Renato Fucini: differenze tra le versioni

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===[[Incipit]]===
<div style="text-align:right;">Napoli, 5 maggio 1877.</div>
Eccomi a Napoli; eccomi finalmente in questa terra promessa ad incarnare il sogno dorato della mia vita. Non ti ho scritto subito, perchèperché la confusione del mio povero cervello, appena piovuto in questa enorme voragine, è stata tale da non permettermi di farlo. Ora però che ho ripreso fiato e che ho cominciato a riordinarmi le idee fino ad oggi sparpagliate e frullate in tondo come foglie secche dal vento, mi faccio una festa di mantenerti la promessa e di scriverti qualche cosa da questo paese. La sera stessa del mio arrivo, vidi il nostro caro Enrico che m'era venuto incontro alla stazione. Cascammo l'uno nelle braccia dell'altro come due feriti al core; ci abbracciammo, ci stringemmo come pazzi e dopo un breve, ma furioso assalto di domande che non aspettavan risposta, si montò di volo in una vispa carrozzella e subito, per non perder tempo, senza pensare a valige, a stanchezza, a nulla, una corsa attraverso alla immensa città.
 
===Citazioni===
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*Nessun paese al mondo, io credo, conserva al pari di Napoli così scarsa e non pregevole quantità dì tracce monumentali delle dinastie che vi si sono succedute nel dominio. La ragione di questo fatto credo non possa ripetersi altro che dalla breve durata delle singole occupazioni, e, più che da questo, dalle lotte continue che gl'invasori hanno dovuto sostenere fra loro per contrastarsi accanitamente questa agognata regione, tantoché le arti della guerra mai non hanno dato una tregua abbastanza lunga, da permettere l'incremento di quelle della pace, che ogni invasore avrebbe potuto, o buone o cattive, trapiantarvi dal proprio paese. (pp. 9-10) <ref name=Petrus/>
*Quante volte dal folto di questo pandemonio, allorché udivo appena il cannone di Sant'Elmo scaricato a mezzogiorno negli orecchi di Napoli, ho mandato un pensiero e un sospiro alla languida signora dell'Adriatico, ai suoi vuoti palazzi ed al silenzio de' suoi canali che lascia intendere il fiotto dei remi d'una gondola lontana e il tubare de' colombi su le cuspidi delle sue torri affilate! − Bellissime ambedue queste regine del mare, ma quanto diversamente belle! − Su la laguna posa languidamente la bellissima e pallida matrona, stanca sotto il peso degli anni, povera in mezzo alle sue gemme, ma ricca d'orgoglio per antica nobiltà. Ai piedi del Vesuvio, la voluttuosa e procace Almea, balla in ciabatte la tarantella, e canta e suda povera di tutto, ma ricca di speranze, di giovinezza e di sangue. Quella si nutrisce di mestizia e di gloria; questa, di maccheroni e di luce. Quella coperta di laceri broccati, ma lindi; questa seminuda e lercia, dalle ciabatte sfondate alla folta chioma nerissima ed arruffata. (p. 18)
*S'io ti dovessi dipingere i colori del camaleonte o disegnarti le forme di Proteo, in verità mi sentirei meno imbrogliato che a darti una netta definizione di quello che mi è sembrato essere il carattere di questo popolo.<br/>È così instabile, così pieno di {{sic|contradizioni}}; si presenta sotto tanti e così disparati aspetti dagli infiniti punti di vista da cui può essere osservato, che su le prime è impossibile raccapezzarsi. Ad un tratto ti sembreranno ingenue creature e ti sentirai portato ad amarle; non avrai anche finito di concepire questo sentimento che ti appariranno furfanti matricolati. Ora laboriosissimi per parerti dopo accidiosi; talvolta sobrii come Arabi del deserto, tal'altra intemperanti come {{sic|parasiti}}; audaci e generosi in un'azione, egoisti e vigliacchi in un'altra. Passano dal riso al pianto, dalla gioja più schietta all'ira più forsennata, con la massima rapidità, per modo che in un momento li crederesti deboli donne o fanciulli, in un altro, uomini in tutto il vigore della parola; insomma, la loro indole non saprei in massima definirla altro che con la parola: ''anguilliforme'', poichèpoiché ti guizza, ti scivola così rapidamente da ogni parte che quando credi d'averla afferrata, allora proprio è quando ti scapola e ti lascia con tanto di naso e con le mani in mano. (pp. 19-20)
*Sparito il pretto tipo del [[Lazzari|Lazzaro]], il quale aveva stabilito quasi un costume, nelle sue brachette fino al ginocchio, camicia aperta sul petto, maniche rimboccate e tradizionale ''scazzetta'' in capo, quello de' suoi eredi non ha nulla di uniforme altro che negli strappi e nel sudiciume. Un grosso volume parlerebbe meno del loro abbrutimento, di quel che lo facciano i luridi cenci che questi atleti della miseria hanno il coraggio di portare addosso sorridendo. Una balla da carbone lacera in mano di cotesta gente, parlo sempre dell'infima plebe, con pochi colpi di forbice si trasforma in una comoda sottana per signora; con pochi stracci raccattati fra le immondizie della via e qualche metro di spago di diverse qualità, la madre di famiglia ha trovato stoffa e guarnizione per provvedere di un intero ''tout-de-{{sic|mème}}'' da ogni stagione il marito e i suoi ''guaglioncelli'', che fino ad ora hanno avuto abiti un po' troppo di confidenza: o una sola camicia con poco davanti e meno di dietro, o un abito adamitico addirittura, tranne l'incomodo della foglia. (p. 22)
*Son troppi quelli che abbisognano di lavoro, di fronte al movimento industriale e commerciale del paese, onde molti, lo ripeto, rimangono involontariamente inoperosi; ma quando offriamo loro da lavorare, è un'atroce calunnia, almeno ora, il dire che lo ricusino, perchèperché hanno mangiato. Sono stato troppe volte e sul molo e nei quartieri poveri, dove abbondano gli sdraiati e gli addormentati e troppe volte ho fatto la prova, destandoli e incaricandoli di qualche piccola commissione e qualche volta anche grossa e faticosa, e mai mi son sentito rispondere il famoso ''aggio magnato''. Sorgono in piedi come se scattassero per una molla, si stropicciano gli occhi e per pochi centesimi si mettono alle fatiche più improbe, fanno due chilometri di strada correndo, e ritornano ringraziandovi, domandandovi se comandate altro, e scaricandovi addosso un diluvio di ''eccellenze'' e di ''don'', come se avessero da voi ricevuto il più grosso favore del mondo.<br/>Gli ho osservati nelle loro botteghe, passando per le vie, ed ho visto che lavorano; sono stato a visitare opificj e ne sono uscito con le mie convinzioni più radicate che mai. Non contento de' miei occhi, ne ho domandato ad alcuni direttori di stabilimenti manifatturieri, non napoletani e perciò non pregiudicati, e tutti mi hanno confermato nella mia scismatica opinione. Chi ha gambe venga e chi ha occhi veda, e dopo, se è onesto, dovrà convenire con me che lo sbadiglio lungo, sonoro, spasmodico, che quell'aspetto di prostrazione fisica, che quelle fisonomie assonnate e quasi sofferenti per la noia che s'incontrano specialmente nelle città di secondo ordine delle altre provincie, fra le quali non ultima la nostra leggiadra [[Toscana|Toscanina]], a Napoli non le troverà certamente; e giri, e cerchi, e osservi pure a suo piacere, assolutamente non le troverà. (pp. 27-28)
*Di patria, d'Italia, di nazionalità non occorre parlarne. Essi sono napoletani e basta, ed il resto degl'Italiani, dal lato Nord son Piemontesi, dal lato Sud cafoni e niente altro [...] (p. 35) <ref name=Petrus/>
*Tanti hanno detto di questa terribile associazione e con profonda conoscenza di causa, che io non m'impancherò ora a parlartene. Ti dirò soltanto che da quel tempo in poi la camorra non ha mai cessato di esistere e che non cesserà mai, nonostante le sfuriate di persecuzione che si è preteso farle, finché non sarà affatto scomparsa l'ultima delle cause che le dànno vita.<br/>La plebaglia ne ha paura, ma la rispetta, perché da questa specie di prepotenti che la opprimono, è sicura di esser difesa, quando la prepotenza e l'abuso le cadano addosso da altre parti. In qualche momento potrà anche odiarla, ma la difenderà sempre, riguardandola come la sola, come l'unica autorità, dalla quale possa sperare qualche cosa che somigli alla giustizia, fino a quando non avrà appreso per esperienza e palpato con mano che i tempi e le cose sono cambiati in meglio anche per lei. (pp. 38-39) <ref name=Petrus/>