Dante Giacosa

ingegnere e designer italiano (1905-1996)

Dante Giacosa (1905 – 1996), ingegnere e designer italiano.

Dante Giacosa (1966)

Citazioni di Dante Giacosa

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  • Dirigere gli uffici tecnici non significava per me semplicemente fare il direttore, ma sviluppare in proporzioni di gran lunga maggiori il "mio" lavoro: ideare, pensare a tutta l'attività che è peculiare del progetto. Significava esaminare ogni giorno sui tavoli da disegno il progredire degli studi e il graduale definirsi del nuovo modello di vettura, autocarro o autobus o altro veicolo, così come lo avevo immaginato [...]. Progettare è anche valutare le difficoltà, individuare i problemi essenziali, ricercarne le diverse soluzioni possibili e selezionare quelle che appaiono in grado di risolverli nel modo più semplice e completo.[1]
  • [Nel 1982] Fra le cose illogiche c'è l'elevato numero di comandi per chi siede al volante. Non si deve giudicare un veicolo dal numero degli accessori. Purtroppo sono gli uomini del Marketing e dei servizi commerciali a decidere.[2]
  • [Nel 1978] Il calcolatore elettronico restringe la creatività del progettista. E le auto sono tutte simili e non solo nella linea. L'intuizione può portare a risultati interessanti, che il computer è in grado di verificare velocemente, ma non di anticipare.[2]
  • [Sulla Fiat 500 "Topolino"] Il grande successo della Balilla stava a dimostrare che era necessario dare agli italiani l'automobile [...]. La gente desiderava l'automobile e per accontentarla era indispensabile che esistesse un'automobile a basso prezzo, evidentemente. Per questo il senatore Agnelli ci chiese di fare un'automobile che costasse 5.000 lire – in definitiva poi costò di più [...], venne a costare quasi 9.000 lire [...]. A quel tempo io ero nell'ufficio motore d'aviazione [...] e l'ingegner Fessia mi chiese se mi sentivo di disegnare un'automobile: [...] io accettai questa proposta con molto entusiasmo, anche se fino ad allora avevo disegnato dei motori d'aviazione, dei veicoli militari e altre cose del genere. [...] dovevamo fare una vera vettura, che soddisfacesse ai gusti [...], alle esigenze degli italiani, e doveva costare poco: il problema non era facile. Feci una quantità di schizzi e di proposte, di soluzioni meccaniche, tutte molto semplici, e scegliemmo – con mia soddisfazione – la soluzione col motore di sbalzo, cioè davanti all'asse delle ruote anteriori. Fino ad allora i motori in genere erano dietro all'assale, con questa soluzione ha permesso di dare alla vettura una forma che per la Fiat era importante, era la forma della [...] 1500, con un cofano cadente che era di moda. La vettura era corta e quindi bisognava dare dello spazio all'interno: l'aver messo il motore di sbalzo rispetto alla ruota anteriore ha permesso di ottenere questa abitabilità. (min. 02:21-04:59)[3]
  • [Sulla Fiat 500 "Topolino"] Il prototipo venne fatto rapidamente [...] al Lingotto e la prima uscita avvenne il 7 di ottobre del 1934. [...] facemmo come primo percorso di prova un percorso abbastanza severo, Torino-Biella-Ivrea-La Serra-Andrate, una strada molto brutta, ghiaiata [...]. Tornammo soddisfatti. La soddisfazione fu generale [...] perché anche il senatore Agnelli, che seguiva da vicino tutte le nostre prove in ogni dettaglio, dimostrò la sua soddisfazione con una frase che ricordiamo [...], disse: "Ebbene, scendiamo in vettura", questo per mettere in evidenza che [...] era finalmente una vettura bassa in confronto alle vecchie vetture alte per le quali si diceva "salire" in vettura. (min. 04:59-06:00)[3]

I miei 40 anni di progettazione alla Fiat

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  • La sua storia [...] tocca tutte le strade del mondo. Alla Fiat l'Italia deve buona parte del suo progresso tecnologi­co e della stessa evoluzione sociale. (cap. I, p. 9)
  • L'auto come macchina ideata dall'uomo per spostarsi più rapidamente si è tanto perfezionata da trasformarsi in una casa mobile. Il progettista di automobili è para­gonabile a un architetto. È quindi naturale che in fatto di automobili si parli spesso di estetica e di stile. [...] Lo stile è per l'automobile un mezzo efficace per suscitare secondo la moda una reazione estetica favorevole in un contesto di concorrenza commerciale. Un'auto­mobile può anche essere brutta, ma esteticamente valida nel momento in cui vie­ne presentata al pubblico e lanciata sul mercato. La sua vita non sarà però di lunga durata, perché la reazione estetica cambia nel tempo. Molti ricorderanno le grosse vetture americane del 1960 che si ornavano di grandi pinne sui parafanghi poste­riori, tanto brutte quanto inutili, caricature di ispirazione aeronautica, espressione di una estetica decadente. Ancora oggi c'è chi ha gusto per il rombo provocato dallo scarico dei motori, e chi si entusiasma per forme da fantascienza, ma si tratta di reazioni estetiche di breve durata. Solo la bellezza è immutabile. [...] Nell'automobile come in tutte le opere dell'ingegneria e della scienza la si ottiene con l'ostinato perfezionamento di ogni parte, armonicamente con il tutto, secondo il principio supremo dell'economia. Economia come scienza, come arte di giusta distribuzione delle parti nel tutto, del giusto rapporto fra i valori energetici come fra i valori intrinseci ed estetici. (cap. I, pp. 10-11)
  • [Sulla Fiat 500 "Topolino"] Non prendemmo in considerazione la trasmissione anteriore. Credo che questo atteggiamento fosse conseguenza del desiderio, per non dire della necessità, di non trovarci in contrasto con la decisa opposizione del senatore Agnelli. Troppo vivo era il ricordo dell'insuccesso di una vetturetta sperimentale a trazione anteriore costrui­ta alcuni anni prima, e di un malaugurato incidente avvenuto durante una prova cui partecipava come passeggero lo stesso Senatore. L'avvenimento fu all'origine di una vera e propria avversione per la trazione anteriore, che durò a lungo e richiese da parte mia e dei miei collaboratori una paziente opera di persuasione per far mettere in produzione la prima vettura a trazione anteriore, quasi trent'anni dopo. [...] Così [...] fu saggiamente deciso di adottare uno schema di trasmissione di tipo tradizionale, con un motore a quattro cilindri raffreddato ad acqua. A me spettava il compito di disegnare la vetturetta in modo che fosse comoda, funzionale e sicura e che il suo costo di fabbricazione fosse minimo. [...] La semplicità era la pietra di paragone: semplicità e basso costo. (cap. III, pp. 33-35)
  • [Sulla Fiat 1500 (1935)] [...] vettura nuovissima con motore a sei cilin­dri a valvole in testa, con sospensione anteriore a ruote indipendenti tipo Dubonnet, e un telaio a X di disegno molto sofisticato. La carrozzeria era in lamiera con una ossatura in legno che rendeva la vettura silenziosa e piacevole. Ebbe molto succes­so per la sua linea gradevole, per la silenziosità, il buon molleggio, e mise in crisi i modelli di cilindrata superiore che la stessa Fiat costruiva. Negli anni successivi la 1500 subì [...] una evoluzione che la rese capace di soddisfare le richieste della clientela italiana fino al 1948. (cap. IV, pp. 47-48)
  • Ho sempre avuto una predilezione per la vettura piccola. Fin dalla più tenera età, navigando la famiglia in ristrettezze economiche, ero stato educato alle più rigide economie, e avevo imparato a non sprecare nulla e a conserva­re il più a lungo possibile le cose che mi servivano: abiti, libri, oggetti. Mia madre mi aveva insegnato a utilizzare anche le cose che sembravano ormai da buttare, ed era per me diventato un gioco divertente immaginare la trasformazione di vestiti, utensi­li, o altro, per poterli ancora usare in qualche modo. La mia attenzione alla soluzione dei problemi tenendo sempre presente l'aspetto economico mi è stata di grande aiuto nella carriera di progettista. Non mi sono mai stancato di rifare o far rifare il disegno di un meccanismo ogni volta che mi è accaduto di intuire la possibilità di una sia pur piccola riduzione di costo. Quante volte ho fatto riprendere da capo uno studio per ridurre il numero delle parti, magari per risparmiare una vite! [...] La semplicità è compagna della bellezza ed è quasi sempre sinonimo di basso costo di fabbricazione. [...] Prediligevo dunque la vettura piccola ed economica che potesse essere acquistata dal maggior numero possibile di persone, la vetturetta da usare per recarsi al posto di lavoro e per le gite della domenica, e da parcheggiare in piccolo spazio. (cap. V, p. 71)
  • [Sulla Cisitalia D46] Disegnando lo chassis mi venne spontanea l'idea di costruire il telaio in tubi. Pia­cerà a Dusio – pensavo – che costruisce nella sua officina le biciclette Beltrame. Con il telaio formato di tubi sottili disposti in posizioni accuratamente studiate risolvevo diversi problemi: ingombro mini­mo, grande rigidezza a flessione e a torsione, leggerezza, facilità di lavorazione per le mae­stranze della Cisitalia esperte nella saldatura dei tubi. La carrozzeria in lamiera di allumi­nio, un semplice rivestimento a protezione del pilota e delle parti meccaniche più esposte, non avrebbe avuto alcuna altra funzione oltre quella di resistere all'azione dell'aria. Il telaio in tubi è una soluzione valida anco­ra oggi per le vetture da corsa. Ma a quel tem­po fu ragione di commenti e anche di stupore. Quando le piccole monoposto Cisitalia furono raccolte nel cortile del palazzo del Valentino, in attesa del segnale per recarsi alla linea di par­tenza della prima corsa, il mio amico Massimi­no, ex collega disegnatore nell'Ufficio motori avio Fiat [...], avvicinan­dosi col fare sornione che gli era abituale, mi disse in dialetto piemontese: "Ngegné! Che curage! (Ingegnere! Che coraggio!) ... quel telaio in tubi!". (cap. VII, pp. 88-89)
  • [Sulla Cisitalia D46] Per un tocco di civetteria estetica avevo previsto di nascondere gli organi della sospensione anteriore con due carenature, come due piccole ali sovrapposte. [...] ne costruii io stesso, con fogli di cartone, un modello che applicai alla vettura. Le carenature non erano né utili, né pratiche per la corsa, anzi erano una complicazione inutile e un inutile peso aggiunto, ma acquetavano le mie aspirazioni estetiche. (cap. VII, p. 93)
  • [Sulla Cisitalia D46] Alla fine del mese di agosto [1946], sette vetture erano pronte per la corsa che doveva svol­gersi al Valentino, il parco di Torino sulla riva sinistra del Po. [...] Era la prima corsa su circuito chiuso in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Ventisei erano le vetture che partecipavano per contendersi la Coppa Brezzi. Le [...] Cisitalia erano pilotate da Piero Taruffi, Raymond Sommer, Tazio Nuvo­lari, Franco Cortese, Louis Chiron, Clemente Biondetti e Piero Dusio. [...] dominarono per tutta la corsa [...]. Purtroppo Nuvolari [...] dovette presto ritirarsi. Ne fui desolato, sentendomi in parte colpevole. Disegnan­do il telaio avevo lasciato fra i tubi laterali lo spazio di appena 45 cm per il pilota. Il volante [...], che aveva un diametro molto maggiore di quelli usati oggi sulle monoposto [...], rendeva [...] difficile infilarsi nel posto di guida a un pilota che non fosse [...] sottile e agile. Io consideravo importan­te per la sicurezza e la praticità che il pilota potesse rapidamente infilarsi o balzar fuori dalla vettura e perciò avevo voluto rendere il volante ribaltabile verso l'avanti o sfilabile dal piantone [...]. Evidentemente Nuvolari [...] non si era assicurato che il volante fosse bloccato nella sua sede. Bastarono poche curve fatte con [...] violenza [...] perché [...] si staccasse [...]. Nuvolari, liberatosi di quell'oggetto diventato inutile, continuò a guidare aggrappato al piantone manovrando con la corta leva alla quale il volante avrebbe dovuto essere fissato. Dopo qualche giro, fra la delusione generale, [...] dovette abbandonare la corsa. Vinse [...] Dusio seguito da [...] Cortese e [...] Chiron. La Cisitalia ebbe così un successo trionfale di cui parlarono tutti i giornali del mondo. (cap. VII, pp. 95-96)
  • Il progetto non è cosa che nasce dal­la mente del progettista come Ate­na è scaturita dal cervello di Giove. Il progettista è una pedina nel grande gioco dell'evoluzione scientifica e tec­nica che determina il progresso. Le sue idee non sorgono dal nulla; si allacciano sempre a studi, o progetti, o realizza­zioni compiute in precedenza da altri, o da lui stesso. Perciò ogni nuovo model­lo racchiude in sé qualcosa di affine, o comune, a modelli precedenti. Li colle­ga un filo talvolta tanto esile da essere impercettibile, talvolta molto evidente. (cap. X, p. 125)
  • Nel sole, in una stupenda limpidissima atmosfera primaverile, New York era meravigliosamente bella. Struggente il contrasto con [...] la triste miseria delle città colpite dalla guerra. Sbarcato, avevo qualche ora a mia disposizione [...]. Depositai le due valigie alla stazione Grand Central brulicante di folla in movimento che pestava con stupefacente indifferenza lunghi mozziconi di sigarette, mentre in Italia si raccoglievano le rare microscopiche cicche per ricuperare anche le briciole di tabacco. [...] mi avviai, eufori­co, leggero, verso la Quarantaduesima strada con il naso verso l'alto dei grattacieli splendidi di vetri rilucenti al sole. Quando mi trovai di fronte alla monumentale Public Library [...] salii quasi senza rendermene conto i gradini di una delle quattro grandi scale di pietra che portano alle entrate [...]. Mi trovai improvvisamente nella penombra oscura, silenziosa, dell'enorme atrio deserto. Intorno si dipartivano numerosi corridoi che sull'alto del loro ingresso portavano una scritta. Entrai in uno di questi. Forse sul portale avevo letto "motori a combustione interna" [...]. Questi corridoi corrono lunghissimi fra pareti di armadi classificatori metallici, che contengono colonne di cassetti, ciascuno di questi con una targa che indica l'argo­mento cui si riferiscono le schede che vi sono contenute. A metà corridoio mi fermai. Tirai verso di me il cassetto che mi stava di fronte. Feci scorrere il pollice sulle schede che, disposte verticalmente, riempivano il cas­setto e la lunga fila si aprì come per incanto. Sulla scheda rimasta scoperta fra i due gruppi separati lessi: Giacosa, Motori Endotermici. La sorpresa, quasi uno sgomento, fu tale che non lessi oltre. Chiusi di colpo il cassetto e [...] cercai intimidito un'uscita. Mi ritrovai nuovamente nel bagliore del sole riflesso dai grattacieli. Camminavo leggero e felice nella folla che gremiva i marcia­piedi della Quinta strada. Gli americani conoscevano il mio libro. (cap. X, pp. 129-130)
  • Presentata al Salone di Ginevra del 1950, la 1400 ebbe un grande successo. [...] La silenziosità e fluidità del moto, l'ottima tenuta di strada, la guida piacevole e sicura, la confortevolezza avevano raggiunto nella 1400 un livello sconosciuto alle altre vetture europee di ugual cilindrata e tutti lo riconobbero. I commenti dei gior­nali furono entusiastici [...]. In una intervista alla radio dissi che una delle qualità della 1400 era "l'esser molto grande dentro e piccola fuori", frase che fu poi usata da altri per vetture utilitarie nate molti anni dopo. La 1400 fu la prima vettura Fiat a carrozzeria portante messa in produzione e ser­vì a dimostrare come fosse possibile, anche senza il telaio, costruire in grande serie, economicamente, una vettura silenziosa e robusta. Avevo iniziato la campagna per la carrozzeria portante [...] nel 1936, quando la Lancia produceva i suoi modelli a cassa portante da parecchi anni, e riuscimmo a vederla in produzione solo nel 1950. Tanto era alla Fiat il tenace rispetto della tradizione, e grande il timore di sbagliare. (cap. X, pp. 140-141)
  • L'Autorità Militare, così era uso chiamare il gruppo di alti ufficiali della Direzione motorizzazione del ministero della Difesa, si interessava agli sviluppi dei nuovi mezzi di trasporto e chiedeva quali fossero le nostre idee sulla sostituzione delle vecchie vet­ture militari [...]. Ero preparato a questa richiesta, poiché da tempo avevo fatto iniziare il progetto di vetture a quattro ruote motrici, concepite in modo da utilizzare per quanto possibile gruppi meccanici di vetture in produzione. [...] Il generale Saroldi, direttore della Motorizzazione, venne a Torino e, in un colloquio non ufficiale, riferì che al ministero della Difesa si pensava a una Jeep di costruzione italiana. Quando seppe del progetto che stavamo sviluppando, si disse soddisfatto poiché corrispondeva con molta approssimazione al capitolato tecnico militare. Il progetto, chiamato "1101", fu eseguito con grande rapidità da pochi abili dise­gnatori. Poiché in quel periodo di agitazioni politiche temevamo che gli operai potes­sero opporsi alla costruzione di una vettura militare, raccomandai ai disegnatori di parlarne come di un veicolo destinato all'agricoltura. Ricordando una canzonetta molto in voga "Oh campagnola bella..." dissi: la chiameremo Campagnola, niente Jeep. (cap. XI, pp. 146-147)
  • [...] mi torna alla memoria una disputa avuta con un notissimo progettista e costruttore americano di quel tempo, Mr. Fageol. All'origine fu una visita fatta nel 1947 al suo stabilimento Twin Coach a Kent [...]. L'autobus Twin Coach era un magnifico veicolo, modernissimo, costruito in leghe di alluminio, con sospensioni pneumatiche e un motore a benzina piatto disposto al centro. Vedendo la testata del motore feci notare [...] come la camera di combustione fosse uguale a quella del nostro 1100. Mr. Fageol, che ci accompagnava, con malcelato disappunto notò il nostro indu­giare su quel dettaglio e, puntiglioso qual era, non lo dimenticò. A un anno e più dalla nostra visita, ricevemmo una sua lettera con la quale egli diffidava la Fiat dall'esportare negli Stati Uniti vetture con motori 1100 perché la camera di combustione era da lui brevettata. Per dimostrargli che alla Fiat quel tipo di camera era costruito fin dal 1934, gli inviammo disegni, fogli pubblicitari e rivi­ste. Ma non bastò. Si doveva dimostrare che quel disegno era noto negli Stati Uniti prima della data in cui gli era stato concesso il brevetto. Dopo molte ricerche venne rintracciata fra i collezionisti di vecchie macchine una 508 CS spider (la Balilla "Coppa d'Oro") e finalmente la controversia ebbe termine. (cap. XI, pp. 157-158)
  • [Sulla Fiat 600] [...] solo con la trazione anteriore o col motore posteriore sareb­be stato possibile sistemare in modo appena accettabile quattro persone in una vet­tura di dimensioni uguali o possibilmente inferiori a quelle della Topolino. Solo a tale condizione il peso e il costo della vettura sarebbero stati inferiori a quelli della 500 e le caratteristiche superiori. [...] Nel Laboratorio modelli, all'ultimo piano della "palazzina" di Mirafiori, feci eseguire prima di tutto il manichino di abitabilità, per sistemare nel migliore dei modi il volan­te e i comandi e dare alle porte le dimensioni che consentissero la massima facilità di entrata e di uscita. Con le mie lunghe gambe mi era facile dimostrare [...] come si doveva ritagliare nella fiancata il vano della porta e il passaggio per i piedi e dare la giusta posizione ai pedali nell'esiguo spazio disponibile. [...] Stabilite le dimensioni dell'abitacolo, proseguimmo [...] a modellare la forma. [...] feci progressivamente sparire gli spigoli lavorando io stesso di raspa e di lima alla ricerca della massima compattezza in linee curve che riducessero quanto più possibile lo sviluppo della lamiera e quindi il peso. [...] Fu in definitiva la valutazione del costo a farmi scegliere la disposizione "tutto dietro". La "tutto avanti", attraente per i vantaggi di ordine tecnico che [...] presenta, ma soprattutto per lo spazio consentito alla carrozzeria, risulta­va, per una vettura economica avente le dimensioni da noi stabilite, di costruzione nettamente più cara [...]. A quel tempo il costo e quindi il peso del materiale impiegato nella costruzione incidevano in misura preponderante sul costo totale, perciò la vettura col motore "dietro" così come era concepita, essendo la più leggera, era anche di costo più bas­so. D'altronde, nel caso della trazione anteriore, non avevamo la certezza di poter disporre di giunti omocinetici sufficientemente sicuri ed economici, adatti a una vet­tura utilitaria da prodursi in grande serie. (cap. XII, pp. 161-164)
  • [Sulla Fiat 8V] Le prime prove del motore 104-8V avevano indotto a ridisegnare completamente le testate e il comando della distribuzione allo scopo di aumentare la potenza. In seguito ai buoni risultati delle prove si decise [...] di costruire un autotelaio direttamente derivato da quello della 1400 aumentandone semplicemente il passo [...]. L'autotelaio, denominato "104", venne consegnato a Pininfarina perché [...] potes­se eseguire un primo studio della carrozzeria. Tutto ciò nel 1950. [...] Per mio conto ero contrario, perché la vettura era troppo grande e pesante per un motore di appena due litri di cilindrata o poco più, sia pure a otto cilindri. Il prototipo carrozzato da Pininfarina confermò le previsioni. Destò poco interesse e fu giudicato inadatto alla produzione Fiat. Nel frattempo ci eravamo dedicati al perfezionamento del motore, in previsione che venisse approvata la proposta di costruire la vettura sportiva "106" a quattro ruote indipendenti. [...] suggerivo di derivare da questa, non dalla 1400, la vettura da turismo col motore 8V. Ne seguì la decisione di costruire il prototipo "106" e di attendere i risultati. Per non sovraccaricare l'officina sperimentale si pensò di affidare la costruzione del telaio e il montaggio delle parti meccaniche alla STATA, [...] specializ­zata nella trasformazione di vetture Fiat di serie in vetture sportive [...]. La carrozzeria fu disegnata dall'ingegner Rapi, aiutato da me nella scelta del disegno e [...] nella definizione della forma finale. La vettura fu rapidamente messa a punto. [...] Con una opportuna taratura delle barre antirollio, ottenne un comportamento fortemente sottosterzante che permetteva una maggior velocità in curva, ma che a tutta prima sconcertò i piloti sportivi, abituati a vetture sovrasterzanti. La produzione [...] si limitò a 114 esemplari. Uscita con la sigla 8V nel 1952, la vettura colse parecchi allori sportivi ed ebbe ammiratori particolarmente appassionati ed entusiasti. Una scocca costruita in plastica rinforzata presso l'officina sperimentale di carroz­zeria del Lingotto venne presentata al Salone di Ginevra nel 1954, ma la produzione proseguì, in lamiera di alluminio, fino alla fine dello stesso anno, quando per ragioni economiche ebbe termine. (cap. XIII, pp. 177-178)
  • [Sulla Fiat Turbina] Il modellino in scala uno a cinque venne provato alla galleria del vento del Politecnico con risultati che giudicammo sufficienti. Avevo tutto predi­sposto affinché la vettura venisse costruita; avrei così dimostrato che il settore della progettazione autoveicoli sapeva progettare anche una turbina di piccola potenza, che i nostri tecnici non erano da meno di quelli del settore aeronautico [...]. Cinque anni di studio erano occorsi per creare ingegneri e tecnici specializzati nella fluidodinamica e nella particolare tecno­logia riguardante la costruzione delle turbine ad alta velocità di rotazione, capaci di resistere alle rapide e violente variazioni di regime termico che si verificano nell'u­so automobilistico. [...] La presentazione della vettura a turbina alle autorità e alla stampa fu un avveni­mento che ebbe una grande eco in tutto il mondo. Per me e i miei collaboratori fu una grande festa, un fuoco d'artificio finale accompagnato dal sibilo acuto del motore, in una luminosa giornata di primavera del 1954, durante il Salone di Torino. [...] Sulla pista dell'aeroporto di Caselle, messo a disposizione per la presentazione della insolita vettura, fu un festoso occorrere di autorevoli rappresentanti della città, di giornalisti e di dirigenti della Fiat, a cominciare dal presidente. [...] La Fiat trasse dalla vettura a turbina un grande spunto pubblicitario. Io ero soddisfatto perché la mia iniziativa si dimostrava utile sotto differenti aspetti. Con la costruzione di quel prototipo la Fiat ha fatto un investimento di inestimabi­le valore in uomini che hanno avuto [...] parte importante nello sviluppo progettativo e nella ricerca. (cap. XIII, p. 183)
  • [Sulla Fiat Nuova 500] Mentre la 600 era in fase sperimentale ave­vamo ripreso gli studi della vettura mini­ma, ancora più piccola ed economica. Gli italiani desideravano l'automobile e si sarebbero volentieri accontentati di un piccolo spazio, purché su quattro ruote: per quanto piccola una automobi­le sarebbe stata più confortevole di un motoscooter specie nell'inverno e nei giorni di pioggia. Da tempo facevo abbozzare modelli di vetturette non convenzionali che dovevano competere con il motoscooter, soprattutto con la meravigliosa Vespa della Piaggio ideata dall'ingegner D’Ascanio [...]. Arrivai persino a far costruire un modello la cui forma traeva ispirazione dalla Vespa. (cap. XIV, p. 185)
  • [Sulla Fiat 1800] Durante gli anni di produzione della 1400 e della 1900 i lavori stilistici per la vettura che avrebbe dovuto sostituirle erano stati limitati a una par­ziale evoluzione della forma. [...] Ma [...] vedendo la rapida evoluzione dei modelli concorrenti, si decise [...] di rifare completamente tutta la carrozzeria per ottenere una forma decisamente moderna e che potesse durare a lungo. [...] Poiché il peso pre­stabilito era una delle condizioni da rispettare [...], gli studi non potevano indulgere verso forme che aumentassero l'ingombro [...]. Inizialmente non era stata richiesta una velocità massima molto elevata e perciò, sempre nell'intento di ridurre il peso e migliorare l'abitabilità, diedi maggior importanza a queste qualità piuttosto che all'aerodinamica. [...] si cercava fra l'altro di ridurre la superficie esterna per risparmiare lamiera, così come farebbe un sarto che disponendo di una limitata quantità di stoffa cerchi con quella di ottenere ugualmente l'abito migliore. I primi simulacri [...] furono modellati con forme tondeggianti; poi decisi [...] di passare a una forma dalle linee rigide. (cap. XV, pp. 212-213)
  • [Sulla Fiat 1800] Nella fase iniziale insistem­mo a lungo in tentativi di sistemare posteriormente al padiglione un cristallo piano e quasi verticale. Successivamente, per gradi, il vetro fu inclinato e infine anche curvato. La linea rigida e netta delle fiancate che caratterizza la carrozzeria della 1800 deriva da una sorta di correzione in eccesso di un difetto della fiancata della 1400. In conse­guenza della curvatura della fiancata [...] e delle curve nelle varie sezioni verticali, la linea di luce delle fian­cate al di sotto dei cristalli [...] appare come cadente verso l'avanti e verso dietro con una inflessione sgradevole all'occhio [...]. Volendo evitare questo difetto, si cominciò col dare [...] una forma simile a una scatola con spigoli pronunciati, sulla quale si poteva lavorare senza perdere il riferimento di una linea di luce perfettamente orizzontale o appena leggermente cur­va. Questi spigoli hanno inesorabilmente fatto sentire la loro preponderante influenza durante il susseguente lavoro di definizione della forma. (cap. XV, pp. 213-214)
  • [Sulla Fiat 1800] Qualcuno mi ha [...] chie­sto perché il cofano è stato così nettamente troncato alla estremità anteriore. [...] In Italia, lo spazio a disposizione per la circolazione e per il parcheggio è ancora minore che negli altri paesi, perciò il risparmio di pochi centi­metri nelle dimensioni può tornare utile. Una forma allungata e ben profilata del cofano avrebbe permesso di raggiungere qualità aerodinamiche superiori, ma l'ingombro sarebbe stato più grande e il peso pure. La parete frontale che taglia nettamente la carrozzeria davanti al radiatore non è certo aerodinamicamente corretta, ma ha consentito di mantenere l'ingombro e quindi il peso nei limiti prestabiliti. (cap. XV, p. 214)
  • [Sulla Fiat 1800] Quando la carrozzeria fu ultimata, si vol­le conoscere il giudizio di Pininfarina e avere il suo consiglio per eventuali perfezionamenti. [...] I ritocchi da lui apportati valorizzarono ancora le caratteristiche di linearità della carroz­zeria con un tocco di raffinatezza. Anche la griglia e i fregi anteriori vennero da lui ritoccati con un certo miglioramento nell'effetto generale. A due mesi dall'entrata in produzione vol­li ancora variare la posizione dei proiettori che apparivano troppo bassi [...]. Fu un tour de force [...] ma si riuscì a fare tutto il necessario senza ritar­dare l'inizio della produzione. (cap. XV, p. 215)
  • Nel 1957 la [...] Nuova 500 non ebbe quell'immediato vasto consenso da parte del pubblico che tutti alla Fiat attendevano. La domanda era inferiore alle previsioni e l'organizzazione di vendita, forse anche la stessa direzione generale, tendeva a far ricadere la colpa sul progetto. Si dimenticava che a qualche mese dall'entrata in pro­duzione, in una riunione tecnica, la direzione commerciale aveva chiesto di ridurre la velocità massima e di rendere meno accogliente la vetturetta per timore che fosse competitiva con la 600. Ma quando, qualche tempo dopo, si riportò la velocità mas­sima al valore di quella dei prototipi, si migliorarono alcuni dettagli della carrozzeria e, soprattutto, si ridusse il prezzo, il successo fu clamoroso. (cap. XVI, p. 217)
  • Luigi Fabio Rapi era un disegnatore di grandissima bravura. Usava la matita con delicatez­za ed eleganza e i colori con particolare maestria. I suoi disegni erano di grande finezza. Non gli mancava l'estro né la conoscenza dei problemi tecnici, ma il suo carattere non si confaceva a un clima che lui considerava di banale mediocrità. Di piccola statura, vivacissimo, aveva dei toscani la prontezza di parola e la suscettibilità che mal si adattavano a un ambiente di lavoro nel quale il dialetto piemontese era di prammatica e le relazioni umane erano lente e circospette. (cap. XVI, pp. 226-227)
  • [Sulla Fiat 850] [...] a pochi mesi dalla data stabilita per l'entrata in produzione, la primavera 1964, avvenne un fatto che rischiò di provocare un ritardo. Le prove [...] per valutare le qualità aerodinamiche della vettura dimostravano quanto fosse importante la forma della parte posteriore. I risultati indicavano [...] che [...], così come era stata definita e approvata, non fosse efficiente [...]. Infatti la velocità massima della 850 era di poco superiore a quella della 600 pur disponendo di una potenza molto superiore, 40 CV contro 29. La carrozzeria era, come quella della 600, [...] a due volumi. Montabone fece [...] applicare al posteriore della vettura una specie di baule adattato grossolanamente, ma tale da consentire le pro­ve di velocità. Queste diedero il risultato che si sperava: la velocità superò i 120 km/h contro i 110 della 600 D. Ma ci trovammo davanti al problema dell'attuazione pratica. L'officina aveva ormai quasi ultimato gli stampi della carrozzeria e un qualsiasi cambiamento avrebbe cau­sato un ritardo nella data di inizio della produzione. [...] Si trattava di rifare la parte posteriore del modello in gesso, ricavarne i profili da tracciare sul grande foglio di alluminio, fare i disegni degli elementi della scocca, modificare il simulacro in legno [...] indispen­sabile per il laborioso processo di formazione degli stampi, costruire questi stampi e poi alcune scocche come campioni per l'officina e per le prove di fatica in laboratorio. Tutto ciò doveva essere compiuto nei cinque mesi che ci separavano dalla produzione. Lavorando senza contare le ore fino a tarda sera, i [...] modellatori del Centro stile riuscirono [...] a modificare il modello in gesso rifinito e verniciato. Sebbene non del tutto soddisfacente per il gusto degli stilisti, fu giudi­cato accettabile. [...] riuscirono a consegnare i disegni in tempo tanto breve da rendere possibile all'officina, anch'essa in gara contro il tempo, di fare ciò che era sembrato impossibile: iniziare senza ritardo la produzione. [...] La 850 uscì [...] ed ebbe un grande successo. La gente aveva farne di automo­bili e non fece caso alle incongruenze stilistiche. Era una 600 più grande e più velo­ce di quel tanto che occorreva, in quel periodo di crescita del benessere nel nostro paese. (cap. XVII, pp. 242-244)
  • [Su Pio Manzù] Mi comunicava di tanto in tanto sotto forma di disegni nitidissimi, sintesi semplicis­sima di un lungo meditato studio, le sue idee sull'automobile, soprattutto la utili­taria, l'auto di grande diffusione accessi­bile ai più. I commenti che li accompagnavano erano di poche parole essenziali, elegante­mente incise su fogli quasi vuoti. [...] Di Pio Manzù conoscevo [...] da tempo l'esperta mano e il vivido inge­gno. [...] Gli occhi erano pensosi e lo sguardo intenso; il naso pronunciato sulla piccola bocca. Un viso allungato espressivo che faceva intuire una timidezza sincera e coraggiosa e una forte volontà. [...] L'industrial design nel senso giusto, applicato all'auto, era l'oggetto principale dei suoi pensieri. (cap. XIX, pp. 270-271)
  • Della Mini ammiravo la semplicità costruttiva della carrozze­ria, ma giudicavo troppo elevato il costo di fabbricazione della meccanica. D'altron­de consideravo insufficiente la distanza da terra del pianale della carrozzeria e degli organi a questo collegati. La bella vetturetta inglese mi aveva tuttavia fatto grande impressione poiché realizzava l'ideale della vettura minima, compatta, brillante, dalla forma funzionale e gradevole a vedersi. (cap. XX, p. 287)
  • [Sulla Fiat 130] [...] le vetture grandi, destinate a pochi privilegiati, non mi andavano a genio. Non mi ero liberato dal gusto del piccolo ed economico, desti­nato alla maggiore possibile diffusione, instillatomi alla Fiat nei primi anni di lavo­ro. Ma non solo per questo ero tormentato da una malcelata apprensione. [...] si chiedeva [...] una vettura grande con un motore relativamente piccolo, di cilindrata poco superiore a quella della 2300. [...]­ i massimi responsabili pensavano che fosse maturo il tempo di completare finalmente la gamma dei modelli con una vettura di grande prestigio, non inferiore alla Mercedes-Benz. Era infatti, questa, una impresa possibile poiché possedevamo la conoscenza tec­nologica e i mezzi per realizzarla. Ma era anche legittimo pensare che la fabbricazione di una vettura così diversa per dimensioni e per raffinatezza costruttiva difficilmente potesse essere inserita in una organizzazione come la nostra, tutta protesa alla fab­bricazione e alla distribuzione su vasta scala di vetture popolari, le cui qualità si com­pendiano nella sicurezza e in caratteristiche funzionali medie, a un costo e quindi a un prezzo accessibile al maggior numero possibile di utenti. Perciò non ero partecipe del vivo interesse che i miei superiori dedicavano alla 130. Forse essi erano stimolati dall'euforia suscitata in quel momento dalla crescente domanda di automobili sia nel nostro paese sia all'estero. [...] le previsioni [...] erano di 250 unità al gior­no. E ciò sembrava a me azzardato, comportando la costruzione di attrezzature di costo elevatissimo. Ma non fu chiesto il mio parere, forse perché si immaginava che sarebbe stato negativo, tanto era palese dal mio atteggiamento insolitamente freddo e distaccato. (cap. XXII, pp. 307-310)
  • [Su Vittorio Valletta] Lo ricordo camminare con portamento sicuro ed energi­co anche in vecchiaia, piccolo di statura, ma eretto il tronco, la testa alta sul corpo muscolo­so. Un concentrato di energia [...]. Folti i capel­li fattisi bianchi negli ultimi anni. Gli occhi grandi, un po' sporgenti, avevano uno sguar­do vivo, a volte autoritario, spesso mite e iro­nico, indagatore, acuto, intelligente. Sotto un naso da lottatore le labbra grosse coprivano a malapena la dentatura e le gengive che si scoprivano quando sorridendo ascoltava qualche notizia buona o divertente. (cap. XXIV, pp. 326-327)
  • [Su Vittorio Valletta] Quando riceveva seduto al tavolo di lavoro sovraccarico di carte, appoggiava il busto eretto contro lo schienale e a testa alta leggermente inclinata, lo sguardo assorto fisso sull'interlocutore, ascoltava attentamente. [...] La sua intuizione acutissima lo portava subito alla sintesi e al punto più importante di ogni problema. Nelle riunioni mal sopportava i lunghi discorsi, e riportava le discussioni al nocciolo delle questioni. In ogni caso riusciva a concludere con una decisione, una affermazione di principio, una direttiva, un giudizio finale. Parlava chiaro con parole semplici, comprensibili a tutti, brevemente, con lin­guaggio energico, di capo. Sapeva parlare al pubblico dei suoi dipendenti fossero dirigenti, impiegati, operai, nel loro linguaggio, in modo umano e convincente e sape­va suscitare entusiasmo o consapevolezza a seconda delle circostanze. Chiunque si rivolgesse direttamente a lui riceveva comprensione e incoraggiamento, consiglio o aiuto. Sapeva trarre dalle persone che gli erano vicino tutto ciò che in loro c'era di buono e utile [...] e ne perdonava le minori manchevolezze. (cap. XXIV, p. 327)
  • [Su Vittorio Valletta] Era arguto, con reazioni pronte e inattese. Si raccontava che guidando la 500, la vettura che usava preferibilmente, venne fermato da una guardia comunale: "Non sa che lei viaggia nel senso proibito? Non ha visto il segnale?" E il Professore: "Certo che l'ho visto, ma purtroppo non ho visto lei!". (cap. XXIV, p. 327)
  • La 128 fu proclamata "vettura dell'anno" per sette volte da altrettante giurie di giornalisti specializzati, in Svezia, Olanda, Gran Bretagna, Cecoslovacchia, Danimar­ca, Germania, Italia. Un vero trionfo. Fra tutti i modelli Fiat, e probabilmente fra tutte le vetture che corrono sulle strade del mondo, la 128 è a mio giudizio, chiedo venia per il peccato di immodestia, quella il cui "valore" in rapporto al costo è il più elevato. La disposizione del motore e della tra­smissione [...] per la sua estrema semplicità ha fatto scuola. La vedemmo qualche tempo dopo applicata a vetture piccole giapponesi, più tardi sui nuovi modelli Volkswagen, sulla Ford Fiesta e sta diffondendosi sempre più. (cap. XXIV, p. 338)
  • Lo stile della 127 è di Pio Manzù. [...] aveva la passione per le vetture fatte per la gente, semplici, senza pretese di lusso, utilitarie [...]. I suoi dise­gni erano di estrema semplicità, esaltata fino al limite consentito della comunicazione dell'idea. I "figurini" subivano un processo di progressivo delicato affinamento che sembrava voler dare l'impressione di una genuinità raffinata, sofisticata, intellettua­le. [...] costruì [...] un modello che si faceva ammirare per l'estrema cura dell'esecuzione e la maestria con la quale la forma era stata adatta­ta alle dimensioni prestabilite e agli ingombri delle parti meccaniche contenute nel cofano. Forse preoccupandosene eccessivamente, tanto che il cofano sembrava un po' troppo voluminoso. Tuttavia il simulacro con le ampie superfici delicatamente lisciate e fra loro raccordate [...] era attraente, per cui decidemmo di presentarlo al comitato di presidenza. La cerimonia [...] era fissata per le ore 8 di lunedì, il 26 maggio 1969. Ma Pio non venne. In quello stesso mattino ci fu comunicata la tremenda notizia della sua morte sull'autostrada fra Milano e Torino. [...] Per qualche tempo il manichino della 127 restò là dove era stato messo per la pre­sentazione, come dimenticato, poi, fattesi urgenti le ragioni di lavoro, cominciammo a guardarlo con senso realistico in previsione di ricavarne i disegni costruttivi per la fabbricazione. [...] fummo concordi [...] nello stabi­lire che quel qualche cosa che ci rendeva incerti nel giudicare l'aspetto dell'insieme era causato dall'eccessivo volume del cofano. Boano, sebbene esitante nel mano­mettere l'opera di Pio, diede disposizione ai modellatori per abbassare la superficie superiore del cofano di qualche centimetro. Il miglioramento fu decisivo [...]. La 127 fu messa in produzione e lanciata con grande successo nella primavera del 1971. (cap. XXV, p. 339-341)
  • La 126 era concepita come una 500 con una carrozzeria di volume aumentato di quel poco da renderla capace di accogliere in modo meno disagiato quattro persone. Naturalmente anche la forma doveva essere cambiata. La cilindrata del motore era un poco accresciuta [...]. Sembrerebbe che una trasformazione in apparenza così semplice potesse essere fatta rapidamente. Fu invece una cosa lunga e difficile non dal punto di vista tecnico, bensì da quello decisionale [...]. Si chiedeva in sostanza una elaborazione della 500 tale da ricavarne una quattro posti, aumentando di una quantità possibilmente trascurabile il costo di fabbrica­zione. [...] al Centro stile si sviluppavano disegni e si confrontavano modelli in gesso. Vennero anche costruite carrozzerie metalliche direttamente ricavate da scocche 500 allargate per migliorarne l'abitabilità. Il problema sembrava insolubile, poiché ogni cambiamento aveva come conse­guenza un aumento del peso e del costo. Sembrava anche impossibile dare alla forma un aspetto che non facesse rimpiangere la 500. La questione era oggetto di scambi di opinioni e di idee [...]. Sostenevo che la trasformazione della 500 in una vettura a quattro posti non poteva rappresentare una soluzione desiderabile per­ché al maggior costo non poteva corrispondere un proporzionato miglioramento delle qualità. Che semmai sarebbe stato conveniente apportare una serie di modifiche alle parti meccaniche e qualche ritocco alla carrozzeria per ridurre il costo della vettura e il prezzo di vendita. Ma il mio parere non era condiviso dai miei superiori. [...]. All'inizio del 1970 il modello in gesso, dopo una serie di innumerevoli cambia­menti, cominciò ad assumere la forma che fu poi definitivamente scelta per la 126. (cap. XXV, pp. 341-342)
  • La 500, da tutti considerata la prima vettura popolare, fu anche fra le Fiat la prima classificata come "moderna". Con la sospensione anteriore a ruote indipendenti, il motore avanti all'asse delle ruote anteriori, il radiatore e il serbatoio disposti in modo da eliminare nel motore la pompa acqua e la pompa benzina, il telaio e la carrozzeria concepiti per essere collegati in modo da ottenere, integrandosi, la necessaria rigidezza dell'insieme, la Topolino, una delle più semplici, economiche e funzionali vetture prodotte in serie, era realmente "moderna". (cap. XXV, pp. 345-352)
  • [...] la vettura che in quello scorcio di tempo si inserì con un guizzo di modernità, rendendo vecchi e superati i modelli precedenti, fu la 1500. [...] Sebbene nata alla fine del 1935 [...] fu la prima Fiat con la sospensione anteriore a ruote indipendenti, con il meccanismo di sterzo a vite e a rullo e i freni col tamburo in alluminio. Lo stile filante, la linea streamline della carrozzeria, era nuovo, quasi rivoluzionario per quel tempo in Italia; e fu all'origine dell'idea di disporre nella 500 il motore, il radiatore e il ser­batoio nella caratteristica posizione che la distingueva da ogni altra vettura. Ma la linea slanciata ed elegante della 1500 non durò a lungo poiché con l'evolversi della moda, la ragion commerciale, alla ricerca di una appariscente imponenza, indusse qualche anno dopo a un cambiamento della parte anteriore che turbò l'armonia delle proporzioni e della forma. (cap. XXV, p. 352)
  • Nessun'altra macchina dà all'uomo una sensazione più grande di amplificazione ed esaltazione delle proprie facoltà fisiche e psichiche. Fra le invenzioni [...] l'automobile è quella che ha maggiormente influito sul nostro modo di vivere. Ha liberato l'individuo dalle strette dello spazio e del tempo. Ne ha moltipli­cato enormemente l'attività e le possibilità di lavoro. Ha creato una più vasta area di interessi e ha contribuito in misura predominante alla rapidità di mutazione crescente che ha caratterizzato la nostra era. (cap. XXV, p. 356)

Citazioni su Dante Giacosa

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  • Dante Giacosa ha dato l'avvio ad un cambiamento: il dialogo e il confronto tra designer e ingegnere. Il designer non deve essere un capriccioso ma un componente di un'orchestra, deve rispondere agli input che gli vengono imposti. Non si disegna un'auto solo con i dati di mercato, ci vogliono confronti e passi indietro. (Roberto Giolito)
  • Non solo un ingegnere tout court, ma un uomo con una grande passione per il mondo artistico, che si divertiva a fare le caricature durante le riunioni. Ha realizzato prodotti che ancora oggi, dal punto di vista della logica, sono insuperabili: far stare 4 persone in una macchina e dare all'intero Paese l'opportunità di spostarsi... be' ci vuole una bravura unica. La bravura di chi sa fare le cose giuste in un contesto difficile, non dimentichiamoci che nel '57 eravamo poveri. [...] Pur essendo esperto di prodotti di una certa consistenza per i ricchi, Giacosa ha cercato di soddisfare i suoi operai e dargli l'opportunità di spostarsi come i più abbienti. (Giorgetto Giugiaro)
  • Ricordo il suo interesse e la sua fulgida visione nel vedere in azione i primi calcolatori che noi utilizzavamo in via sperimentale per disegnare le vetture. La sua opera rappresenta ancora oggi il compendio essenziale per chiunque si accinga a pensare alle nuove forme dei mezzi di trasporto, per visione, inventiva e solidità dei concetti. (Roberto Giolito)
  1. Citato in Tommaso Giacomelli, Dante Giacosa, padre della scuola italiana, ilgiornale.it, 11 febbraio 2023.
  2. a b Citato in Vincenzo Bajardi, Dante Giacosa: "Le auto tutte simili col computer", autologia.net, 11 febbraio 2016.
  3. a b Da Giuliano Nicastro, La 126: perché, CineFiat, 1972; disponibile in YouTube, Centro Storico Fiat, 23 maggio 2014.

Bibliografia

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