Roberto Capucci

stilista italiano

Roberto Capucci (1930 – vivente), stilista italiano.

Roberto Capucci, 2012

Citazioni di Roberto Capucci modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • C'erano donne come Silvana Mangano o la principessa Pallavicini o la contessa Crespi. Eleganti e meravigliose, sempre. E ora? Cammini in centro e vedi solo pizzerie e poi donnone con l'ombelico scoperto, lo slip che spunta come l'orrida spallina del reggiseno, lo stivaletto a spillo bianco... per carità. I jeans tutti rotti. Che fascino è mai questo? Icone oggi? Nessuna.[1]
  • Roma dovrebbe occuparsi di arte e lasciare perdere gli abiti. Troppa volgarità. Delle donne eleganti di un tempo non c'è più traccia. Colpa della tv e dei suoi modelli-velina.[1]
  • Devi accontentare la fetta di gente che ti ammira, che ti segue sennò diventi un prodotto di mercato, diventi un barattolo di conserva, diventi un pezzo di pane. Ho seguito la mia strada. Ho avuto critiche paurose da da parte della stampa italiana, perché dicevano questi vestiti non sono vestiti, sono troppo difficili, eccetera. E non me ne è importato nulla perché nel frattempo i critici d'arte invece, al contrario, mi elogiavano e mi invitavano nei musei.[2]
  • La bellezza per me è Capri. Dà le vertigini, fa fantasticare troppo. Non mi volto mai a guardarla quando vado via.[3]
  • Nel realizzare una determinata opera si diventa matti. Spesso mi sono chiesto il perché di tutta questa follia. Alla fine però giocare con le stoffe ha su di me l'effetto di una droga.[3]
  • [Su una mostra di manti per la Madonna] Il progetto è nato dopo una visita a Siviglia della Casa della Madonna dove ci sono vestiti donati dalle nobildonne [...] una collezione incredibile che nemmeno una famiglia reale ce l'ha. I tessuti li ho trovati tutti. Ce li danno gratis.[4]
  • Loro [le sarte] mi chiedono tutto: dove voglio i tagli perché io non so tagliare però so esattamente dove si deve tagliare un vestito. Dopo queste spiegazioni loro passano un modello di carta.[4]

Dall'intervista di Antonio Galdo, Panorama, 2006

  • [...] ho un solo vizio: spendo tanto in abbigliamento. Ho 42 cappotti, in tutti i colori, dal bianco al nero e all'arancione. Mi bastano.
  • Che cosa significa la tendenza? In più di mezzo secolo di lavoro ho imparato che ogni cliente, ogni donna, ha i suoi colori. La tendenza non esiste se non per vendere divise.
  • Ho il massimo rispetto per il cliente, e non a caso mi rivolgo sempre e solo con il lei.
  • L'alta moda è morta.
  • L'eleganza è seduzione, fascino, mistero. Non apparenza.

«Pasolini mi disse: rompa lei il ghiaccio con la Mangano»

Intervista di Arianna Boria, Il Piccolo, 8 maggio 2014.

  • [Pier Paolo Pasolini] non lo conoscevo, ma avevo letto tutto di lui, lo ammiravo profondamente. Un giorno mi telefonarono dalla produzione e mi dissero che voleva incontrarmi per i costumi di Teorema. Quando venne da me, ero emozionatissimo. Lui non fece il nome dell'attrice, disse solo: "Maestro, non potrà mettere i suoi capolavori, è una donna borghese". Tornò dopo due giorni con la scaletta del film e mi rivelò che era Silvana Mangano. Provai una gioia immensa: "Posso rivelarle un segreto?", gli risposi. "Avevo due desideri nella vita, conoscere Pasolini e vestire la Mangano". E lui: "Ogni desiderio che lei culla nel cuore con amore e con un'ambizione sua, segreta, prima o poi si avvera. Ma attenzione, perché vengono anche i desideri nefasti...". Diventammo amici. Nel mondo del cinema, dove c'è violenza, prepotenza, Pasolini era una persona eccezionale, educata, silenziosa.
  • [Su Franco Zeffirelli e Danilo Donati] "Mi devi fare un vestito per Olivia Hussey, perché dobbiamo presentare il film Giulietta e Romeo alla regina Elisabetta. Mi raccomando qualcosa di semplice, di pulito, che le schiacci il petto perché quella mangia venti cioccolate al giorno... Verrà con Danilo Donati". Donati ci telefonò: "Quando vedete uno unto, sporco, con l'aria da salumaio, aprite perché sono io". Era un uomo innamorato del suo lavoro, che realizzava cose che non esistevano. Prendeva la stoffa, la plissettava, la bagnava, la asciugava al sole, la plissettava di nuovo, creava una "corteccia". Pierino Tosi era un perfezionista, lavorava con Visconti. Donati inventava, altrimenti non si divertiva. Era simpaticissimo, semplice, viveva in una casa modesta come ogni enorme artista.
  • [Su Silvana Mangano] Quando è successo ho scoperto in lei un essere umano meraviglioso. Al cinema perdeva tanto, nella vita c'erano i suoi silenzi, i suoi occhi enormi, sgranati, la sua educazione, la gioia di aiutare gli altri. "Teorema" mi ha crocifisso, dopo quel film non ho più accettato costumi per il cinema. Mai più si sarebbe verificata quella magica coincidenza, un regista e una donna che amavo. Io non credo che le cose si ripetano nella vita con la stessa intensità. C'è un solo amore, una sola emozione. Ringrazio dio per questo incontro. La sogno ancora, quando disegno faccio il profilo del suo naso. E io le ho vestite tutte le dive, tranne la Lollobrigida e la Vitti, tutte. Ma la Mangano aveva una classe superiore. Non aveva origini nobili, era la figlia di un ferroviere, ma indossava un vestito da sera con la semplicità di un cardigan, e un tubino blu come una tiara regale. Mi ricordo la sua prima apparizione in sartoria, con un tailleur grigio di tweed, una borsa di coccodrillo un po' fané, i tacchi di sei centimetri. Aveva gambe meravigliose. [...] Pasolini mi disse: colore solo alla fine, quando lei scopre il sesso. E le ho fatto un tailleur di lino corallo. Nelle altre scene vestiva come le mie clienti quando stavano con le amiche o giocavano a carte, per la maggior parte tailleur e bluse di chiffon e georgette.
  • [Su Rita Levi Montalcini] Non voleva l'abito con quel po' di coda. "Mi inciampo", mi diceva. Poi mi chiamò per raccontarmi che la regina di Svezia le aveva fatto i complimenti. Le ho disegnato quarantasette vestiti, l'ultimo a cent'anni. Alla fine, quello del Nobel me l’ha regalato per la Fondazione. Era pazza di gioia quando in televisione dissero che le scienziate vestono male e che solo la Montalcini era elegante. Una volta mi chiese un vestito per un ricevimento al Quirinale. "Professoressa, in sei giorni non ce la faccio, metta l'ultimo". E lei: "No, me l'hanno già visto".

"Nella mia vita ho voluto vestire i sogni, oggi però siamo circondati da stracci"

Intervista di Antonio Gnoli, la Repubblica, 16 ottobre 2016.

  • Per un mestiere come il mio, così ricco di insidie e di sirene, non ci si prende mai troppo seriamente.
  • [Sul padre] Era un proprietario terriero. Un fratello, più piccolo, podestà. E l'altro, più grande, ingegnere e costruttore. Lo zio Pietro edificò il palazzo reale in Abissinia, sposò una ragazza, parente del Negus, fu arrestato per una storia di spionaggio, evase dal carcere e si rifugiò in Siria. Ad Aleppo nacque il figlio Ilario che sarebbe diventato arcivescovo melchita. Un uomo avventuroso, Ilario, sempre in bilico sul confine tra il lecito e l'illecito […] Un uomo forte e determinato. Con un fondo inquietante. Ed è stato un protagonista della politica in Medio oriente […] L'ultima volta che lo sentii per telefono, diversi anni fa, mi disse: Roberto sono sempre alle prese con la giustizia, è meglio se non ci vediamo.
  • L'Italia degli anni Cinquanta e i primissimi Sessanta, prima della Dolce Vita, fu un laboratorio di umiltà e talento come non si verificò in nessuna parte di Europa. Nel mio lavoro non c'era l'assillante problema della pubblicità, della griffa. Una donna come Irene Brin poteva con leggerezza e ironia raccontare quel mondo restituendone perfettamente la letterarietà. […] C'era la marchesa Olga di Grésy, la baronessa Clarette Gallotti, la contessa Gabriella de Robilant, le principesse Lola Giovannelli e Giovanna Caracciolo. Poi c'era il marchese Emilio Pucci, la principessa russa Irene Galitzine, che era stata alla corte dello zar. In quell'Italia ancora povera, dignitosa e stracciona, un manipolo di aristocratiche non creò delle griffe o dei marchi, ma un gusto e uno stile. La più affascinante e inquieta di tutte fu Simonetta Colonna di Cesarò, moglie di Galeazzo Visconti di Modrone. Era in anticipo sui tempi. La prima donna della moda italiana, come scrisse Leonor Fini. Tra noi si sviluppò un forte legame. Quando aprii il mio atelier a Parigi mi mandò un corno di corallo rosso e un biglietto.
  • [Sulle mode di oggi] Sono destinate a un pubblico televisivo. È un festival di mutande.
  • [Su Silvana Mangano] La ricordavo in Riso amaro, una specie di bomba sessuale. Mi disse che al solo pensiero di quel film provava uno schifo profondo. Aveva cominciato da poco una cura dimagrante. La sua bellezza mi sconvolse. La Mangano, con cui sarei restato amico per il resto della vita, fu il mio canto di addio. C'è sempre un vertice che è difficile da superare. Credo di averlo toccato con lei.
  • La vera eleganza prescinde dall'impegno finanziario e dal censo. Un vestito non ti rende migliore. Ma chi lo indossa può rendere migliore l'abito.
  • [Su Pasolini] Ci vedemmo in qualche occasione. Un uomo tormentato e intuitivo. Una volta mi disse: tutte le cose che lei coltiva prima o poi si realizzeranno. Ma si ricordi che arrivano anche le cose peggiori e più brutte. Sembrò annunciare la sua fine.
  • [Su Rossellini] La persona che più mi piacque. Lo conobbi attraverso l'ultima moglie, Sonali, che poi puntualmente lasciò. Il suo desiderio era di creare una famiglia allargata con tutte le donne che aveva amato.
  • [Su Visconti] L'ho conosciuto, ma non legammo. Aveva sempre una corte di ragazzi intorno e io non mi divertivo. Certo, era un uomo affascinante. Ma si sentiva il Re e giocava solo con chi gli faceva comodo. Molto meglio Zeffirelli per il quale feci gli abiti della sua Giulietta: Olivia Hussey, una ragazza bella e candida, peccato che mangiasse quantità industriali di cioccolata.
  • Il momento creativo più straordinario fu il Rinascimento. Le cose moderne mi piacciono solo se dietro c'è una verità. Il resto è bluff.

Il senso del tempo (e della moda) per Roberto Capucci

Intervista di Marta Stella, marieclaire.com, 16 dicembre 2016.

  • Certo, ci sono anche altri tipi di amori. Per me la moda è stata, oltre che un grande amore, anche un grande virus. Una malattia che uno si porta addosso. Ancora oggi alla mia tenera età di 85 anni disegno tutti i giorni e tutto il giorno, non ne posso fare a meno. Sempre, ne ho bisogno. È uno sfogo.
  • [Su Silvana Mangano] Dopo Silvana decisi di non vestire più nessun'altra. Sono rimasto con l'incanto di questa donna che mi ha "rovinato" la vita. Quanto era bella. Quelle mani, quelle gambe. C'è una scena in Teorema, quando si appoggia sul cuscino, straordinaria. Tra l'altro dal mio documentario [La Moda Proibita] l'hanno tagliata. Non capisco il perché.
  • Ora seguo solo i giovani. La mia sartoria è affollata di studenti. Sono più di settanta e arrivano da tutto il mondo. Vengono da me per avere un consiglio, per documentarsi per la loro tesi. Di solito arrivano per concluderla, per avere un colloquio con me, una chiacchierata prima della stesura finale. È una cosa che mi riempie di gioia. E forse è ancora più affascinante per me che per loro.

Roberto Capucci e il futuro dell'Alta Moda

Dal docu-film di Ottavio Rosati, La moda proibita, Istituto Luce Cinecittà, 2019; disponibile parzialmente su plays.it.

  • C'è anche una rosa Capucci? Sì, quella me la chiese Barni: "Posso fare Una rosa col suo nome?", "Volentieri, sarebbe un onore." "Come la vuole?". Io incosciente gli dissi: “La vorrei viola sfumata di verde mela dentro." Al che mi disse: "Ma lei è pazzo!" Allora me l'ha fatta rosa, chiara chiara chiara, ma dentro più scura. Profumata.
  • Io ho avuto una soddisfazione con Mozart. Quando c'è stata la mostra all'Albertina di Vienna nella ricorrenza della morte di Mozart, avevano fatto questa mostra pazzesca, che era costata miliardi, tutto su Mozart. Mi avevano chiamato da Vienna perché io feci anni fa una marsina rossa, tutta plissettata, molto bella devo dire. E loro l'avevano presa come simbolo. Perché Mozart si fece una marsina a Parigi, rossa, e scrisse al padre una lettera che aveva fatto questa marsina rossa. Quindi a Vienna, nella prima stanza dell'Albertina c'era una stanza nera e la mia marsina che girava piano piano; c'era un quadro con la marsina di Mozart e la lettera, su un leggio, del padre. È stato molto emozionante e per tutto il periodo, i mesi della mostra, tutta Vienna era tappezzata con la mia marsina e vicino Mozart, e ho avuto questo connubio meraviglioso, che la Moda non te lo dà.
  • Io non amo molto queste scarpe, questa specie di affaroni sotto perché da piccolo le amiche di mia madre, seguaci della moda, portavano queste scarpe. Allora io ero convinto, ero bambino, che ammazzavano I bambini con i tacchi. Allora, mi è rimasta questa immagine curiosa. Quando venivano le amiche di mia madre con i tacchi alti, dicevo: "Mamma, ma quelle ammazzano i bambini?", "Ma no: quella è la moda!"
  • I vestiti sexy vanno bene per i Lido di Parigi, le ballerine, gli artisti, i puntini ma la vera donna sexy, la donna misteriosa, le parte tutto dalla testa, non dalla scollatura o dal vestito. Posso dire che la Silvana Mangano, che è stata l'attrice che più ho amato nella mia carriera, era una donna che io guardavo mentre provava i miei vestiti, e potevo pensare di lei tutte le cose più incredibili. Perché? Perché era una donna affascinante, di una bellezza misteriosa. Lì c'era qualcosa che partiva dalla testa, non dal vestito.
  • Non siamo più nel Quattrocento, mio caro. Siamo in un secolo di distruzione. Qua si crea per distruggere, così si ricompra. E si distrugge, e si ricompra e si distrugge.
  • Oggi vediamo tante bellezze sui giornali, sono tutte ritoccate con i vari sistemi moderni di modo che si vedono solo delle bellissime ragazze senza un filo di rughe, di niente, perché il computer [...] Oggi la donna ha acquistato una grande libertà, sacrosanta, indispensabile, magnifica, bellissima, però è stata utilizzata in una maniera un po' sbagliata. I giornali propongono immagini di ragazzine di 18 o 24 anni al massimo, le altre escluse, non esistono più. Allora, voglio dire, cosa ci ricava una donna copiando quello che vede che è fotografato su donne alte due metri, magre magre, giovani, ritoccate sotto tutti i punti di vista dal computer o dal chirurgo plastico? Tutto questo non aiuta la donna, assolutamente. E questo non dà alle donne, perché ogni donna ha qualcosa da mostrare: gli occhi, la faccia o la bocca, le spalle, la vita, o quello che sia. Invece quando si camuffano, perdono il novanta per cento della loro bellezza. Ecco, questo è il grosso sbaglio di oggi. Questa specie di caos che si è creato: è difficile dire cosa è la bellezza, cosa non è la bellezza.
  • Ti giuro guarda, ormai c'ho 82 anni e ho iniziato che ce ne avevo 20. E non mi sono mai chiesto nulla. Una matita che si muove, una testa che si muove, idee che escono fuori e più disegni, più c'hai idee. Perciò è un esercizio bellissimo. Infatti mi chiedono ancora oggi come faccio ad avere tante idee... Non lo so, come la Callas che cantava, che ne so… Siamo arrivati oramai in archivio a quasi 50.000 disegni che ho fatto nella mia carriera dagli anni cinquanta a oggi.

Citazioni su Roberto Capucci modifica

  • È sublime, è meraviglioso, è un poeta, è musica, è aria. (Valentina Cortese)
  • I vestiti di Capucci hanno due caratteristiche. Una è che non si strapazzano mai; anche se li ficchi in una valigia escono perfetti. Secondo: inspiegabilmente sono portabili. Perché, quando una cosa è fatta da un tale maestro tiene conto che sotto c'è un corpo. (Franca Valeri)
  • Il Maestro Roberto Capucci [...] incarna con il suo lavoro e il suo modo di vivere: talento, grazia, bellezza, creatività, del meglio di ciò che, per dirlo con una parolaccia, viene definito il Made in Italy. (Roberto Cicutto)
  • La vulgata contemporanea ci ha assuefatto all'appellativo di "stilista" per definire chi disegna abiti. Ma fino agli anni Cinquanta si parlava soltanto di creatori (da Paul Poiret a Schiapparelli, da Worth a Chanel, da Balenciaga a Madame Grès). A questa genia dal piglio artistico, dal gusto della ricerca colta, dalla creatività senza fine di lucro, appartiene Roberto Capucci. I suoi abiti sono opere d'arte che coniugano lo spirito del bello rinascimentale con un talento enfatico nella scelta dei tessuti, nello studio delle forme scultoree, nella maniacale cura delle lavorazioni del plissé e delle sovrapposizioni, nella ricerca unica dei colori pieni usati in gradazione o a contrasto quasi sempre con un gusto più indiano che europeo. (Adriana Mulassano)
  • Nel potere della moda, nello sguardo esteriore che la veste e la sveste, si rivela la drammaticità del tempo che passa. Essa è lì, apparentemente eterna a gloriarsi delle sue forme, ma un attimo dopo è già . Per questo i grandi stilisti la guardano con sospetto, la temono come la peggiore delle sciagure, ma al tempo stesso sanno di non poterne fare a meno. Vado a trovare Roberto Capucci con questa idea vagamente terroristica per coglierne l'effetto prodotto sulla sua straordinaria carriera sartoriale. Ho di fronte un uomo minuto, aggraziato, nei modi quasi femminei, e risoluto nelle parole che suonano chiare e definitive. (Antonio Gnoli)
  • Ricordo che alla fine degli anni 70 Roberto venne a Milano per regalarci una sfilata a Palazzo Visconti e invitò Giorgio Armani allora stilista in ascesa. Giorgio, timido e schivo quanto Roberto mi chiese di accompagnarlo. Era emozionatissimo. Alla fine della sfilata mi disse: "Adriana sono avvilito perché ho capito vedendo la sfilata che io lavoro per vendere i vestiti e Capucci per l'eternità". E io gli risposi, cattivissima me: "Caro Giorgio la tua missione è di stampo realistico e quella di Capucci è di stampo onirico e artistico. D'altronde che male c'è a scegliere la via della bottega? Lo sai o no che con l'arte i soldi non si fanno?". Credo mi abbia detestata almeno per un attimo. (Adriana Mulassano)
  • Roberto può essere chiamato il dio della Moda non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dai giovani, da tutti. Perché l’ha fatta lui, l’ha iniziata lui la storia della Moda […] Ricordo una serata organizzata a Palazzo Farnese da Fabrizia Borghese e notai, anzi li contai, quanti abiti meravigliosi c’erano del mio amico Roberto. Anche perché i suoi abiti troneggiavano. Gli altri abiti si perdevano. E io ne ho contati quella sera trentasette. (Anna Fendi)

Note modifica

  1. a b Citato in «Roma volgare, basta con le sfilate», Corriere della Sera, 4 luglio 2009.
  2. Da Antonello Aglioti, Quando la moda è arte per Incontri ravvicinati, Rai 5, 2011; disponibile su raiplay.it.
  3. a b Citato in Gian Luca Bauzano, Lo scultore della seta, Marsilio, 2018, p. 109.
  4. a b Citato in Gian Luca Bauzano, Roberto Capucci, oltre 70 anni dedicati alla moda, TV2000, 2019; disponibile su youtube.com, 4 aprile 2019.

Altri progetti modifica