Jean-Jacques Rousseau: differenze tra le versioni

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*Io compio la stessa impresa di [[Montaigne]], ma con uno scopo affatto contrario al suo: egli non scriveva i suoi ''Saggi'' che per il pubblico, e io non scrivo le mie fantasie che per me stesso. Se nei miei tardissimi giorni, all'avvicinarsi del trapasso, resterò, come spero, nella stessa situazione in cui sono, nel leggerle mi sovverranno le dolcezze che provo a scriverle; e in questo modo, facendo rinascere per me il tempo passato, la mia esistenza, direi quasi, ha da {{Sic|resultarne}} come raddoppiata. A dispetto degli uomini saprò provare ancora l'incanto della compagnia, vivendo decrepito con un me stesso diverso, come se vivessi con un amico meno vecchio. (I; 1972, p. 1324)
*Assuefacendomi a rientrare in me stesso, perdetti infine il sentimento e quasi il ricordo dei miei mali. E imparai per mia propria esperienza che la fonte della vera [[gioia]] sta in noi, e che non dipende dagli uomini di rendere veramente miserevole chi sa voler essere felice. (II; 1972, p. 1325)
*Grande maestra, senza dubbio, è la [[sfortuna]]; ma una maestra che fa pagar care le sue lezioni, e sovente il vantaggio che se ne ricava non vale il prezzo che ci costarono. D'altronde, prima che sia ottenuto interamente il frutto di queste lezioni sì tardive, l'occasione di servirsene passa. La gioventù, credo che sia il tempo di studiare la [[saggezza]]; la vecchiaia, il tempo di praticarla. (III; 1972, p. 1330)
*Non ho imparato a conoscere meglio gli uomini che per meglio sentire la miseria in cui mi hanno inoltrato, senza che tale conoscenza, scoprendomi tutte le loro insidie, me ne abbia potuto far evitare nessuna. (III; 1972, p. 1330)
*Noi entriamo in lizza con la nascita, ne usciamo con la morte. (III; 1972, p. 1330)
*Tutt'i vecchi tengono alla vita più dei fanciulli e n'escono con peggior grazia dei giovani. (III; 1972, p. 1330)
*[...] ho sempre creduto che prima d'istruire gli altri bisognava cominciare col sapere abbastanza per se stessi [...]. (III; 1972, p. 1331)
*Quello che si ha da farfare dipende molto da quello che si ha da credere; e in tutto quello che non tocca ai bisogni primi della natura, le nostre [[Opinione|opinioni]] sono la regola delle nostre [[azioni]]. (III; 1972, p. 1331)
*La [[meditazione]] nel suo ritiro, lo studio della natura, la contemplazione dell'universo, costringono un solitario a slanciarsi incessantemente verso il Creatore delle cose, e a cercare con dolce inquietudine lo scopo di tutto che vede e la causa di tutto che sente. (III; 1972, p. 1331)