu incontestabilmente lamentevole. La colpa era o del regime parlamentare o dei suoi servitori: quanto più assolveremo questi, tanto maggior colpa dovremo far risalire a quello; responsabilità ce ne sono, tuttavia, più che non occorrano per schiacciare tutti quelli che parteciparono al dramma.
*In Portogallo, abbiamo molte volte sacrificato troppe cose ad un umanitarismo che disconosce la giustizia dovuta alla grande massa innocente, vittima costantemente immolata alle furie di coloro che quell'umanitarismo assolve. Noi possiamo perdonare le pene, ma non possiamo dimenticare le colpe, e saremmo dei criminali se da questo generoso atteggiamento non deducessimo la necessità di una più stretta vigilanza, di una più ferma sicurezza, di una repressione più severa, se fatti trascorsi dovessero ripetersi.
*Noi abbiamo una dottrina e siamo una forza. Come forza, ci spetta di governare: teniamo il mandato da una Rivoluzione trionfante, senza opposizioni e colla consacrazione del Paese; come seguaci di una dottrina, ci tocca d'essere intransigenti nella difesa e nell'attuazione dei principi che la costituiscono. In tali condizioni, non ci sono accordi nè transizioni nè transazioni possibili. Coloro che consentono nel nostro programma fanno opera patriottica, dichiarando il proprio consenso e lavorando apertamente accanto a noi; coloro che non consentono, possono essere parimenti sinceri e degni, confessando il loro dissenso, sono anche liberi di proclamarlo, ma, quanto a svolgere un'attività politica effettiva, li tratteremo nel miglior modo possibile perché non ci disturbino troppo.
*A tutti quelli che son dei nostri o desiderano esserlo, dobbiamo dire, chiaro e alto, in nome della Nazione da ricostruire, che dalle forze della Dittatura si esige ''disciplina, omogeneità, purezza di ideale''.<br>Non son con noi quelli che preferiscono all'obbedienza la loro libertà d'azione, nè quelli che sovrappongono alle direttive tracciate dall'alto le suggestioni della loro intelligenza, anche se illuminata, o gli impulsi, anche se nobili, della loro volontà. Non son con noi quelli che non sentono profondamente i principi essenziali della ricostruzione nazionale, quelli che restriongono la loro adesione ai criteri ne' quali consentono o che loro convengono, nè quelli che entrano e rimangono ancor fuori, ricevendo da più parti suggestioni e ordini. Non son con noi quelli che pensano di trarre dalla loro adesione un titolo di benemerenza, quelli che cercano di vataggio invece di un posto disinteressato di combattimento, quelli che non sentono in sè nè vocazione per servire la Patria nè disposizione a sacrificarsi per il bene comune.
 
{{Int|1=Dalla prefazione di ''Salazar - Il Portogallo e il suo capo''|2=Antonio Ferro, [https://archive.org/details/SALAZAR/page/n1 ''Salazar - Il Portogallo e il suo capo''], traduzione di Corrado Zoli, Sindacato italiano arti grafiche, Roma, 1934}}