François-Adolphe Loève-Veimars
scrittore, traduttore, storico e diplomatico francese (1801-1854)
François-Adolphe Loève-Veimars (1801 – 1854), scrittore, traduttore, storico e diplomatico francese.
Storia della letteratura alemanna
modificaI Periodo
modifica- Tra il gran numero di traduzioni delle Scritture e dei Cantici, onde, a un di presso componesi tutta la letteratura di que' tempi, non si può intrattenersi di volo che sul lavoro di Ottfried, Opera della pazienza anziché dell'ingegno, ma nella quale questo monaco si dà a conoscere più versato, che non si fosse allora generalmente, nella poesia e nella lingua nazionale. Scopo della sua opera si é di mettere in consonanza i quattro Evangelisti, intenzione per vero dire eminentemente religiosa, e che richiedeva lunghe ricerche. Spesso i suoi versi altro non sono che prosa rimata, ma si vedon talvolta elevarsi sino all'inspirazione. (I Periodo. Dai tempi più remoti sino al finire del secolo XIII, pp. 17-18)
- Il più antico de' poeti lirici della Svevia pare che fosse Enrico di Weldeck o di Weldig, scrittore dell'Alemagna settentrionale, il quale si die' a conoscere al finire del XII secolo; somma semplicità e brillanti descrizioni della natura ne illustran gli scritti. La sua Eneide, che si risguarda come una imitazione di una traduzione moderna, era tenuta in gran conto a' suoi tempi. (I Periodo. Dai tempi più remoti sino al finire del secolo XIII, pp. 21-22)
II Periodo
modifica- Secondo una vecchia tradizione, i Maestri cantori fan risalire l'origine della loro instituzione, letteraria insieme e musicale, al regno dell'imperatore Ottone I, nel X secolo. È in fatti probabile che dopo l'organizzazione delle società urbane, si formasse una compagnia di cittadini, i quali si unissero per comporre e cantar inni, più confacenti ai gusti popolari, che non gli antichi latini recati in Germania dal clero romano; e che in questo medesimo tempo, in cui le classi inferiori aspiravano a miglior ordine di cose, e soprattutto a maggiore regolarità nelle abitudini sociali, i membri di quella compagnia reputassero acconcio di compilare statuti, a fine di attraversare gli abusi che potessero tra di loro introdursi. E poiché la nobiltà alemanna, la cui superiorità non era ancor contrariata, mescolavasi allora nella città con le ricreazioni del popolo, non ci ha luogo a stupire che signori e cavalieri non isdegnassero di partecipare a cotesta società tutta poetica. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, pp. 57-58)
- Gli sforzi de' sapienti ristauratori delle classiche letterature dell'antichità si volsero, gli è vero, all'arte teatrale; ma che potevano mai le traduzioni di Terenzio e le commedie composte in latino dal famoso Reuchlin per gli avanzamenti di un'arte quasi abbandonata dai poeti della nazione? (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, pp. 82-83)
- Giudicandolo senza prevenzione, Hans Sachs non può esser tale da formar epoca nella storia della poesia alemanna; né il suo gusto o il suo stile si elevano sulle idee e la maniera generale del secolo in cui fiorì; il solo tratto che veramente lo fa emergere da' suoi contemporanei, si è l'eccessiva fertilità del suo ingegno. Del resto, questa soprabbondanza non potrebbe di leggieri stupire, ove si considerasse che le sue poesie altro non sono alla fine che prose rimate, quali componevano allora i Maestri cantori nelle loro scuole; e che la sfera entro la quale il poeta si agita è ben di rado più estesa di quella degli altri versificatori di quell'età, che non erano, al pari di Hans Sachs, che sarti, tessitori e calzolaj. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, p. 90)
- [Hans Sachs] L'aurea mediocritas in cui il poeta trascorrea giorni sì quieti, si manifesta ad ogni pagina de' suoi scritti. Lo si ravvisa sempre pieno di rettitudine e di pietà, di una dolcezza, di una bonarietà ingenita, di un candore impareggiabile; ma indarno si chiederebbero a lui viste estese, pensieri profondi, o quel vivo slancio poetico che nasce all'aspetto di grandi cose della vita. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, pp. 90-91)
- Duole che Ulrico de Hutten non abbia stimato bene giovarsi della lingua sua nazionale per esprimere i concetti eminentemente patrii che scorrevano dalla sua penna. Si hanno di lui alcune versioni dei Dialoghi satirici che pubblicò in latino, e uno strano discorso contro al papa che compose in alemanno-basso. Siffatte opere però hanno poco valore poetico; Hutten, non adusato a stendere i proprj pensieri in questa lingua, si dà a conoscere impacciato dal ritmo e dall'espressione. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, p. 98)
- [Johann Fischart] L'esistenza letteraria di quest'uomo è assai problematica pel numero esorbitante di nomi che gli piacque assumere alternativamente e collocare sul frontespizio delle sue opere. Ora è additato col vero suo nome, ora con quello di Menzer, o del suo anagramma Rezmen, poi sotto a quello di Jesuwalt Pickhart che riprodusse talvolta in greco, Elloposcleros, ecc. ecc. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, pp. 99-100)
- Fischart scrisse in versi un racconto che battezzò col nome di Fortunato Vascello: l'avvenimento che ne ha somministrato il subbietto è celebre negli annali di Zurìgo e di Strasburgo. [...]
Fischart abbellì questa piccola impresa con tutta la semplicità di stile dell'età sua, e regna nel suo poema viva espansione poetica. Egli si estolle egualmente sulla maniera ordinaria della poesia narrativa, allorché dimostra con energia i risultamenti che ottenere si ponno da una volontà ferma e l'influenza che si può esercitare sopra la moltitudine con gli eventi, in apparenza i più frivoli. L'intero poema è ridondante di movimento e di vita. Lette quest'opere si prova un interno rammarico che uno scrittore di simil tempera abbia consumato i proprj giorni a stendere una farragine di lavori prosaici, non ravvisando la vera sua vocazione per innalzarsi a particolarità dilettevoli, siccome quella che pubblicò contro alle donne de' suoi tempi, e contro i due fondatori degli ordini de' mendicanti di s. Domenico e di s. Francesco, ecc. ecc. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, pp. 100-101)
- Verso la seconda parte soltanto del secolo XVI cominciò a farsi sentire l'influenza che Lutero aveva apportato sulla prosa didascalica; tutti i begli ingegni per altro dell'Alemagna erano allora attuffati nelle controversie teologiche; per cui il satirico Fischart è il solo scrittore che abbia prodotto un'opera in prosa monda delle materie religiose che allor si agitavano. Ma Fischart non poteva scrivere senza ironia, senza sarcasmi, e invano egli si sforza, nel suo Piccolo libro filosofico sul Matrimonio di discutere seriamente su quest'importante suggetto. Lo stile è tutta energia, ed è notabile per la sua lindezza; i censori alemanni convengono in generale nel collocare il trattato di Fischart vicino a quello di Alberto de Eybe, col quale presenta qualche analogia. (II Periodo. Dalla fine del secolo XIII al cominciamento del XVII, p. 118)
III Periodo
modifica- [Melisso] [...] era uomo di estesissima erudizione, che ottenne l'onore d'essere coronato a Vienna come poeta latino, in età di ventidue anni, e a cui il proprio merito procacciò lettere di nobiltà. Datosi a militare, sotto le insegne imperiali in Ungheria, viaggiò in Francia e in Italia, donde arrecò, fra gli altri titoli d'onore, quello di cittadino, romano. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 143)
- Melisso fu poeta sontuoso, magnifico, (siccome ne attestano le circostanze della sita vita) e tenuto a maestro nell'arte di compor versi latini; ma egli stesso non seppe conoscere la qualità, de' suoi talenti, imperocché si occupò di continuo, e quasi esclusivamente, a scrivere odi e capitoli a sperticata lode dei grandi dell'età sua, e in particolare ad encomio, della regina Elisabetta d'Inghilterra, cui consacrò la sua musa. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 143)
- [Melisso] Le migliori sue composizioni latine sono elegie e brevi poemi erotici di genere lirico; ma ciò onde dubbiamo essergli soprattutto buon grado, gli è di non aver esso trasandato la patria favella, e di aver anzi procurato di renderla più doviziosa di belle classiche forme, spargendovi a larga mano le veneri dell'elocuzione che lo studio degli antichi fatte gli avea famigliari. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, pp. 143-144)
- [Georg Rodolf Weckherlin] Quest'alemanno fu senza dubbio poeta di merito pellegrino, e trasfuse nei suoi lavori i forti pensamenti di un riformatore; ma obliò, o non conobbe, il carattere nazionale; e gli sforzi di lui si restrinsero ad alcune innovazioni più ardite che giudiziose. È tuttavolta d'uopo avvertire che egli cercò di perfezionarsi piuttosto sul genere delle poesie francesi, che sui modelli classici della propria nazione, (che avea però studiato con frutto) o sui poeti dell'Inghilterra fra i quali trascorse gran parte della sua vita. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 146)
- Lo stile di Weckherlin è vigoroso, pieno di vita e di una precisione straordinaria; ebbe a mira ciò non pertanto di brillare con sinuosità ed allusioni, anziché con un piano ben regolato de' suoi subbietti. Del resto, questo poeta avea concepito del gran mondo, come egli lo appella, un'opinione siffattamente esagerata, che essa dovette di mestieri operare in modo spiacevole sul carattere delle sue rime. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 146)
- [Jacob Balde] [...] egli affidò alle più belle odi latine della moderna letteratura le maschie e nobili inspirazioni della sua fantasia. Quanto un uomo di tal tempera e di tanto ingegno avrebbe potuto fare per la letteratura nazionale, fu dimostrato a bastanza da Herder, che tradusse in versi alemanni le sue canzoni latine. Vero è che Bald compose alcuni frammenti nella nativa favella, ma simile alla più parte de' celebri scrittori latini del nostro secolo, mostrossi inetto a trattare l'idioma volgare. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 149)
- Bald era cattolico-romano e gesuita; non poté a meno per conseguenza di addebitare ai protestanti tutti i mali che l'affliggevano. Ma sarebbe un mostrarsi parziale al pari di lui, se attribuir si volesse al cattolicismo il suo slontanamento dalla poesia alemanna; giacché un altra gesuita [Friedrich Spee], contemporaneo di Bald, si pone da sé stesso tra i migliori poeti nazionali di quell'età. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 149)
- L'intiera Alemagna risuona ancora delle lodi di lui, e dieci edizioni delle sue poesie furono smaltite innanzi la fine del secolo XVII.
Opitz non era tuttavia gran poeta. In epoca più favorevole alle muse germane, forse sarebbesi perduto tra la folla; ma egli era precisamente l'uomo necessario a quell'età, e potea dare al suo secolo, non già tuttociò che mancavagli, ma quanto meglio potea convenirgli nelle circostanze ammesse. Esso inventava poco, e gli si chiederebbero pur vanamente pensieri nuovi o profondi su la sua arte e su la vita in generale. Ma, come fu già notato, il pubblico dell'Alemagna non era maturo a bastanza per apprezzare l'ingegno, come l'Italia ammiravalo in un Alighieri, un Tasso, un Ariosto, o l'Inghilterra in uno Spencer, in un Shakspeare; quel pubblico avea d'uopo di un uomo che perfezionasse tanto l'idioma da indurre gli scienziati latinanti a ristarsi alfine dallo sprezzarlo, e tale appunto era Opitz. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, pp. 154-155)
- Opitz era uomo spregiudicato, in niun conto pedante; visse vicino ai grandi, si meritò la loro amicizia, la loro stima, e tutte queste circostanze non potevano essere indifferenti agli occhi del pubblico di quel secolo, e particolarmente dell'Alemagna. Egli giovossi della propria preponderanza e del proprio gusto per creare la lingua poetica moderna; un piccolissimo numero di motti soltanto ch'esso adopera nei suoi versi è ormai disusato e volgare. La purità dell'idioma si è quanto gli stava più a cuore; il suo eloquio accoppia in fatti a somma regolarità grammaticale straordinaria precisione; le sue gradazioni variano all'infinito; nulla ci ha di affettato nelle sue opere, e non pertanto tutto vi è detto con un'arte poco comune. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, pp. 155-156)
- Il carattere distintivo delle poesie di Flemming risiede nel calore e nell'estro. Puossi tuttavia scorgere nelle sue opere il buono e cattivo effetto risultante dall'esempio che avea dato Opitz. Lo stile e la locuzione sono totalmente copiati dal maestro; e gli è certo che se le forme dell'espressione guadagnarono in questo studio, il sentimento poetico dovette di necessità perdervi qualche cosa. Un altro difetto pur anche avvertito negli scritti di Flemming consiste nella imitazione dei concetti italiani, dei quali Marini e Achillini avevano disseminato il gusto sino in Francia e in Alemagna. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 159)
- Le odi, i sonetti di Flemming respirano, pari a tutte le sue produzioni, l'amore di patria e rivelano l'anima la più pura. Cotesto giovane, rapito anzi tempo al culto delle muse, prometteva all'Alemagna uno scrittore, il quale illuminato dall'esperienza e da più maturo discernimento, sarebbesi sicuramente allogato tra i primi lirici del settentrione. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, pp. 159-160)
- Volendo pesare rettoricamente il valore poetico delle opere di Lohenstein, si sarebbe di leggieri condotti a collocarlo al disotto di Hoffmannwaldau, di cui aggrandì i difetti. È però facile l'avvedersi che l'allievo abbondava di immaginativa più del maestro; e che i pensieri che germinavano pieni di forza in quest'ingegno, non uscivano (colpa delle impressioni pregiudiciali della scuola) che rivestite di scorza sentimentale dal vate di Breslaw. Nato in tempi migliori, e cresciuto sotto migliore influenza, Lohenstein potea diventare uno de' poeti più celebri dell'Alemagna. (III Periodo. Dai primi anni del secolo XVII sino alla meta del XVIII, p. 178)
IV Periodo
modifica- [Johann Christoph Gottsched] Nominato [...] professore di poesia e di filosofia a Lipsia, trovossi, per l'influenza delle sue dottrine e per quella non meno delle sue opere, capo di una scuola che risguardava come oracoli le sue opinioni, e che seguía religiosamente la sua parola [...]. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, p. 204)
- Considerato come poeta, Gottsched merita appena dì essere nominato. Una triste fecondità gli tenea luogo d'immaginazione; e tutte le poesie che scorrono labili dalla sua penna e che consistono in odi, epistole ed elegie, non presentano che il merito ben fiacco di somma giustezza di stile e di facile versificare. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, pp. 204-205)
- [Gottsched] Le sue tragedie sono misere imitazioni di quelle di Corneille e di Racine. Persuaso che il gusto francese fosse interamente fondato su quello dei capi d'opera classici della Grecia e dell'Italia (ciocché alcuni critici poco avvertiti osano sostenere anche oggidì), Gottsched preoccupato a favore dell'antica esattezza, traducea senza posa le più rimarchevoli composizioni francesi, sinceramente opinando d'introdurre per tal maniera nella sua patria l'amore delle antiche letterature. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, p. 205)
- Fra tutte le poesie di Bodmer, la sola Noechiade conservò qualche nome, avvegnaché quest'opera non annunzi in verun modo un poeta, e sembri il frutto di un ingegno metodico anziché dell'ardente immaginativa che distingue i cari alle muse. Le bellezze, ond'é seminato questo poema sono tolte in generale a Milton e a Klopstock; e la scelta medesima del subbietto indica un uomo che non era chiamato a superare le difficoltà della poesia epica. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, p. 208)
- Nei primi canti della sua epopea [la Noechiade], il poeta [Bodmer] ci dispone al grande avvenimento del diluvio, e questa lunghissima mossa non comprende che descrizioni e confronti, con troppa frequenza ripetuti, tra le costumanze patriarcali della famiglia di Noè e i misfatti dell'umana stirpe condannata dal suo Creatore all'esterminio. I versi coi quali ci sono dipinti i terribili effetti dell'escrescenza dell'acque sono pieni di forza e di verità ma la semplicità della descrizione degli animali chiusi nell'arca si avvicina di molto al ridicolo. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, p. 208)
- Quanto alla purità della lingua, dello stile e del versificare, Bodmer é infinitamente inferiore a Gottsched. I suoi scritti poetici e critici formicano di scorrezioni, di giri viziosi, di elvezianismo[1]. I suoi tentativi per riformare l'ortografia alemanna sostituendo la lettera y all'u (ammessa da gran tempo dai Danesi e dagli Svedesi), e le sue prove per surrogare l'alfabeto latino al germanico, furono nell'Alemagna assai male accolte. Con tutte le sue imperfezioni per altro, e i suoi difetti, Bodmer ha reso grandi servigi alla patria letteratura, grazie alla vivezza de' suoi sentimenti e alla perseveranza con la quale rigettò i falsi principi di Gottsched e della sua scuola. I suoi sforzi non tornarono vani, e l'Alemagna gli è probabilmente debitrice del rinascimento della sua vecchia poesia romantica. (IV Periodo. Stato delle lettere alemanne alla metà del secolo XVIII, pp. 208-209)
V Periodo
modifica- Schiller era il poeta per eccellenza virtuoso; non fu mai suo scopo, come puossi dire di Goèthe, di pingere le costumanze, i pregiudizj di un'epoca; esso voleva scendere nel cuore umano, pingerlo nella speranza di una vita migliore, e mostrare in tutta la sua sublimità l'anima elevata dai sentimenti di religione. Alla face di questi medesimi sentimenti egli alternamente delinea la lotta della libertà con la necessità, della ragione con le umane passioni, e i conflitti dell'uomo col proprio destino. (V Periodo. Delle lettere nell'Alemagna dagli ultimi anni del secolo XVIII sino ai nostri giorni. p. 286)
- Questa tragedia [il Don Carlos] è la prima che Schiller scrivesse in verso jambico, ritmo che permette di adoperare le forme del conversare nella poesia, senza toglierle punto della sua dignità. Fu parimente la prima incursione del poeta nel terren della storia; egli vi seminò tutte le dovizie della sua imaginativa. L'amore segreto della giovane regina pel figlio del suo sposo, la passione fervente dell'infante per la matrigna, la malinconica tenerezza di lui pel suo amico Posa, la tirannia sospettosa, l'atra gelosia di Filippo II, tutte le occulte passioni che dividono la famiglia reale, animano vivamente la dipintura delle prime sedizioni de' Paesi-Bassi, dei progressi della riforma, e dell'imperio dell'inquisizione su la Spagna. All'interesse drammatico aggiugnesi il magico colorito dello stile con cui Schiller ha imbellito la sua tragedia. (V Periodo. Delle lettere nell'Alemagna dagli ultimi anni del secolo XVIII sino ai nostri giorni. p. 287)
- Non puossi negare che Schiller sia stato, nei primi suoi anni, imitatore poco avvertito di Goèthe, e che il suo Wallenstein, che è uno de' suoi drammi storici più veri e più semplici insieme, sia scritto sotto l'inspirazione dell'illustre suo amico. Maria Stuart e Guglielmo Tell si risentono pure dell'ascendente del patriarca delle lettere alemanne; ma Schiller, se non fosse stato rapito quando l'immenso suo ingegno cominciava a dare i frutti della maturità, avrebbe forse un giorno parlato più vivamente del suo felice rivale al cuore del popolo. (V Periodo. Delle lettere nell'Alemagna dagli ultimi anni del secolo XVIII sino ai nostri giorni. p. 289)
- [Schiller] Ogni sua opera sempreppiù raccostavalo alla verità; e la malinconia che eragli naturale e che spandevasi ne' suoi scritti, mostravasi [...] in maggiore accordo coi sentimenti dei suoi compatrioti scontenti del presente e inquieti sull'avvenire, che non l'umore di Goèthe, il quale affettava sovente il più profondo disprezzo verso la moltitudine e le sue pretensioni. (V Periodo. Delle lettere nell'Alemagna dagli ultimi anni del secolo XVIII sino ai nostri giorni. pp. 289-290)
Note
modifica- ↑ Da "Elvezia", antico toponimo della Svizzera.
Bibliografia
modifica- A. Loève-Veimars, Storia della letteratura alemanna, traduzione italiana di Antonio Piazza, per Nicolò Bettoni, Brescia, 1829.
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