Ferdinando Martini: differenze tra le versioni

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*Fatta l'[[Italia]], bisogna fare gli italiani.<ref name=gigante>{{cfr}} C. Gigante, ''Fatta l'Italia, facciamo gli Italiani. Appunti su una massima da restituire a d'Azeglio'', ''Rivista europea di studi italiani'', 2011, pp. 5–15; riportato in parte in ''[http://www.rivista-incontri.nl/articles/abstract/10.18352/incontri.830/ Rivista-incontri.nl]''.</ref><ref name=studicassinati>{{cfr}} ''[http://www.studicassinati.it/db1/jupgrade/archivio/74-anno-xi-n-4-ottobre-dicembre-2011/790-editoriale-fatta-litalia-bisogna-fare-gli-italiani "Fatta l'Italia, bisogna fare gli Italiani"]'', ''StudiCassinati.it''.</ref><ref name=magdi>{{cfr}} [[Magdi Allam]], ''Io amo l'Italia: ma gli italiani la amano?'', Edizioni Mondadori, 2006, [https://books.google.it/books?id=Sn_-RMnE7a8C&pg=PA255 p. 255]. ISBN 8804556552</ref>
:{{NDR|[[Citazioni errate|Errata]]}} La frase viene spesso attribuita a [[Massimo d'Azeglio]], talvolta in forme leggermente differenti. In realtà essa rappresenta una sintesi non completamente fedele di un pensiero espresso dallo stesso d'Azeglio ne ''I miei ricordi'' (1867): «[...] il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani.»<ref name=gigante/><ref name=studicassinati/> Molte fonti riportano che il primo a citare la frase di d'Azeglio in questa forma fosse stato Ferdinando Martini nel 1896<ref name=studicassinati/> e per questo motivo qualcuno arriva ad attribuire questa versione della frase allo stesso Martini.<ref>{{cfr}} {{en}} Timothy Baycroftm e Mark Hewitson, ''What Is a Nation?: Europe 1789-1914'', OUP Oxford, 2006, [https://books.google.it/books?id=VG01nx2vezoC&pg=PA256 p. 256]. ISBN 0191516287</ref><ref name=magdi/> In realtà le prime attribuzioni a d'Azeglio di questa versione (o comunque di versioni molto simili) della frase risalgono a ben prima del 1896: ''Rivista sicula di scienze, letteratura ed arti'' (1870), conferenze di [[Francesco De Sanctis]] a Napoli (1872-1873), ''L'Italia vivente'' di Leone Carpi (1878).<ref name=gigante/><ref>Citato in ''Rivista sicula di scienze, letteratura ed arti'', vol. 3, 1870, [https://books.google.it/books?id=ds9IAAAAcAAJ&pg=PA507 p. 507].</ref><ref>Citato in Leone Carpi, ''L'Italia vivente: {{small|aristocrazia di nascita e del denaro-borghesia-clero burocrazia; studi sociali}}'', F. Vallardi, 1878, p. 229.</ref> Ne deriva che l'attribuzione a Martini è indubbiamente erronea.
 
==[[Incipit]] di ''Donne, salotti e costumi''==
Una sera del maggio 1810, Alfonso di Lamartine, appena diciannovenne, in una diligenza sconquassata e seduto accanto al cocchiere, entrava per la porta San Gallo in Firenze. Poco innanzi, sua madre assestando la camera di lui aveva trovato una rosa appassita, delicatamente avvolta in un pezzo di mussolina, e dei versi:<br><small>Ah! repose à jamais dans ce sein qui t'abrite<br>Rose, qui mourus sous ses pas,<br>Et compte sur ce cœur combien de fois palpite<br>Un rêve qui ne mourra pas!</small>
 
==''Nell'Affrica italiana''==
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==Bibliografia==
*Ferdinando Martini, ''[https://www.gutenberg.org/files/43173/43173-h/43173-h.htm Donne, salotti e costumi. La vita italiana durante la Rivoluzione francese e l'Impero]'', Treves, 1897.
*Ferdinando Martini, ''[https://archive.org/details/nellaffricaital00martgoog Nell'Affrica italiana]'', Fratelli Treves editore, 1895