Il gabbiano (film 1968)
film del 1968 diretto da Sidney Lumet
Il gabbiano
Titolo originale |
The Sea Gull |
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Lingua originale | inglese |
Paese | Stati Uniti d'America, Regno Unito |
Anno | 1968 |
Genere | drammatico |
Regia | Sidney Lumet |
Sceneggiatura | Moura Budberg |
Produttore | Sidney Lumet |
Interpreti e personaggi | |
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Il gabbiano, film statunitense e britannico del 1968 con James Mason, regia di Sidney Lumet.
Citazioni su Il gabbiano
modifica- Alla fine del XIX secolo, Anton Čechov elevò la sfumatura a forma d’arte. La tecnica spinse uno dei suoi contemporanei a lamentarsi con lui de "Il gabbiano": “Caro mio, non è drammatico.” Il problema paralizzante di questa versione cinematografica della prima opera importante di Čechov è che è troppo drammatica. La narrazione di Čechov è meticolosamente semplice, contenendo, come lui stesso disse, “molte chiacchiere sulla letteratura, poca azione e cinque pod di amore.” Čechov definì Il gabbiano una commedia, ma qualsiasi traccia di arguzia è stata praticamente distrutta dalla tecnica pesante di Lumet. Gli attori recitano come se fossero tutti sull’orlo di un esaurimento nervoso. Ciò che disturba di più è che hanno girato l’intero film in colori pastello morbidi e sfumati, riducendo l’intricata trama drammatica di Čechov alla squallida banalità di una cartolina economica. (Richard Schickel)
- La versione cinematografica di Sidney Lumet de "Il gabbiano" di Čechov è così disomogenea nello stile, nel tono e nelle interpretazioni che a volte sembra che il film si sia auto-sabotato—sebbene non del tutto fatalmente. Lumet non è un regista particolarmente sottile, ma il suo vero risultato qui sembra essere stato ottenere il finanziamento per quello che deve essere apparso come un progetto difficile, e poi assicurarsi un cast di star. Sebbene "Il gabbiano" sia un'opera molto solida, ha una struttura delicata che richiede un'interpretazione corale e una visione costantemente equilibrata da parte del regista, specialmente in un adattamento cinematografico. L'approccio di Lumet a questa trasposizione di Moura Budberg è inesorabilmente diretto. Avanza scena per scena, atto per atto, iniziando sempre con una ripresa panoramica per poi passare a inquadrature individuali sugli attori mentre recitano e reagiscono. Questa tecnica, simile a quella di una soap opera, appiattisce inevitabilmente le sfumature e le pause che conferiscono profondità alle relazioni personali intrecciate. Rende inoltre troppo letterali la noia e la quieta disperazione che dovrebbero aleggiarvi come una nebbia invisibile. A causa della varietà di stili, il film si trasforma in una serie di confronti individuali che sembrano isolati come numeri da spettacolo. Senza l’influenza unificante che avrebbe dovuto essere fornita da Lumet, l’opera si frammenta irrimediabilmente. (Vincent Canby)
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