Jorge Luis Borges: differenze tra le versioni

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*Su un muro vidi uno scaffale. Aprii un volume a caso; i caratteri erano chiari e indecifrabili, e tracciati a mano... Pensai che gli uomini del futuro erano non solo più alti, ma anche più abili. Istintivamente guardai le dita lunghe e sottili dell'uomo. Lui mi disse: "Ora ti mostrerò qualcosa che non hai mai visto". Mi tese con cura un esemplare dell'Utopia di [[Tommaso Moro|Moro]], stampato a Basilea nel 1518, a cui mancavano pagine e tavole. Lessi il titolo a voce alta. L'altro rise. "Nessuno può leggere duemila libri. Nei miei quattro secoli di vita non avrò superato la mezza dozzina. E poi l'importante non è leggere, ma rileggere. La stampa, ora abolita, è stata uno dei peggiori mali dell'uomo, perché tendeva a moltiplicare testi superflui fino alla vertigine".<ref>Da ''Il libro di sabbia'', a cura di Tommaso Scarano, traduzione di Ilide Carmignani, Biblioteca Adelphi, 2006, p. 76.</ref>
*Vedo me stesso essenzialmente come un lettore. Mi è accaduto di avventurarmi a scrivere, ma ritengo che quello che ho letto sia molto più importante di quello che ho scritto.<ref>Da ''Il credo di un poeta''; citato in ''Poesia'', anno XIV, maggio 2001, n. 150, Crocetti Editore.</ref>
 
{{Int|Dall'intervista di Andrea Barbato|citato in [http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0146_01_1972_0265_0003_5468799/ ''Lo scrittore cieco che rifiuta Perón''], ''La Stampa'', 30 novembre 1972}}
*Non ho mai nascosto le mie opinioni. Nessuno può dire che io sia stato un nazionalista, un fascista, un antisemita. Ma quando scrivo racconti o poesie, allora cerco di dimenticare le mie idee politiche, perché la letteratura è un fatto misterioso.
*Nei paesi di cultura giovane, dove la storia ha solo un secolo e mezzo, il nazionalismo è ridicolo. Abbiamo una tradizione giovane, cosmopolita, di emigrazione. Nelle pampas, fino a pochi anni fa, si contava così: uno, due, tre, quattro... Dopo il quattro, veniva il molto, l'infinito a portata di mano, l'ignoto. Sono questi gli avi, i padri del nostro nazionalismo? Su cosa possiamo fondare l'orgoglio della nostra storia? Buenos Aires è una città abitata da un'immensa classe media venuta dall'Europa. Se guardiamo la guida del telefono, troviamo quasi soltanto nomi italiani. Io, che ho sangue portoghese, spagnolo e inglese, mi sono sempre sentito un estraneo. E anche la nostra storia, i monumenti, le strade, sono dedicati ad argentini che si chiamano Belgrano, Brown, Bouchard... Di quale passato parlano i nazionalisti di oggi? A meno di non volersi basare su un tipo eccezionale come il ''gaucho''. Ma i ''gauchos'' si battevano contro i padroni fondiari per interessi particolari, ed erano gente molto semplice...
*I [[Peronismo|peronisti]] non sono diversi dagli altri potenti: vogliono solo diventare ricchi, i dirigenti vogliono essere i nuovi oligarchi, viaggiare in lunghe macchine, giocare migliaia di pesos alle ''roulettes'' di Mar del Plata. Vogliono il potere, ma non sono né dei rivoluzionari né dei conservatori. Perón stesso è uno degli uomini più ricchi del mondo, può permettersi di avere una scorta di centinaia di uomini armati... No, credetemi, malgrado quello che si dice, il peronismo non era un governo amato dal popolo, era una dittatura...
*Se verrà un nuovo governo peronista, non so quale sarà la mia sorte. Forse mi saranno chiuse tutte le porte, meno quelle della prigione.
 
{{Int|Dall'intervista di Arrigo Levi|citato in [http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1063_01_1980_0123_0001_15122898/ ''La crisi di un'Europa espatriata''], ''La Stampa'', 7 giugno 1980}}