Sebastiano Arturo Luciani
Sebastiano Arturo Luciani (1884 – 1950), compositore, musicologo e critico cinematografico italiano.
Leggere Dante
modificaSe si facesse il censimento di quanti dantisti laureati hanno letto la Divina Commedia da capo a fondo, senza interruzione, come si legge un romanzo moderno, non sappiamo quanti potrebbero in coscienza rispondere all'appello. Se non fosse così non si sarebbero versati fiumi d'inchiostro per dire tante scempiaggini, attaccandosi ai particolari più insignificanti e trascurando la visione generale del poema.
Perché la Divina Commedia – l'immagine è vecchia, ma in fondo esatta – è come una cattedrale gotica piena di simboli e di rappresentazioni di ogni genere, conchiusi tuttavia in una cornice, che dà una potente unità ai particolari, fino al punto che questi perdono gran parte della loro importanza considerati separatamente. Se l'immagine non piace, si potrà non meno esattamente paragonare il poema alla volta della Sistina in cui nessuno si sognerebbe di considerare separate dal tutto le varie figure. Ora i dantisti hanno fatto proprio così. Hanno costruita una impalcatura e ciascuno si è messo col naso su di un particolare, perdendo di vista l'insieme dell'opera. La conseguenza più grave di tutto questo è che essi impediscono agli altri di vedere. Fuori di metafora, tutti esitano ad accostarsi alla Divina Commedia tanto è spaventosa la mole dei commenti che l'ingombra.
Citazioni
modifica- Il poeta nel significato più alto e più nobile del termine non è un facitore di versi, ma un essere ispirato, un veggente: nelle cui parole non è tanto la rappresentazione delle cose visibili, quanto la rivelazione delle invisibili. Tale, e più di ogni altro, è Dante. Sì che nella sua opera vi sono cose che trascendono la sua stessa scienza e gli insegnamenti particolari della Chiesa cattolica. Non che nella sua dottrina vi sia alcun che di eretico o di eterodosso, come han cercato di sostenere i protestanti, dal Perrot al Rossetti. Nessuno più di lui si è sottomesso, almeno apparentemente, alla somma autorità del Pontefice romano. Ma d'altra parte, per la sua virtù di poeta, egli spesso ha, per così dire, approfondito gli insegnamenti della Chiesa, penetrando nella zona sotterranea, comune a tutte le religioni, in cui si cela la verità suprema. (L'esoterismo della Divina Commedia, pp. 25-26)
- In Dante, come è noto, le anime degli uomini hanno un involucro materiale che nell'Inferno è più o meno saldo, nel Purgatorio diventa meno spesso, nel Paradiso luminoso e trasparente.
Alcuni pensano che a ciò sia stato costretto il Poeta da ragioni di opportunità artistica e trovano quindi una certa incoerenza nella diversa consistenza di questo corpo aereo spesso in uno stesso girone o in una stessa cornice. Ma dimenticano non solo che la poesia è intuizione nel senso più alto della parola, ma che essa è la rivelatrice del mistero, e che ciò che risponde ad una ragione d'arte risponde ad una profonda ragione di vita e di verità. La fluidità e diversità di consistenza che si osservano nelle ombre dantesche sono invece né più né meno le caratteristiche essenziali del corpo astrale, quali sono oggi rilevate sperimentalmente dai moderni studiosi di scienze psichiche. (L'esoterismo della Divina Commedia, pp. 30-31)
Verso una nuova arte il cinematografo
modificaQuando si pensi alla vasta e complessa organizzazione industriale cui ha dato origine l'invenzione del cinematografo, e quando si consideri l'influenza che gli spettacoli cinematografici hanno sul pubblico più esteso e più vario: influenza che assomma quella del teatro e del giornale, si è portati a concludere che il cinematografo sia uno degli elementi essenziali della vita moderna. Non è possibile quindi trascurare di prenderlo in seria considerazione da tutti i punti di vista. Non solo da quello sociale e industriale, ma anche da quello puramente estetico. Il quale non è meno importante.
Citazioni
modifica- Si è discusso molte volte della necessità della musica durante la rappresentazione cinematografica. E non è possibile e non è naturale infatti concepire una visione silenziosa. La musica ha qualche volta una funzione lirica: quella cioè di esprimere lo stato di animo dei personaggi che vediamo proiettati sullo schermo: non dissimile in questo da quella che ha nel teatro lirico o meglio in certe scene mute del teatro lirico. Altre volte non ha altra funzione che quella di offrire una base acustica o meglio di sottolineare l'unità fondamentale, e di scandire ritmicamente la proiezione di un gruppo di scene. La funzione è prevalentemente ritmica in questo caso, e infatti nel cinema si fa largo uso di marcie e di ballabili. Infine altre volte e non raramente, la funzione della musica è semplicemente descrittiva o onomatopeica. Ora ci sembra strano, che mentre, come abbiamo osservato, nei teatri si fa uso di questa musica di rumori, al cinematografo non se ne sia mai tentata l'applicazione. Non si capisce perché il passaggio di un treno debba essere accompagnato da un valzer o da una marcia, e non da appropriati intona rumori; come il panorama di una città all'alba debba essere accompagnato da un elegia sentimentale e non da un concerto di campane lontane, di brusii, rombi ecc. Lo stesso si può dire per un temporale, per il passaggio di un auto[1] e così via. Ed è strano, ripetiamo, che quello che si fa nel teatro non si faccia al cinematografo. Tanto più che è incredibile l'aiuto che una musica di rumori può apportare all'intelligenza di una proiezione. (cap. III, pp. 28-29)
- Tutta l'arte moderna risente di questo male: è ossessionata cioè dalla ricerca del nuovo a qualunque costo. Ma più che in qualsiasi altra manifestazione di arte, questo difetto è sensibile nel cinematografo, in cui il predominio di elementi visibili, e quindi apparentemente esteriori, fa trascurare quelli interiori e lirici, apparentemente inesistenti.
Ora in arte la novità non è nel trovare dei nuovi temi, quanto nello svolgere in modo originale i più comuni, quelli cioè che sono determinati dalle eterne e non numerose situazioni sentimentali in cui può trovarsi l'uomo nella vita. (cap. IV, pp. 30-31)
- Un ingiustificato e mal celato disprezzo circonda ancora oggi l'attore cinematografico. Come il cinema è considerato come un teatro senza parole, così l'attore cinematografico – e questo nel migliore dei casi – come un attore drammatico mancato. Pare a molti che non occorrano doti singolari per posare innanzi alla macchina di presa, che non occorra neppure avere dell'intelligenza, e che basti avere un fisico più o meno piacente e un guardaroba ben fornito. (cap. VI, p. 42)
- [...] nella stessa maniera che all'attore drammatico si deve richiedere una voce che sia non solo di timbro gradevole ma omogenea e di ugual potenza espressiva in tutti i suoi registri, dal secondo [l'attore cinematografico] si deve richiedere una maschera non solo espressiva in sé, ma capace di riflettere senza transizioni brusche, e come per via di modulazioni visive, i sentimenti più opposti
Accade intatti che molte persone abbiano un bel sorriso, ma una sgradevole espressione dolorosa; o che in esse sia duro ed urtante il passaggio da uno stato all'altro. Queste stesse persone possono riuscire bene in una fotografia che non fermi che un istante fuggevole di una data loro espressione, ma riescono male sullo schermo in cui si riproduce il divenire di ciascuna espressione.
Tutta l'arte dell'attore cinematografico, in cui è da notare che contrariamente a quello che accade a teatro, gli elementi visivi restano isolati da quelli fonici, è in questa che possiamo dire «musicalità» di espressione. La quale è dote naturale, che non può essere comunicata da nessuna insegnamento. (cap. VI, p. 43)
- [...] se l'attore drammatico arriva per gradi a rendere una data espressione, quello cinematografico è costretto a renderla più o meno improvvisamente, senza preparazione. Anzi nello spazio di pochi istanti può essere costretto a passare attraverso i sentimenti più lontani.
Da ciò si vede quanta maggiore sensibilità e prontezza si debba richiedere da quest'ultimo, e quale sforzo nervoso debba costare la sua azione scenica, fatta tutta di momenti essenziali e significativi. (cap. VI, p. 44)
L'antiteatro
modificaL'antiteatro è il cinematografo. Vi è ancora chi si ostina a considerare questa nuovissima forma d'arte creata dalla sensibilità moderna come un dramma di cui non si sentono le parole o tutt'al più come una pantomima riprodotta fotograficamente. Ma nulla ci sembra più errato e più superficiale di questa opinione, che ha tanto ritardato lo sviluppo dell'arte cinematografica ed ha impedito finora che potesse sorgere di essa un'estetica vera e propria.
Mille anni di musica
modificaSe noi paragoniamo un pezzo di musica classica, sia questo una fuga di Bach, un concerto di Vivaldi o una sinfonia di Beethoven, con una melodia gregoriana, la più antica musica europea che viva tuttora per virtù della liturgia cattolica, dobbiamo constatare una differenza sostanziale fra le espressioni estreme. Mentre l'una è vocale, l'altra è strumentale; mentre la prima è costituita da una sola linea melodica ed è cantata all'unisono, l'altra è composta di varie melodie e di varî timbri che si intersecano e si sovrappongono. La prima è per così dire a due dimensioni, l'altra a tre.
Note
modifica- ↑ Il termine "auto", come pure "automobile", secondo l'uso dell'epoca, è considerato di genere maschile.
Bibliografia
modifica- S. A. Luciani, L'antiteatro il cinematografo come arte, La Voce anonima editrice, Roma, 1928.
- S. A. Luciani, Leggere Dante. Saggi sulla Divina Commedia, Libreria Internazionale Modernissima, Roma, 1939.
- S. A. Luciani, Mille anni di musica, Editore Ulrico Hoepli, Milano, 19473.
- S. A. Luciani, Verso una nuova arte il cinematografo, Ausonia, Roma, 1920.
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