Ernst Jünger: differenze tra le versioni

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*In fondo, nei [[giornale|giornali]] e nelle riviste vedo una sorta di mezzo di trasporto, il cui utilizzo ci è offerto già soltanto per il fatto che partecipiamo alla vita moderna. Sono in qualche modo degli omnibus, sui quali si sale senza poter determinare la qualità dei compagni di viaggio, e che si abbandonano precisamente nei punti che si mirava a raggiungere. Niente ha valore, durante il trasporto, se non il proprio bagaglio. In un'epoca in cui si viaggia non sui carri armati, ma sugli omnibus, in cui l'inchiostro di stampa ha rimpiazzato la polvere da sparo, e in cui gli uomini che si spera di raggiungere vivono dispersi a grandi lontananze, cambiare mezzi di trasporto offre vantaggi impagabili. (da ''Conclusione di un saggio'', in ''vol. III, 1929-33'', pp. 139-140)
*Da una [[Fotografia (immagine)|fotografia]] non ci si deve affatto aspettare più di quanto essa offra. Una fine riproduzione dell'accadere esteriore assomiglia alle impronte che ci hanno lasciato certe bestie rare nella pietra. Esse offrono certamente del materiale alla vista – il modo però in cui la vita dei grandi animali si svolse nei suoi movimenti segreti è tutto da presagire e richiede della fantasia. (da ''La guerra e la fotografia'', in ''vol. III, 1929-33'', p. 196).
*Questa è la differenza tra la vita solita e quella [[eroismo|eroica]]: l'una riconosce il metro della necessità, l'altra quello dell'immortalità. La cura di emanciparsi dalle forme del passato e di essere all'altezza della memoria della posterità è solo il simbolo di una cura mirata ad assicurare il nucleo fondente della vita attraverso tutte le fiamme della distruzione. Ogni memoria si estingue, e sono tavole di pietra, figure di metallo quelle che ci sono tramandate: frammenti di popoli di cui il tempo ha dimenticato i nomi. Ma il mero assolvimento di un compito, e la peculiarità che la vita stessa, intatta dalle circostanze esteriori di abbandono, offre quale testimonianza di sé, assomiglia a un segnale imparentato con l'eternità, e di essa degno. (da ''L'indistruttibile'', in ''vol. III, 1929-33'', p. 217).
 
==''L'operaio. Dominio e forma''==