Ernst Jünger: differenze tra le versioni

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==''Foglie e pietre''==
*Per noi, che ci troviamo sulla soglia di nuovi imperi, la vecchia [[Austria]] è come un fossile, dai cui reperti ossei si può indovinare la struttura di un mondo d'altro genere: un mondo che è alle spalle della modernità ma che forse ritroveremo ancora al di là di essa. (da ''Soggiorno in Dalmazia'', p. 20)
*Nella ''U'' si incontrano i misteri della generazione e della [[morte]]; essa sta al di sotto del mondo colorato e molteplice. Il suo regno abbraccia le profondità dei mondi marini, dei culti arcaici, delle stirpi sconosciute che si sono avvicendate, e la forza di gravità di astri invisibili, che agisce da distanze infinite. (da ''Elogio delle vocali'', p. 77)
*Si è tentato più volte, e ancora si tenta, di esprimere attraverso [[metafora|metafore]] la differenza tra il nostro mondo nordico e quello mediterraneo, suggerendo via via contrapposizioni come forma e movimento, sole e nebbia, il cipresso e la quercia, il tetto piatto e il tetto a punta. Credo che la contrapposizione fra la cisterna e la sorgente non sia meno adeguata. [...] Lo stesso vale per la letteratura antica; la sua struttura complessiva non assomiglia a una rete fluviale ma a un sistema di locali chiusi collegati per mezzo di acquedotti. Di qui la straordinaria facilità di ricavarne citazioni, e di qui anche il fatto che i suoi «classici» sono tali in un senso del tutto diverso dal nostro. Questa possibilità di trovare ristoro nelle forme chiuse si riscontra anche nella grammatica; certe costruzioni participiali e soprattutto l'ablativo assoluto si incastonano nella prosa come piccole cisterne. Lo spirito della cisterna trova forse la sua rappresentazione più icatica nel racconto delle ''Mille e una notte'' sul facchino e le tre dame, mentre lo spirito della sorgente si esprime in modo insuperabile nella ballata goethiana del pescatore. <br/> Ritrovato lo slancio, e conversando di queste cose, muovemmo verso la cima. Friedrich Georg fece qui l'osservazione che il ''Don Chisciotte'' è una vera cisterna di buon umore. (da ''Soggiorno in Dalmazia'', pp. 39-40)
*Il [[meraviglia|meraviglioso]] non suscita in noi nessuna sorpresa, perché il meraviglioso è ciò con cui abbiamo la più profonda confidenza. La felicità che la sua vista ci procura sta propriamente nel fatto di veder confermata la verità dei nostri sogni. Come avrebbe potuto [[Friedrich Hölderlin|Hölderlin]] altrimenti, lontano dai luoghi dove giocano i delfini, riconoscere nel suo più intimo significato la bellezza imperitura degli arcipelaghi? ''Vivono tutte ancora le isole madri di Eroi, | ogni anno rifioriscono.''<ref>La citazione di [[Friedrich Hölderlin|Hölderlin]] è tratta dalla lirica ''Der Archipelagus'' (''L'arcipelago''), in Friedrich Hölderlin, ''Le liriche'', a cura di E. Mandruzzato, Adelphi.</ref> (da ''Soggiorno in Dalmazia'', p. 42)
*Mentre le lingue appartengono alla storia, i suoni si pongono al di fuori di qualsiasi computo temporale. Le lingue vivono come le piante, ma i suoni appartengono, al pari della terra in cui le piante hanno le radici, alla sostanza originaria del mondo. In quanto simbolo, pura immagine, il suono – e la [[vocale]] in particolare – è perciò esterno alla lingua e alle sue vicissitudini. (da ''Elogio delle vocali'', pp. 63-64)
*Nella ''U'' si incontrano i misteri della generazione e della [[morte]]; essa sta al di sotto del mondo colorato e molteplice. Il suo regno abbraccia le profondità dei mondi marini, dei culti arcaici, delle stirpi sconosciute che si sono avvicendate, e la forza di gravità di astri invisibili, che agisce da distanze infinite. (da ''Elogio delle vocali'', p. 77)
*{{NDR|Sull'opera grafica di Alfred Kubin}} Ciò che vediamo qui riflessa è la fine della vecchia [[Austria]], di cui si avverte la traccia dolorosa, ad esempio nella lirica di [[Georg Trakl|Trakl]]. Ma questa fine non è descritta là dove appare sullo scenario della storia universale, là dove è sancita sui campi di battaglia. [...] È molto più sconvolgente il fatto che la rovina, l'aggressione implacabile del [[tempo]] vengano colte in luoghi minimi e nascosti: là dove si ode il ticchettio dell'oriolo della morte<ref>''Anobium punctatum'', coleottero. Le larve scavano nel legno gallerie dal tracciato tortuoso. Di infausto presagio è considerato il richiamo sessuale che l'insetto produce picchiando contro le gallerie scavate. Per questa ragione è comunemente chiamato orologio della morte. {{cfr}} E. Jünger ''Foglie e pietre'', nota a p. 98.</ref>, dove la muffa lentamente si allarga e le tarme rodono i tessuti. La morte penetra nelle stanze borghesi; saggia con le dita il ciarpame delle frange e delle stoffe, stacca dalla parete una fotografia ingiallita per osservarla, si diverte a girare la chiavetta di un carillon di epoca Biedermeier, getta lo sguardo nei salotti impolverati col fare di un cameriere che nel bel mezzo di un'orgia sfrenata prepari con indifferenza il conto. (da ''I demoni della polvere'', pp. 97-98)
*La lingua ci ha insegnato a disprezzare troppo le cose. Le grandi [[parola|parole]] sono come il reticolo di meridiani e paralleli che avvolge la carta geografica. Ma un semplice pugno di terra non è forse più di un intero mondo sulla carta? (da ''Lettera dalla Sicilia all'uomo nella luna'', p. 100)