Cartesio: differenze tra le versioni

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*Qui in particolare mi ero fermato per far vedere che se ci fossero macchine con organi e forma di scimmia o di qualche altro animale privo di ragione, non avremmo nessun mezzo per accorgerci che non sono in tutto uguali a questi animali; mentre se ce ne fossero di somiglianti ai nostri corpi e capaci di imitare le nostre azioni per quanto è di fatto possibile, ci resterebbero sempre due mezzi sicurissimi per riconoscere che, non per questo, sono uomini veri. In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L'altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe cosí che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. (V; 1996)
*Ogni [[problema]] che ho risolto è diventato regola che è servita più tardi per risolvere altri problemi.<ref>Citato in Ravi Kalakota, Marcia Robinson, ''Mobile business'', Apogeo, 2002, [http://books.google.it/books?id=aR1wssr57m8C&pg=PA115 p. 115].</ref>
*[...] per quello che riguarda i costumi, ciascuno esagera tanto nella propria opinione, che si potrebbero trovare tanti riformatori quante teste [...]. (VI; 1937, p. 93)
*[...] non vale niente chi non è utile ad alcuno [...]. (VI; 1937, p. 98)
*[...] è bene omettere le cose che potrebbero forse arrecare qualche profitto ai viventi, quando così si ha lo scopo di farne altre che ne arrechino uno maggiore ai propri nipoti. (VI; 1937, p. 98)
*[...] coloro che scoprono a poco a poco la verità nelle scienze [...] si possono paragonare ai capi degli eserciti, le cui forze sogliono crescere in proporzione delle loro vittorie, e che hanno bisogno di maggiore abilità, per sostenersi dopo la perdita di una battaglia, di quanto non ne abbiano, dopo averla vinta, per prendere città e province. Perché il cercar di vincere tutte le difficoltà egli errori che ci impediscono di giungere alla conoscenza della verità, è davvero dar battaglia, ed è perderne una l'accettare qualche falsa opinione su un argomento un po' generale e importante; occorre, dopo, molto maggior abilità, per rimettersi nella stessa condizione di prima, che non ne occorra per fare grandi progressi, quando si hanno già dei principî certi. (VI; 1937, p. 98)
*[...] quando si apprende una cosa da qualche altro, non la si può concepire e rendere propria così bene come quando la s'inventa da sè. (VI; 1937, p. 100)