Ernst Jünger: differenze tra le versioni

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*Che cosa significa in realtà «essere» (''wesen'')? Molto tempo prima che esistessero i filosofi, una manciata di verbi ausiliari di origine indogermanica si è {{sic|spartito}} il cosmo.<br>Quando diciamo di qualcuno: «È assente» (''abwesend''), questa frase può indicare uno stato in cui quel qualcuno è nel contempo anche presente (anwesend); ''wesen'' deve allora esprimere più un'attività che uno stato. L'assenza e la presenza sono spaccature dell'essere (''des Seins''). Il ''Wesen'' ha potere temporale, il ''Sein'' extratemporale. (da ''Oppio'', ''Oriente'', p. 214)
*A [[Eleusi]] esiste oggi una fabbrica di cemento – circostanza che avrebbe potuto disturbare la celebrazione dei piccoli misteri, in primavera, ma non quella dei grandi misteri, in autunno. Cemento e marmo diventano pura superficie, quando di conosce il «grembo materno di Persefone». Lì non ci sono più differenze. (da ''Oppio'', ''Oriente'', p. 220)
*Questo è il lusso più grande: avere il proprio [[tempo]]. Anche per questa ragione lo si è sempre inteso come sregolatezza. ''Luxus'', ''luxuria''. Questo vale particolarmente per la nostra epoca, in cui gli orologi sono dappertutto. Chi ha un tempo proprio è sospetto. (da ''Oppio'', ''Oriente'', p. 223)
*Nel serpente non sono tanto il veleno, l'immobilità, la mancanza di arti a spaventare. L'impressione è piuttosto di vedere, per un istante, la trama originaria muoversi. Vita e morte si confondono, il terreno diventa insicuro. In ognuno dei pericoli in cui casualmente ci si imbatte, è nascosto il grande, l'unico pericolo.<br>In questo senso, il serpente è un segno di confine [...] (da ''Modelli ottici'', ''Passaggi'', p. 289)
*Solo l'[[artista]] ormai è tanto affidabile da fornire o meglio creare sin nel fondamento, modelli validi. Nel poeta la natura scorre ancora dall'indifferenziato alla pienezza, mentre la scienza aderisce alla pienezza per consumarla. Sono grandi distanze. (da ''L'iniziativa surrealista'', ''Passaggi'', p. 302)
*L'[[essere]] si maschera dietro il tempo e i tempi; ma noi non riusciamo a scoprire il suo volto, perché, se lo smascherassimo, in mano ci resta una maschera. E già siamo ingannati, abbagliati da una nuova moda, da un nuovo volto.<br /> Questo però: mettersi nella condizione di raggiungere il luogo in cui si scorga, se non ciò che si trasforma, almeno le sue trasformazioni – questo è un avvicinamento. Qui i cammini si separano: da una parte, il rimpianto o il dileggio della maschera caduta, dall'altra, invece, l'attrazione per la nuova maschera. Una terza prospettiva è tuttavia possibile, simile a quella che si apre tra i sepolcri [[etruschi]]: lo sguardo sereno su ciò che è transitorio. (da ''L'iniziativa surrealista'', ''Passaggi'', p. 304)