Laura Cereta

umanista e scrittrice italiana

Laura Cereta (1469 – 1499), umanista e scrittrice italiana.

Citazioni su Laura Cereta

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  • Già fatta grandicella, noi la vediamo coll'animo e colla mente volta ad un corso impreveduto e quasi opposto all'indole giovanile ed al vergine cuore d'una fanciulla più bisognoso di affetti che di pensiero.
    E non era spettacolo frequente neppure al secolo XV l'esempio di una ragazza di quindici anni, che, lasciate da un canto le immagini dorate e il fascino potente della vita novella di cui sembrano circondarsi a quella età le nostre giovinette, medita sulla Bibbia, tormenta l'ingegno nelle matematiche e l'approfonda nei rudimenti della filosofia quale apprendevasi nell'età sua: che in mezzo a ciò, quasi ancor non bastasse all'irrequieto suo spirito, fatta precettrice de' suoi fratellini, sorvegliavane la prima educazione; che solerte, operosa, mettendosi a tutte cose della domestica economia, trovava il tempo al ricamo, vivissima in allora delle sue passioni, e per la quale vegliando le intere notti, come narra di sé, riproduceva coll'ago le ardenti fantasie del suo pensiero.
  • Non è maraviglia se noi la vediamo cimentarsi nelle lettere greche, siccome già possedeva le latine, e con isvariata coltura mettersi agli ardui insegnamenti della giurisprudenza, della storia civile e naturale; e, com'era dell'indole del secolo XV, non le paresse quieto l'animo se non avesse ad un tempo sperimentata l'astronomia. Mirabile vitalità che basta per insegnarci come i tempi combattono talvolta, ma non arrestano gl'ingegni, quando gl'ingegni han risoluto.
  • Sotto forme regolari e un po' severe [dell'immagine di Laura Cereta conservata dai monaci benedettini di Santa Eufemia] traspare una dolce e pensosa malinconia, che molto si addice alla tempera squisita del suo cuore. Pallido è il volto e di bellezza virile; aperta la fronte, quasi greco il profilo, e dalla bruna pupilla risplende un lampo del suo robusto ingegno, una luce serena, ma quasi domata dalie sventure. La nera chioma, divisa in alto da una sottile dirizzatura, scende piana e modesta a contornarle la fronte, ripiegandosi all'orecchio per risalire ad accrescere il volume delle trecce non contenute che da un picciolo nastro, mentre un candido ma semplice collare rovesciandosi all'abbandonata, spicca reciso dalla nera veste fermata al sommo da un cordoncino, sicché non appare discoperto che il ben tornito suo collo. Coll'una mano porge Laura il volume delle sue lettere e sul volume la scritta – EPISTOLÆ FAMILIARES – mentre posa il manco braccio sulle opere di Aristotele, quelle opere fatali che impressionarono di sé con una specie di antagonismo le fantasie lombarde del medio evo. Il quadro ha l'epigrafe: LAURÆ CERETÆ MATRONEÆ BRIX. ERUDITISSIMÆ QVOD RELIQVVM RECOLITUR.

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