Alberto Salza

scrittore, antropologo ricercatore e studioso italiano

Alberto Salza (–), scrittore, antropologo ricercatore e studioso italiano.

  • Più o meno gli darà la stessa impressione che suscitarono le capanne di sterco e fango dei samburu a una dottoressa svizzera, inviata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità in Kenya. La accompagnavo, durante la micidiale carestia del 1984, a visitare i villaggi abbandonati dei pastori. Le mosche erano dappertutto. La signora arricciava il naso, mi guardava con rimprovero e criticava l'igiene dei samburu, gente che mette le vacche in casa per sentirsi bene con il mondo. A un certo punto trovammo un villaggio senza mosche. La dottoressa svizzera mi indicò le coperture delle capanne, che erano di plastica, ricavate dai teloni blu e gialli degli aiuti umanitari.
    "Vede che se si impegnano riescono a tenersi puliti? Niente mosche qui", commentò.
    "Mi stia a sentire", risposi, "niente mosche significa niente merda; niente merda vuol dire che le vacche sono morte; niente vacche, niente latte. Niente latte, tutti morti. Io preferisco la merda e le mosche, signora." (da Niente, p. 166)

L'anello mancato modifica

Incipit modifica

Il processo che ha portato all'evoluzione della specie umana come la conosciamo oggi, ammesso che la conosciamo, viene definito ominazione. Se il nome non è un granché, il quadro dell'ominazione è un bel pasticcio. Pensiamo allo scienziato come a un pittore che debba darci un'idea dell'evoluzione umana. Spesso (ce ne accorgiamo troppo tardi) i colori sono penellati a casaccio, molte volte le figure sono distorte come nel cubismo: d'altra parte l'artista-scienziato ha a disposizione una manciata di fossili per le sue teorie e, con quelli, fa quel che può. In molti casi, poi, la fantasia sostituisce la logica e il rigore: il quadro dell'ominazione diventa allora assai accattivante e credibile. Ma è falso.

Citazioni modifica

  • Il lavoro dell'antropologo è ingrato: non esiste mai la possibilità di verificare le ipotesi. (p. 5)
  • L'origine della cultura è il poter raccontare ciò che si è vissuto e ciò che si conosce: è comunicazione. (p. 8)
  • Il tempo è un problema per tutti, non solo per gli africani che paiono vivere in una sorte di «presente continuo». (p. 8)
  • Come le scimmie, noi apparteniamo all'ordine dei primati. La nostra famiglia zoologica è quella degli ominidi. Un ominide non è altro che una scimmia bipede. Non è il caso di inorgoglirsi, ma è questo che fa di voi e di me un vero ominide. (p. 37)
  • Chi cammina a quattro zampe può avere solo un'intelligenza limitata da quel che può sopportare la schiena. La sua testa è come un trave aggettante. (p. 22)
  • La storia dell'antropologia è stata avvelenata dai crani. Le dispute si sono sempre accese a partire dallo scontro tra crani fossili e teste in via di fossilizzazione accademica. Il pregiudizio per quel che riguarda la nostra appendice superiore è direttamente proporzionale alla capacità del cranio e, quindi, al volume cerebrale. Più un ominide ha la testa grossa e più pensiamo che sia intelligente. E quindi umano. In questo senso Lucy resterebbe una scimmia. Lucy non piace agli antropologi, tanto che non sono neppure sicuri sul nome della specie cui andrebbe assegnata. Lucy è troppo donna nel corpo e troppo bestia nella testa: l'inverso della Sirenetta. (p. 28-29)
  • In strati antichissimi e in Africa, si trovavano fossili di specie di primati che sembravano imparentati con l'uomo per la locomozione e la dentatura, anche se lo sviluppo cranico era ridotto. (p. 30)
  • Tutti i resti di ominidi antichi si trovano in Africa. (p. 33)
  • È attraverso le leggi del caos che procede la natura. E l'antropologia. (p. 50-51)
  • La domanda è: l'uomo, come lo conosciamo noi, è intelligente perché ha un grosso cervello o ha un grosso cervello perché ha dovuto essere intelligente? (p. 54)
  • L'uomo è un animale esplorativo: La tendenza al nomadismo è all'origine della nostra specie. (p. 69)
  • Come scriveva Eliot, il mondo di Homo habilis è svanito in un soffio. (p. 70)
  • Lo Zambia è tutto ricoperto dal myombo. Il myombo è un ambiente orribile. Trattasi di una boscaglia fitta e sufficientemente spinosa da farvi rimpiangere le sessioni di agopuntura. Il paesaggio è collinoso, ma non vi riguarda. Tanto non vedete nulla attraverso il myombo. Non importa non c'è nulla da vedere. Non stupisce pertanto che il primo Homo sapiens si sia evoluto qui, nell'orrore conradiano di Cuore di tenebra, su un rilievo che si chiama Broken Hill, un nome un programma. (p. 79)

Bibliografia modifica

  • Alberto Salza, L'anello mancato, Scienza & Vita, Rusconi Editore, Milano, 1994.
  • Alberto Salza, Niente. Come si vive quando manca tutto. Antropologia della povertà estrema, Sperling&Kupfer, Milano, 2009. ISBN 8820046628