Nino Savarese

scrittore italiano

Nino Savarese (1882 – 1945), scrittore italiano.

Ritratto di Nino Savarese

Citazioni di Nino Savarese modifica

  • Allorché l'uomo, bambino, apre gli occhi alla muta meraviglia, ed allorché li richiude nel muto sgo­mento della morte, solo allora, la vita appare una cosa bella e ter­ribile e solenne: solo questi mo­menti sarebbero degni di storia. Ma allora ci mancano le parole: non ci soccorre l'arte di scriver memorie. Noi siamo sempre i grandi storici della nostra morti­ficazione quotidiana.[1]

Cose d'Italia modifica

  • Chioggia, è attaccata sulla laguna come una enorme chiatta, tra due ali di vele arancione. [...]
    Gran parte delle bottegucce, tra uno sparso di trucioli, sporge sugli usci boselli[2], zoccoli, remi e timoni, o cataste di corda nuova.
    Tutto il paese è legato a questo doppio motivo della corda e del legno: sembra vi sia impigliato e peni a districarsene, a furia di pazienza, di acume e di abilità, movendosi instancabilmente tra gli alti legni delle imbarcazioni, le reti, le vele, le nasse, queste non più di corda, ma di sottili orditi di giunchi. [...]
    Tra gli alberi e le vele che dondolano, le case sembrano turbate dall'irrequietezza del mare che non riposa mai, e non concede pace nemmeno la notte.
    Pare che a questi uomini sia negata ogni quiete, ed il loro destino ci riempie di meraviglia, e di ammirazione. (da Chioggia, città senza terra, pp. 60-62)
  • [Cingoli] Due porte si aprono, come feritoie, nella massa delle mura che cingono l'abitato: così piccole ed incassate che sembrano fatte per esser chiuse in faccia ai rigidi venti di tramontana ed alle fredde nudità della Roccaccia: scendendo la sera, sembra che il Podestà se ne debba mettere le chiavi sotto il cuscino, così intima e raccolta è l'ambientazione del Paese. (da Fiera a Cingoli, p. 89)
  • [Nemi] Il luogo favorisce quella brama di perdersi nel grembo della natura, che alle volte prende l'uomo, e che dovette spingere l'Imperatore che veniva a sostare su queste acque, fantasticando, forse, che a un certo momento le frange di questo cerchio di boschi si sarebbero avvicinate fino a intrecciarsi e chiudersi in un nido di foglie e d'acque calante al fondo di un abisso di dolcezza. (da Le navi di Nemi, p. 141)
  • [L'antica Pompei] Più frugavo tra quelle pietre, e meglio mi accorgevo che la città non è morta del tutto. Coloro che per primi sollevarono la sua nera coltre di cenere e di lapilli, trovarono che il suo corpo era in una sospetta immobilità: ma nello scuotere la cenere da una parete, si accorsero che un lembo della sua pelle era corso da un'aria di sangue. A poco a poco, pitture e graffiti rinvenivano alla luce e sembrava che quei gentili colori, il corpo sepolto riprendesse a respirare. E qualche parola cominciò a schiudersi dalle pareti e sulle facciate, appena la cenere le liberava, come mutolo che per miracolo ritorni a parlare.
    Gli antichi abitanti non l'hanno dimenticata: le nere figure che si agitano per queste vie, e sorvegliano gli accessi, debbono tener testa al loro ritorno. Giorno e notte, essi debbono lottare con gli spiriti che tentano forzare il rigore della loro custodia.
    Torneranno per riprendersi quest'aria di vita, questo fievole calore che hanno lasciato su tutte le cose, e sottrarlo alla nostra ignorante curiosità. (da Pompei, pp. 134-135)
  • [La tonnara] È occorso il lavoro di un centinaio di uomini, la perizia di un capo pescatore detto, con parola turchesca, rais, per mettere in opera questa grandiosa trappola, ma essa per molte settimane resta affidata alle acque e come abbandonata. Gli uomini si allontanano come se avessero nascosto nel mare non altro che un proposito, una calcolata insidia, ma staccata e lontana, e debbono aspettare raccomandandosi ai santi.
    Si vede poi che questo carattere avventuroso ed aleatorio che ha il mezzo della cattura, ne rende il successo sfrenatamente orgoglioso ed esaltato. Sembra impossibile che questa secolare insidia non debba mai fallire, ma non fallisce! (da La «mattanza» a Favignana, p. 166)
  • [La mattanza] Il dondolìo di tutte le imbarcazioni aumenta.
    Per i tonni la tragedia della libertà è cominciata. Sentivano di essere troppo vicini tra loro, ora cominciano a sfiorarsi, poi ad urtarsi: lo spazio insensibilmente si annulla: la immensa vastità dei mari è scomparsa in un terribile nodo. Attraverso il cristallo dell'acqua giunge fino a loro il vociare degli uomini, come la rivelazione improvvisa di un mondo misterioso e terribile.
    Lo specchio dell'acqua, ormai chiuso, comincia ad incresparsi: l'acqua è diventata scura e si solleva in un bollore stregato. Cominciano a guizzare le code falcate dei tonni che battono furiosamente l'acqua; balenano i dorsi lucidi di un colore inafferrabile, che sembra metallo liquido.
    La rete sale per un ultimo tratto e l'apparizione di centinaia di tonni furiosi, smarriti, è salutata da un vociare più alto, che è quasi un'enorme sghignazzata delle cento bocche che hanno formato, su questo tratto di mare, un anello diabolico. (da La «mattanza» a Favignana, pp. 168-169)

Incipit di alcune opere modifica

Gatteria modifica

Il principe Daineo di Ballanza viveva da parecchi anni in una villa del sobborgo e non aveva più messo piede in città né nel palazzo paterno. Aveva in fastidio tutta la gente, anche d'incontrarla per le strade e tutte le cose che essa faceva, anche se egli non dovesse far altro che guardarle. Teneva presso di sé due servitori che avevano imparato a servirlo senza mai lasciarsi vedere; e nemmeno nelle ore dei pasti comparivano le loro mani inguantate pronte dietro le porte, ché il principe aveva dato ordine gli si lasciassero le vivande in fila sulla tavola.

La massaria modifica

Il feudo comincia allorchè ogni aspetto della terra divisa e variamente coltivata finisce: allorchè ogni strada buona scompare, e non si vedono più piccole case di campagna, circondate d’alberi e di piacevolezze. Allora tu entri nell’aria del grande feudo. E senti che ti allontani nel tempo, come ti è forza allontanarti nello spazio.

Note modifica

  1. Da Congedi, Cremonese, Roma; citato in Lorenzo Gigli, Congedi di Nino Savarese, Gazzetta del Popolo, 9 novembre 1938, p. 3, dioramagdp.unito.it.
  2. Vasetti di legno.

Bibliografia modifica

  • Nino Savarese, Cose d'Italia: (1930-1932), a cura di Salvatore S. Nigro, con una nota di Enrico Falqui, Sellerio editore, Palermo, 1991.
  • Nino Savarese, Gatterìa: nuova stranissima storia di un principe gattesco, Sellerio, Palermo, 1992.
  • Nino Saverese, La massaria, tratto da: La lettura: Rivista mensile del Corriere della Sera (1942, A. 20, set., 1, fasc. 9).

Altri progetti modifica