Aleksandr Baunov
giornalista russo
Aleksandr Germanovič Baunov (1969 – vivente), giornalista e diplomatico russo.

Citazioni di Aleksandr Baunov
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Intervista di Riccardo Amati, fanpage.it, 1º luglio 2023.
- [...] un dittatore può esser pugnalato alle spalle solo da chi gli è molto vicino. Da chi ha molto potere. E il sistema di Putin, al contrario di quelli di altri dittatori, non prevede che ci siano persone vicine al capo.
- [«Quale era il vero scopo di Prigozhin?»] Scuotere Putin per convincerlo ad ascoltare finalmente le sue preoccupazioni: il ministero della Difesa sta espropriandogli il maggiore asset: il suo esercito privato. E con il consenso dello stesso Putin.
- [Sulla ribellione del Gruppo Wagner] Per la reputazione di Putin, per il consenso tra gli ultras del patriottismo e per il regime in generale il tentativo di Prigozhin è stato catastrofico.
- [Sulla ribellione del Gruppo Wagner] Quel che è successo è estremamente grave e senza precedenti, per Putin. Mai un periodo è stato più pericoloso, per il regime. Almeno dai tempi dello scontro con gli oligarchi, molti anni fa.
- Putin distrugge la modernità in nome di un presunto passato glorioso, e sta ora conducendo una guerra del passato. Piena di caratteristiche del passato. Con tanto di condottieri mercenari, cospirazioni e ammutinamenti. Putin ha aperto la porta al passato e ora il passato torna e rischia di travolgerlo. In modi simili a quelli che hanno decretato la fine di tanti regnanti nel passato.
- La visione politica dei russi è conservatrice. Non amiamo cambiare i nostri governanti. Se lo facciamo, ciò avviene in situazioni estreme: con una rivoluzione o con la dissoluzione dello Stato. Come nel 1917 e negli anni Novanta. Guardiamo ai leader politici come alla miglior garanzia della continuazione dell’esistenza. Vita e potere statale non sono due concetti separati, per i russi. La distruzione del potere e dello Stato è considerata disastrosa dai normali cittadini. È una sorta di trauma originario che la nostra società si porta dietro.
- Prima di accettare un cambiamento, i russi devono riconoscere un capo di cui si possano fidare. Yeltsin era un leader popolare in cui i russi si sono riconosciuti. Sapevano bene chi fosse: un funzionario del partito come quelli da sempre visti dappertutto nell’Urss. Con idee liberali, sì. Ma era una figura familiare. Non era certo un intellettuale né un dissidente. Altrimenti quali la popolazione avrebbe diffidato di lui.
- Sì, ci sarà ancora repressione, ma di un nuovo tipo: si cercheranno i nemici tra i sostenitori stessi del regime. E questo è una delle conseguenze più destabilizzanti del tentativo di Prigozhin.
- [«Il regime russo potrebbe finire "alla spagnola", con una transizione indolore verso una democrazia moderna?»]
Sarebbe forse lo scenario migliore. Non dal punto di vista morale, perché molti dei protagonisti del regime resterebbero impuniti. Ma dal punto di vista della sicurezza sarebbe auspicabile, visti la grandezza del Paese, l’entità della sua popolazione e il suo arsenale nucleare.
Intervista di Federico Fubini, corriere.it, 18 febbraio 2024.
- [Su Aleksej Naval'nyj] Diceva che non c’era spazio in Russia per l’equidistanza e l’oggettività, perché di fronte a Putin dovevamo tutti schierarci.
- [«Perché lei crede che Putin lo temesse?»] Perché lui sapeva catturare la base di consenso dello stesso Putin. Sapeva parlare alla maggioranza del Paese, non agli intellettuali. È lì che ha avuto successo. Parlava da nazionalista russo. Aveva toni un po’ anticapitalistici, contro gli oligarchi, contro i pescecani arricchiti. Ci metteva un po’ di semplificazione, mentre l’intellighenzia dell’opposizione, traumatizzata dall’esperienza sovietica, non osava criticare il capitalismo russo. Lui sì. E funzionava: conquistava e mobilitava la gente comune, era arrivato ad avere basi in tutto il Paese.
- Dapprima Putin ha lasciato spazio al dissenso, poi a piccoli passi sempre meno, fino a soffocarlo e infine eliminarlo del tutto. È stato un processo lento e ben dissimulato, fino a creare il fatto compiuto.
Intervista di Rosalba Castelletti, repubblica.it, 6 marzo 2025.
- È naturale che chi vive in un Paese governato dalla stessa persona da un quarto di secolo si chieda quanto ancora potrà durare o come potrebbe finire. E a chiederselo non sono soltanto oppositori o dissidenti, ma anche comuni cittadini che temono i cambiamenti bruschi o membri dell'élite curiosi di capire come la fine potrebbe colpire anche loro. Sentono tutti di essere più vicini alla fine. Hanno tutti una paura atavica delle rivoluzioni, perciò si chiedono in quale altro modo possa finire. Capiscono che non finirà come l'Urss perché allora la gente faceva la fila per il cibo, ora invece "c'è tutto", nonostante le sanzioni. [...] Con l'inizio della guerra e la soppressione di tutte le residue "bolle di libertà", è anche diventato un pretesto per discutere argomenti tabù, come la morte del sovrano, le sanzioni internazionali, l'avventurismo militare, la costruzione di un'ideologia conservatrice nazionalista. E quando il libro è diventato un best-seller non potendo censurarlo, se la sono presa con me bollandomi come "agente straniero".
- La censura su vasta scala ha bisogno di un'infrastruttura. L'Urss l'aveva: aveva i censori, aveva un'unione degli scrittori, case editrici tutte statali. Ma adesso un'infrastruttura non c'è e non è ancora stata costruita. E prima del marzo 2022 non c'erano neppure i reati di "discredito" e "falsi" sull'esercito. Tanto che, quando si voleva perseguire un'artista come il regista Kirill Serebrennikov, si usavano pretestuose accuse economiche. I nuovi reati permettono di perseguire anche le parole.
- Nel 2023 l'editoria era, ed è tuttora, un affare privato. Perciò non sono riusciti a bloccare l'uscita del mio saggio. Perché lo tollerano? Perché il libro parla di regimi che possono essere descritti come fascisti e quindi vietarlo sarebbe stato un paradosso per chi si erge a erede di coloro che hanno sconfitto il nazismo e sostiene di condurre una guerra contro un regime neo-nazista in Ucraina.
- L'attuale regime russo ha molti tratti comuni ai regimi fascisti così come li descrisse Umberto Eco: il culto del leader, dello Stato e del glorioso passato, il conservatorismo sociale, le politiche sessuali e repressive, l'indottrinamento dei giovani. Ciò che manca alla Russia per essere definita del tutto fascista sono le corporazioni monopolizzate e una popolazione mobilitata che partecipi ad attività ideologiche. Le autorità stanno andando in questa direzione, ma allo stesso tempo hanno pura di spingersi troppo oltre. Mandano segnali contraddittori. Da un lato spingono la gente a partecipare a eventi politici, dall'altro la invitano a stare in silenzio. "Non agite, ci pensiamo noi". Per questo descrivo Putin come un ibrido tra Franco e Salazar. Anche adesso, in piena guerra, cerca un equilibrio, di non concedere troppo ai gruppi più attivi, più mobilitati, più fascisti del potere.
- [Sulla seconda presidenza di Donald Trump] Al Cremlino non credono ai propri occhi. Sono anche molto sospettosi perché è cambiato tutto in così poco tempo. Inizialmente temevano persino si trattasse di una trappola perché pensavano che non potesse essere vero. Non può essere vero, si dicevano, che alla Casa Bianca ci sia il "nostro uomo". Non nel senso stretto di una "talpa russa", teoria a cui non ho mai creduto, ma un leader che vede il mondo come loro, indifferente all'idea di solidarietà e ai valori liberali occidentali. Putin è un uomo molto fortunato.
- Statisticamente, quando un dittatore scavalla il ventennio, è molto probabile che governerà fino alla morte. Perché vuol dire che non ci sono crepe o fazioni nell'élite né una vera opposizione che possano cacciarlo via.
- Se si tornasse a trattare con la Russia, bisognerebbe tenere in mente che non si ha più a che fare con l'Urss, né con la Russia degli Anni Novanta e neppure con la Russia di Putin di 10 anni fa. Quella di oggi è molto più brutale e irresponsabile. E se otterrà ciò che chiede, sarà molto pericolosa.
Da L'ex diplomatico russo Baunov a Fanpage.it: "Vi spiego perché Trump e Putin si capiscono così bene"
Intervista di Riccardo Amati, fanpage.it, 14 marzo 2025.
- [Sulla seconda presidenza di Donald Trump] Facendo per la Russia molto più di quanto Mosca si aspettasse, Trump ha alimentato un'inusitata soddisfazione tra le mura del Cremlino. Sta proponendo una nuova visione globale, forse per sedurre Putin: offre una gestione condivisa del mondo, un ordine internazionale che consenta alla Russia di avere più spazio, soprattutto in Europa. Questo potrebbe portare Mosca ad accettare una tregua: il conflitto in Ucraina diventerebbe un episodio locale della missione di Putin, cioè restituire grandezza alla Russia.
- Trump propone una visione in cui gli Stati Uniti potrebbero ridurre il loro potere, permettendo alla Russia di guadagnare influenza. È ciò che il regime russo persegue da anni.
- Fatto sta che oggi Trump non vede Putin come un nemico. I due condividono un'ideologia anti-liberale, anti-europea e scettica verso la difesa delle minoranze. Auspicano un "condominio" tra grandi potenze, che non si considerano avversarie.
- Trump odia le alleanze e cerca di smantellarle: ha minato la Nato, sostituito il Nafta, abbandonato l'accordo di Parigi sul clima. Ed è rimasto fuori dall'accordo commerciale del Pacifico [Trans-Pacific Parnership o Tpp]. Gli obblighi multilaterali limitano la sua libertà d'azione. Preferisce trattare con gli Stati singoli.
- Sono entrambi "bugiardi sinceri". Al di là delle balle che dice via via, il ragionamento di Trump è chiaro: della Nato si può fare a meno perché sfrutta gli Stati Uniti e il loro potere economico e militare. Il suo scetticismo è sincero. Non è solo una tattica per far pagare gli alleati. Trump rifiuta ogni vincolo multilaterale. Anche qui è evidente un parallelo con Putin, da sempre scettico verso le istituzioni multilaterali che impongono alla Russia di trattare su un piano di parità con Stati più piccoli. Trump e Putin condividono questa mentalità: entrambi vedono i loro Paesi come eccezionali, superiori agli altri, non vincolabili da regole comuni.
- Se l'Europa vuole riprendere in mano la sua sicurezza, deve prima di tutto smettere di considerarsi inerme. Deve capire che la sua debolezza non è strutturale, ma il risultato di decisioni prese in un contesto storico specifico.
- [«Concretamente, cosa può fare l'Europa per la pace?»] La cosa più assurda sarebbe quella di avvicinarsi alla Russia di Putin. Ciò potrebbe davvero innescare la guerra continentale evitata per 80 anni. Peraltro, la tanto temuta "potenza militare" russa va ridimensionata: negli ultimi due anni, in Ucraina ha conquistato appena il 4% di territorio, con perdite enormi. Dal punto di vista diplomatico, l'Europa può fare molto. Serve fermezza. Putin è convinto che l'Occidente tornerà da lui. Per questo, l'Europa dovrebbe adottare la stessa strategia usata a suo tempo con la Spagna franchista: isolamento diplomatico e pressione costante. Niente concessioni.
- Putin dice le stesse cose che diceva Franco. "Non c'è bisogno di cambiare, siamo troppo importanti: verranno loro da noi". Nonostante la Spagna franchista condividesse la sicurezza militare e il capitalismo dell'Occidente, non era nella Cee né nella Nato. I Paesi europei non l'hanno mai considerata come loro pari. Niente visite di Stato a Madrid. Il messaggio era chiaro: nessun riconoscimento fino alla riforma politica e alla fine della repressione.
- Gli immigrati politici russi hanno difficoltà nell'aprire conti bancari nei paesi europei, per via delle sanzioni. Mi pare assurdo. E poi l'Europa dovrebbe sostenere i media indipendenti russi, che ormai possono avere la loro sede solo nei Paesi liberi ma sono cruciali per raggiungere il pubblico in patria.
- In Spagna, o in Portogallo, il regime è crollato senza che vi fossero segni evidenti di collasso. Questo può succedere anche per il regime russo. Col suo arsenale nucleare, difficilmente la Russia può esser sconfitta militarmente. La sua economia non sembra sull'orlo del disastro, e l'opposizione interna è stata eliminata. Ma anche quando i regimi sembrano stabili, la loro fine può arrivare all'improvviso.
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