Giosuè Carducci: differenze tra le versioni

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*Colui che potendo [[parlare|dire]] una cosa in dieci [[parola|parole]] ne impiega dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni. (citato in [[Dino Segre]], ''Sette delitti'', Sonzogno)
*{{NDR|Sullo ''[[Giacomo Leopardi#Zibaldone|Zibaldone]]''}} È una mole di 4526 facce lunghe e larghe mezzanamente, tutte vergate di man dell'autore, d'una scrittura spesso fitta, sempre compatta, eguale, accurata, corretta. Contengono un numero grandissimo di pensieri, appunti, ricordi, osservazioni, note, conversazioni e discussioni, per così dire, del giovine illustra con se stesso su l'animo suo, la sua vita, le circostanze; a proposito delle sue letture e cognizioni; di filosofia, di letteratura, di politica; su l'uomo, su le nazioni, su l'universo; materia di considerazioni più ampia e variata che non sia la solenne tristezza delle operette morali; considerazioni poi liberissime e senza preoccupazioni, come di tale che scriveva giorno per giorno per sé stesso e non per gli altri, intento, se non a perfezionarsi, ad ammaestrarsi, a compiangersi, a istoriarsi. Per sé stesso notava e ricordava il [[Giacomo Leopardi|Leopardi]], non per il pubblico: ciò non per tanto gran conto ei doveva fare di questo suo ponderoso manoscritto, se vi lavorò attorno un indice amplissimo e minutissimo, anzi più indici, a somiglianza di quelli che i commentatori olandesi e tedeschi solevano apporre alle edizioni dei classici. Quasi ogni articolo di quella organica enciclopedia è segnato dell'anno del mese e del giorno in cui fu scritto, e tutta insieme va dal luglio del 1817 al 4 dicembre del 1832; ma il più è tra il '17 e il '27, cioè dei dieci anni della gioventù più feconda e operosa, se anche trista e dolente.<ref group="fonte">Dall'[[s:Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/Introduzione|introduzione]] ai ''Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura''.</ref>
*{{NDR|Inno di [[Goffredo Mameli]]}} [...] Fu composto l'otto settembre del quarantasette, all'occasione di un primo moto di Genova per le riforme e la guardia civica; e fu ben presto l'inno d'Italia, l'inno dell'unione e dell'indipendenza, che risonò per tutte le terre e in tutti i campi di battaglia della penisola nel 1848 e 49.<ref group="fonte">Da ''Bozzetti critici e discorsi letterari'', coi tipi di Franc. Vigo, Livorno, 1876, [https://books.google.it/books?id=N48HAAAAQAAJ&pg=PA252 p. 252].</ref>
*''Io sono e resto quale fui | e attendo la grande ora.''<ref group="fonte">Citato in [[Leo Longanesi]], ''In piedi e seduti'', Longanesi, 1968.</ref>
*[...] l'arte e la letteratura sono l'emanazione morale della civiltà, la spirituale irradiazione dei popoli.<ref group="fonte">Da ''Bozzetti critici e discorsi letterari'', coi tipi di Franc. Vigo, Livorno, 1876, [https://books.google.it/books?id=N48HAAAAQAAJ&pg=PA457 p. 457].</ref>
*Nel 1454 {{NDR|[[Janus Pannonius]]}} si tramutava a Padova a studiare diritto canonico quattro anni, e ne riportò i gradi accademici. Nel soggiorno veneto {{sic|dee}} aver composto il panegirico a [[Giacomo Antonio Marcello]], patrizio e provveditore nella guerra sostenuta dalla Repubblica con [[Filippo Maria Visconti]] (esam. 2870, distici 20): ne' quali versi è notevole la facilità del descrivere i particolari minuti e sottili delle {{sic|marcie}} e i grandi e nuovi delle flotte trasportate su per i monti da un lago all'altro.<ref group="fonte">Da ''La gioventù di [[Ludovico Ariosto]] e la poesia latina in Ferrara''; in ''La {{sic|coltura}} estense e la gioventù dell'Ariosto'', Edizione Nazionale delle opere di Giosuè Carducci, volume tredicesimo, Nicola Zanichelli Editore, pp. 175-176; citato (parzialmente) in Janus Pannonius, ''Epigrammi lascivi'', traduzione di Gianni Toti, Fahrenheit 451, 1997, p. 16. ISBN 88-86095-03-1</ref>
*Nella sua poesia [...] c'è molta facilità, ma vi si desidera tutto quello che fa la poesia vera. È un fatto per me oramai fermo: codesti meridionali, dal più al meno, recano nella poesia quella volubilità delle loro chiacchiere, che si devolve per lunghi meandri di versi sciolti o per cadenzati intrecciamenti di strofe senza una cura al mondo del pensiero. Il poeta [[Napoli|napoletano]] tipo è il [[Giovan Battista Marino|Marino]]. È inutile: i meridionali non sono poeti né artisti, non ostante tutte le apparenze: sono musici e filosofi. La poesia (anche questo parrà un paradosso) è delle genti più prosaiche e fredde della Toscana e del Settentrione.<ref group="fonte">Dalla lettera ad un amico che gli aveva inviato un volume di poesie di un giovane napoletano; citato in [[Benedetto Croce]], ''La letteratura della nuova Italia, Saggi critici'', vol. IV, Giuseppe Laterza & Figli, Bari, 1922<sup>2</sup> riveduta, pp. 311-312.</ref>
*Sai che il ''[[Walt Whitman#Foglie d'erba|Fogliame]]'' americano io l'ho tradotto a lettera tre volte con il mio maestro d'inglese, un italiano che scappò in America di 17 anni e ci è stato ventitré, e ha fatto il capitano al servizio della Repubblica nella guerra di secessione contro gli Stati del Sud? È una bestia, sempre ubriaco; ma sente e respira l'America; e non sa quasi nulla d'Italiano; me lo commentava facendo gesti e urli feroci. E mi venne subito la voglia di tradurlo in esametri omerici. Tutti quei nomi a catalogo! Quelle enumerazioni, successioni, quella serie di sentimenti straordinarie e vere! Io ne rimasi e ne sono rapito! Dopo i grandissimi poeti colossali, [[Omero]], [[William Shakespeare|Shakespeare]], [[Dante Alighieri|Dante]], ecc. ci sarà del più pensato, del più profondo, del più perfetto, ma nulla così immediato e originale.<ref group="fonte">Da una lettera all'amico Enrico Nencioni; citato nella prefazione di [[Antonio Spadaro]], p. 29 in Walt Whitman, ''Canto una vita immensa'', a cura di Antonio Spadaro, Ancora, Milano, 2009. ISBN 88-514-0632-4</ref>
*''Se già sotto l'ale | del nero cappello | nel [[vino|vin]] Cromuello {{NDR|[[Oliver Cromwell]]}} | cercava il signor,''<ref group="fonte">Qui il poeta fa riferimento ad un episodio narrato dal [[René de Chateaubriand|Chateaubriand]] in ''Quatre Stuarts''. Secondo lo scrittore francese, Cromwell, sorpreso a bere, avrebbe detto agli amici: «Credono che cerchiamo il Signore, ma noi cerchiamo solo un cavatappi» (Il cavatappi era caduto).</ref>''|| ne' colmi bicchieri | ricerco pur io | men fiero un iddio, | ricerco l'amor.'' (da ''[[s:Levia Gravia/Libro II/Brindisi|Brindisi]]'' in ''Levia gravia'', XXV, vv. 1-8)
*Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna; le nevi delle Alpi, l'aprile delle valli, le fiamme dei vulcani.<ref group="fonte">Durante i solenni festeggiamenti per il primo Centenario del [[bandiera d'Italia|Tricolore]], Reggio Emilia, 7 gennaio 1897; citato in Carlo Azeglio Ciampi e Alberto Orioli, ''Non è il paese che sognavo: taccuino laico per i 150 anni dell'unità d'Italia'', Il Saggiatore, 2010, [https://books.google.it/books?id=ffXnyZPMyR8C&pg=PA90 p. 90]. ISBN 8842816469</ref>
*[[Francesco Pastonchi|Pastonchi]]? mai letto tanti brutti versi.<ref group="fonte">Citato in [[Bonaventura Caloro]], ''È lo stato che crea la nazione'', ''La Fiera Letteraria'', aprile 1973.</ref>
*Qui il paese è veramente bello, tale che fa intendere la Scuola [[Umbria|umbra]]: che linee d'orizzonte, che digradante vaporoso di monti in lontananza! Fui ad [[Assisi]]: è una gran bella cosa, paese, città e santuario, per chi intende la natura e l'arte nei loro accordi con la storia, con la fantasia con gli affetti degli uomini. Sono tentato di far due o tre poesie su Assisi e [[Francesco d'Assisi|San Francesco]].<ref group="fonte">Da una lettera a [[Giuseppe Chiarini]], Perugia, 26 luglio 1877; citato in ''La dolce stagione'', [[Luigi Russo]], Editrice Giuseppe Principato, Milano, 1940, p. 454.</ref>
*''Se già sotto l'ale | del nero cappello | nel [[vino|vin]] Cromuello {{NDR|[[Oliver Cromwell]]}} | cercava il signor,''<ref group="fonte">Qui il poeta fa riferimento ad un episodio narrato dal [[René de Chateaubriand|Chateaubriand]] in ''Quatre Stuarts''. Secondo lo scrittore francese, Cromwell, sorpreso a bere, avrebbe detto agli amici: «Credono che cerchiamo il Signore, ma noi cerchiamo solo un cavatappi» (Il cavatappi era caduto).</ref>''|| ne' colmi bicchieri | ricerco pur io | men fiero un iddio, | ricerco l'amor.'' (daDa ''[[s:Levia Gravia/Libro II/Brindisi|Brindisi]]'' in ''Levia gravia'', XXV, vv. 1-8)
*Sette anni fu alla scuola e al convitto del [[Guarino Veronese|Guarino]]; e vi formò lo stile e il costume, quello caldo e abbondante, questo cordiale e sciolto. Ne fan testimonianza gli epigrammi (410, in due libri), per grandissima parte di argomento e sentimento italiani, scritti i più nella gioventù prima; la cui licenza, se bene sia da riferire al genere e al modello [...] e sia da credere che Giano ostenti in gara con lui sporcizia e villania, pure ci appar di soverchio candida la fede e l'attestazione di [[Vespasiano da Bisticci|Vespasiano]], per quanto s'intendeva de' suoi costumi, esser fama che Giovanni fosse vergine.<ref group="fonte">Da ''La gioventù di [[Ludovico Ariosto]] e la poesia latina in Ferrara''; in ''La {{sic|coltura}} estense e la gioventù dell'Ariosto'', Edizione Nazionale delle opere di Giosuè Carducci, volume tredicesimo, Nicola Zanichelli Editore, pp. 174-175.</ref>
*Stamane ho cacciato a sassate un [[organo a rullo|organetto]] che mi sonava sotto la finestra.<ref>Da ''Lettere'', volume 14°, Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1941 e segg., p. 204; citato in Salvatore Battaglia, ''Grande Dizionario della Lingua Italiana'', Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1984, p. 78.</ref>
 
==''A Satana''==