Martino Aichner: differenze tra le versioni

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*Si son dette tante cose sul carattere di [[Carlo Emanuele Buscaglia|Buscaglia]], e poiché egli fu elevato a simbolo del combattente alato italiano nella [[seconda guerra mondiale]], come lo era stato [Francesco] Baracca nella [[Prima guerra mondiale|prima]], evidentemente su di lui si sono puntati maggiormente gli sguardi e gli strali della critica. Era certamente un uomo normale, con i difetti di ogni creatura. L'elemento del carattere che lo faceva superiore a qualsiasi altro era l'incredibile forza di volontà dimostrata in ogni occasione. Per lui la guerra consisteva in un lavoro e voleva che questo lavoro fosse fatto con serietà e per primo lo faceva molto seriamente. Gli è stata spesso mossa la critica di portare il reparto allo sbaraglio, di arrischiare troppo per ambizione personale. Questo giudizio non è giusto; egli aveva certamente un'alta misura delle sue possibilità e, come tutta la gente di coraggio, sentiva di essere protetto dalla fortuna. (p. 107)
*È dall'agosto che il gruppo non esce al gran completo. Ma in agosto Buscaglia era lontano: in licenza premio a Roma per ricevere dal capo del governo la promozione a maggiore. Aveva appena ventisei anni. Un ragazzo di ventisei anni al comando d'uno dei più gloriosi reparti schierati nella [[Seconda guerra mondiale|seconda guerra mondiale]], un reparto che comprende combattenti come [[Carlo Faggioni]], [[Giulio Cesare Graziani]], Carlo Pfster. (p. 123)
*Faccio ancora un giro e mi riporto in ''plané'', sparo ancora un razzo, ma ormai in campo non si arrischiano ad accendere la catenaria; non ci rimane che atterrare nel semichiarore della luna al traverso. Non posso fidarmi dell'altimetro che mi ha già tradito a Philippeville e perciò scruto davanti a me per vedere l'inizio del campo e della pista. D'un tratto, dalla semioscurità che è ddavanti a me e da una posizione più alta della mia, parte un razzo rosso: provvidenziale iniziativa di un aviere messo lì a segnalare la prominenza di una collinetta che separa l'inizio del campo dal mare. Do una strappata ai motori, riesco a scavalcare la collinetta e finalmente metto le ruote a terra, sfinito e ubriaco di emozioni. Rullo sino in fondo alla pista dove un fido aviere mi attende con la lampada per portarmi al posto di decentramento tra i mandorli di Castelvetrano. (p.137)
 
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