Daniele Capezzone: differenze tra le versioni

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* Oggi non solo la rete, ma gli strumenti più piccoli e maneggevoli (radioline portatili, cellulari, ''iPod'', e così via) possono essere molto più utili delle vecchie parabole televisive, non a caso oggetto, in Iran e non solo, di sistematiche azioni di danneggiamento e disattivazione da parte delle dittature. E intendiamoci: dal loro punto di vista di avvelenatori di coscienze, i dittatori hanno ben compreso che da lì può venire, per loro, un'insidia mortale. Dunque, è compito dell'Occidente spiegare che il vero eroe non è Assange, ma il giovane di Teheran (o del Maghreb, come vedremo nel paragrafo successivo) che, a rischio della vita, si rende disponibile a far funzionare questa catena. Da anni, mi è capitato di parlare e scrivere di una sorta di catena mediatica globale che sarebbe possibile realizzare con investimenti in fondo piccoli, e che potrebbe consentire una efficacissima "guerra preventiva e permanente" contro i regimi. Con la ragionevole speranza di non dover sparare neppure un solo colpo. (p. 20)
* E oltre al male individuale e alle sue nuove derive tecnologiche, esiste anche una ulteriore dimensione possibile del male collettivo. Chiunque proponga o riproponga di "servire il popolo", più o meno consapevolmente rimette in campo un'illusione, un'utopia pericolosa. [[George Orwell]] ha spiegato meglio e prima di ogni altro quel che c'era da spiegare, e quella lezione vale più che mai oggi. In [[1984]], una delle pagine più toccanti e cariche di inquietudine è quella dei "Due minuti d'Odio": il quotidiano momento di furia, di isteria collettiva, di sfogo della folla, contro il mitico Goldstein, il leggendario nemico del Partito. Nessuno, nella mischia urlante, sa bene chi sia Goldstein e cos'abbia fatto davvero: però, bisogna odiarlo e inveire contro di lui. Stiamo bene attenti: anche senza gli scenari da incubo di Orwell, ma nella piena libertà delle nostre case, nella rassicurante normalità delle nostre vite, possiamo ritrovarci pure noi a inveire contro un qualche Goldstein, senza neanche rendercene conto. Basta un gruppo di insulti contro qualcuno o qualcosa su Facebook, o una biografia da sfregiare su [[Wikipedia]], o molto altro e molto peggio. (p. 76)
* Per questo, la bussola liberale è indispensabile. Democrazia versus dittatura, intanto: perché – non dispiaccia a Wikileaks – c'è una differenza tra gli Stati Uniti d'America e la Cina, nell'anno 2011. E poi, individuo versus massa: perché – non dispiaccia ai neocollettivisti telematici – ogni singola persona è diversa e speciale rispetto ad ogni altra. E anzi, in quella frazione infinitesima di tempo in cui clicchiamo sul tasto Invio, faremmo bene a pensare che, di là o da qualche altra parte, c'è uno come noi. (paggpp. 76-77)
* Un po' di dubbi, forse, farebbero un gran bene anche a lui. Il suo vero rischio, a ben vedere, è proprio quello di divenire prigioniero dell'ala talebana dei suoi fans, che, ad ogni latitudine, gli chiedono, letteralmente reclamano da lui un'escalation, una progressione inarrestabile di smascheramenti e attacchi, in nome della Giustizia e della Verità, per l'occasione minacciosamente e ideologicamente maiuscole. Povero Assange: non oso pensare cosa gli accadrebbe se mai gli venisse in mente di dire una cosa controcorrente, inattesa e scomoda per il suo pubblico, insomma di accarezzare contropelo la belva della folla. Diventerebbe una specie di Trotsky o di Goldstein, appunto: un nemico reale o letterario insopportabile per il Partito, per il Progresso, per la Rivoluzione. Se potesse leggere queste pagine, verrebbe voglia di consigliargli il saggio, intelligente, umanissimo monito di [[Pietro Nenni]]: "C'è sempre un puro più puro che ti epura...". (pp. 77-78)