Indro Montanelli e Mario Cervi: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni: Ugo Spirito e il corporativismo
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*Il nodo vero {{NDR|tra regime fascista e Santa Sede}} restava l'[[Azione Cattolica|Azione cattolica]], alla quale il Papa rivendicava il diritto di «portarsi anche sul terreno operaio, lavorativo, sociale». Troppo per Mussolini, risoluto a relegare sempre più l'organizzazione nello stretto campo dello «spirituale» e a impedire che certi suoi uomini dimostrassero eccessivo mordente. Si asserì che a metà maggio esponenti della Azione cattolica avevano tenuto riunioni per discutere progetti ostili al Regime. Il 29 maggio 1931 Mussolini ruppe gli indugi e ordinò ai Prefetti di sciogliere «le associazioni giovanili di qualsiasi natura e grado di età che non facciano direttamente capo alle organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o dell'Opera Nazionale Balilla». La Gioventù cattolica e ogni altra branca giovanile della Azione cattolica subirono così la sorte degli Esploratori cattolici. Le loro sedi furono chiuse, il materiale che vi si trovava sequestrato. (Capitolo quarto, La Conciliazione, p. 79)
*L'[[IRI]] aveva scopi «riparatori», era cioè (e resterà nei decenni, prima e dopo la caduta del fascismo) un ospedale o un ospizio per imprese in collasso, o malate, o senescenti. Varando l'IRI, Mussolini si diceva certo che esso avrebbe tonificato potentemente il mercato italiano. Nessuna intenzione di collettivizzare l'economia, anche se lo Stato si trovò in grado di controllare, come scriveva ''Gerarchia''<ref>Rivista ufficiale del fascismo, fondata da Mussolini nel 1922.</ref>, i tre quarti del meccanismo produttivo industriale e agricolo, almeno per le grandi imprese. (Capitolo sesto, Il Decennale, p. 103)
*Tra i tanti discorsi di ''routine'' ve ne fu, nel convegno {{NDR|di studi corporativi di Ferrara del 1932}}, uno che fece scandalo. Lo pronunciò il filosofo [[Ugo Spirito]], già allievo di Gentile e poi in dissenso con il maestro. Spirito parlò di «Individuo e Stato nella concezione corporativa» sostenendo che il [[corporativismo]] doveva segnare la fine della lotta di classe, ma nel senso che capitale e lavoro si sarebbero fusi, e che si sarebbe dovuto arrivare alla «corporazione proprietaria». Coerentemente con questa impostazione, che faceva del corporativismo «il liberalismo assoluto e il comunismo assoluto», Spirito proponeva che, come primi provvedimenti, dovesse essere inserito un rappresentante dello Stato nei consigli di amministrazione delle maggiori aziende, e dovesse inoltre essere assicurata una cointeressenza, oltre al salario, ai dipendenti. Quasi non bastasse, il filosofo disse che fascismo e comunismo non dovevano essere contrapposti in maniera antitetica. (Capitolo sesto, Il Decennale, pp. 104-105)
*[...] fin dai primi passi {{NDR|Galeazzo}} [[Galeazzo Ciano|Ciano]] gerarca si rivelò per quello che era: intelligente ma superficiale, velleitario più che virile, fatuo più che brillante, smanioso di imitare Mussolini – anche nella ostentata rinuncia a ogni principio di moralità internazionale – ma privo della testa, della grinta, dell'intuito di lui. Si atteggiava a rude, e riusciva ad essere soltanto goffo. Bel ragazzo, un po' del genere tango, aveva però, nel modo di muoversi, alcunché di inguaribilmente molle. «Camminava – ha scritto Renzo Trionfera – divaricando i piedi come, per deformazione professionale, capita ai vecchi camerieri di trattoria.» Le male lingue gli lanceranno, quando firmerà il patto con la Germania {{NDR|Patto d'Acciaio}}, una battuta al cianuro: «piede-piatto d'acciaio». (Capitolo sesto. Il Decennale, p. 118)