Cartesio: differenze tra le versioni

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*Nella foggia dei nostri [[vestito|abiti]] la stessa cosa che ci è piaciuta dieci anni fa, e che forse ci piacerà di nuovo prima che ne passino altri dieci, ci sembra oggi stravagante e ridicola. (II; 1996)
*[...] il maggior numero degli assensi non è una prova che valga nel caso di verità difficili a scoprirsi [...]. (II; 1996)
*{{NDR|I quattro precetti del metodo}} Il primo era, di non accettare mai per vera alcuna cosa, che non conoscessi evidentemente essere tale: cioè, d'evitare con cura la precipitazione e la prevenzione; e di non includere nei miei giudizi niente più di quello che si presentasse così chiaramente e così distintamente alla mia intelligenza che io non avessi alcuna occasione di metterlo in dubbio.<br>Il secondo, di dividere ciascuna delle difficoltà che esaminassi, in tante particelle quante fossero possibili, e necessarie per risolverle meglio.<br>Il terzo, di condurre in ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili da conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, fino alla conoscenza del più composti; supponendo ordine anche tra quelli che non si precedono naturalmente l'un l'altro.<br>E l'ultimo, di fare ovunque enumerazioni così complete e rassegne così generali da esser sicuro di non ometter nulla. (II; 1937, pp. 31-33)
*[...] [tra] tutte le cose le quali possono cadere sotto la conoscenza degli uomini, [...] non poss[o]no esservene di così lontane, alle quali infine non si pervenga, né di così nascoste che non si scoprano. (II; 1937, pp. 33-34)
*[...] ogni verità trovata [era] una regola che mi serviva dopo a trovarne altre [...]. (II; 1937, p. 36)
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*[...] non v'è proprio niente in questa proposizione: ''io penso, dunque io sono'', che m'assicuri che io dico la verità, se non che veggo molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere [...]. (IV; 1937, p. 57)
*Anche quella che ho assunto poc'anzi come regola, cioè che le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere, non è certa se non perché Dio è o esiste, perché è un essere perfetto e perché da Lui riceviamo tutto quello che è in noi. (IV; 1996)
*{{NDR|IlI criteriocriteri per distinguere una macchina da un essere umano}} Qui in particolare mi ero fermato per far vedere che se ci fossero macchine con organi e forma di scimmia o di qualche altro animale privo di ragione, non avremmo nessun mezzo per accorgerci che non sono in tutto uguali a questi animali; mentre se ce ne fossero di somiglianti ai nostri corpi e capaci di imitare le nostre azioni per quanto è di fatto possibile, ci resterebbero sempre due mezzi sicurissimi per riconoscere che, non per questo, sono uomini veri. In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L'altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe cosí che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. (V; 1996)
*[...] per quello che riguarda i costumi, ciascuno esagera tanto nella propria opinione, che si potrebbero trovare tanti riformatori quante teste [...]. (VI; 1937, p. 93)
*[...] non vale niente chi non è utile ad alcuno [...]. (VI; 1937, p. 98)