Paolo Emilio Castagnola

poeta, storico della letteratura e critico letterario italiano

Paolo Emilio Castagnola (1825 – 1898), poeta, storico della letteratura e critico letterario italiano.

Citazioni di Paolo Emilio Castagnola

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  • Il Leopardi stimava, che la vita per sé sola non fosse un bene; unico bene la felicità. E perché la felicità, secondo che egli scrive in più luoghi, non solo non è raggiugnibile, anzi non è dato all'uomo di scampare in veruna guisa, né per verun tempo ancoraché brevissimo, dalle strette del dolore, ne conseguita, che la vita, la quale era per ciò, come a dire, il campo e la materia su cui esercitavisi e regnava esso il dolore, dovesse egli infine venire a giudicarla un male, e che la morte, la quale spegnendo la vita, cessava il dolore, altresì dovesse per necessaria conseguenza stimarla un bene.[1]

Il dramma. Saggi critici

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Il celebre poeta e drammaturgo francese Victor Hugo nella prefazione al suo poema drammatico Cromwel, esponendo i principî, e, a dir così, la teoria della scuola romantica, di cui fecesi antesignano, divise la storia tutta del mondo in tre grandi evi o periodi: l'età primitiva, l'antichità e l'evo moderno; e risolutamente poi sentenziava che a questi tre periodi corrispondono le tre forme o spartizioni massime della poesia, la lirica, l'epica e la drammatica; conchiudendo che la drammatica è la forma più perfetta perché la meno esclusiva, come quella che abbraccia, contiene in sé e ritrae il grottesco e il leggiadro, il male e il bene, il bello e il brutto. Questa rispondenza delle forme della poesia con le età del mondo non è del tutto esatta. Dappoiché nessuno vorrà negare potersi la poesia lirica dir propria di ogni tempo e di ogni luogo, e non che andar cessando, esser fioriti nel secolo passato e nel presente presso tutte le nazioni civili poeti lirici, i quali per molti capi ben possono contendere co' più famosi antichi. E da altra parte è ugualmente noto ad ognuno come, se la drammatica sorse dopo la lirica e l'epica, tuttavia giunse nella stessa antichità a tal grado di altezza e di perfezione da rendere imitabili gli esempi che ce ne rimangono.

Citazioni

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  • Ai dì nostri vuolsi dai più che il fine dell'arte sia il vero, niente altro che il vero o meglio la rappresentazione della realità; e questi si accostano al segno ancor meglio se riguardiamo il principio che proclamano; ma se ne discostano (dico la maggior parte almeno di essi) più di tutti gli altri se guardiamo alla guisa in che si affaticano di attuarlo. Reale infatti non chiamano se non ciò che si riferisce alla materiale esistenza delle cose, alla vita organica, alle sensazioni, agli istinti. Costoro negano la parte più nobile dell'uomo, la vita interiore dello spirito, le facoltà più sublimi dell'animo, quali sono la coscienza e il libero arbitrio. Così proponendosi di rappresentare il vero e niente altro che il vero, non pur lo dimezzano, ma lo sfigurano e lo convertono in falso: credono di rappresentarci l'uomo qual è, e lo tramutano in bruto incapace di governare se stesso, incapace di sentire la dignità della propria natura, incapace di sottrarsi al predominio del senso; e quando veggono qualche eroico atto di virtù, dicono che quel tale si crede operar liberamente, è non è altro che un pazzo invasato da qualche idea fissa; e quando veggono alcun orribile misfatto dicono che quel tal altro non è uno scellerato, ma è costretto a ciò da un istinto cieco, da una forza irresistibile. (Saggio primo, Del dramma in generale, § II, p. 6)
  • Ripensando la storia maravigliosa della Grecia e i gloriosi che eternarono la fama della patria loro, Eschilo ci si dipinge nella fantasia come un esempio mirabile e, sto per dire, come uno di quegli eroi di grandezza sovrumana ch'ei pone su la scena. Era egli di antica stirpe, e per essa unito con sacri legami al più venerando tempio che fosse nella contrada, al tempio d'Eleusi; onde chiama se stesso figlio di Cerere.
    Dal che intendiamo quanto sentisse il pregio di appartenere ad una schiatta sacerdotale, e come gli stesse ferma nel cuore la sua religione, religione che non disgiungeva gli Iddii dalla patria. (Saggio primo, Del dramma in generale, § VI, p. 18)
  • Eschilo è [...] il vero padre della tragedia, perché intuì quello che alla rappresentazione scenica è più essenziale, colse il dramma nel vivo, sentì non essere azione commovente dove non è contrasto, e vide che senza almeno il secondo protagonista, il fecondo germe dell'azione teatrale imbozzacchiva. (Saggio primo, Del dramma in generale, § VI, p. 20)
  • Eschilo, in quanto cittadino, non diversifica punto da Eschilo in quanto poeta; l'opera sua nell'uno e nell'altro carattere mira sempre al medesimo fine. Egli, come Pindaro, fa che gli uditori suoi abbiano aperto l'adito ai più occulti recessi del mito, del quale mette in luce la significazione e la santità morale, rischiarandola colla esperienza attinta nella storia. L'uomo qual'è ritratto da Eschilo nel personaggio simbolico di Prometeo, tenace nella lotta e non dômo dal dolore, superbo pel sentimento di sua potenza, infaticabile nel pensare nuovi trovati, ma proclive anche all'operare inconsulto, alla presunzione e all'orgoglio, ritrae la generazione de' contemporanei suoi, ansiosi di procedere ognor più innanzi senza mai ritrarsi. (Saggio primo, Del dramma in generale, § VII, pp. 22-23)

Citazioni su Paolo Emilio Castagnola

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  • Precursore di Cossa, per la pittura del mondo romano, si volle chiamare Paolo Emilio Castagnola per la sua «commedia togata» Gliceria o Il secolo di Augusto, ma in verità la fredda compostezza di stile del Castagnola non ha nulla a che vedere con l'impeto del verso cossiano. (Cesare Levi)
  1. Da Osservazioni intorno ai pensieri di Giacomo Leopardi, Tipografia del Mediatore diretta da Sciolla Ippolito, Torino, 1863, p. 17.

Bibliografia

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