Luigi Napoleone Cittadella

storico italiano (1806-1877)

Luigi Napoleone Cittadella (1806 – 1877), storico italiano.

Citazioni di Luigi Napoleone Cittadella modifica

  • Nel palazzo di Schifanoja nacquero, abitarono e morirono molti della famiglia Estense; vi si celebrarono matrimoni; vi si fecero feste e pranzi e tripudj, con tutt'altro che può esserne conseguenza. Vi abitarono pure molti sovrani, principi e cardinali, non che moltissimi ambasciatori; come furono giuocate alcune giostre nella piazza che vi fronteggia.[1]
  • [...] si potrà ben asserire che [Biagio Rossetti] fu Architetto, ed Architetto di merito non comune. Quest'ultimo palazzo [ dei Diamanti] e que' due tempj [di San Francesco e Santa maria in Vado] sono opere classiche, e chi fece il concetto del primo di essi, e poté continuare il secondo, può ben figurare fra gli Architetti di ottima fama, sebbene sino ad ora, non dirò del tutto dimenticato, ma quasi ignorato.[2]

Memorie storiche-monumentali-artistiche del tempio di S. Francesco in Ferrara modifica

  • Torri campanarie e campane ai primitivi tempi de'Cristiani erano ben poca cosa: una delle prime torri, quando s'ingrandirono le campane, vuolsi quella notata da Anastasio Bibliotecarionella vita di Stefano III al 770 nella Chiesa di S. Pietro a Roma. A poco a poco vennero quelle altissime e belle costruzioni, in cui gareggiarono le Città, che formarono la maraviglia dell'Arte, e che seguirono l'architettura de'Templi, quando loro furono contemporanee; lo che per altro non fu frequente, come vedesi nelle torri di Firenze, Venezia, Ferrara, ed altrove. (cap. V, p. 25)
  • Forse dalle infinite pitture, e sculture, ove sono rappresentati ora San Francesco, ed ora Sant'Antonio, nacque la disputa sul vero abito primitivo de' Minori; disputa, ch'ebbe ad esercitare molte anche rispettabili penne, senza che alcuno si tenesse per vinto. [...].
    I primi Francescani non ebbero né cappe, né mantelli, né cocolla, né altra sorta di vestito, fuori di quello che portavano i contadini di quel tempo abitanti dell'Umbria; e monumenti, che giungono fino al susseguente secolo XIV, rappresentano pastori coperti del capperone simile al cappuccio de'Frati Minori, come lo accenna il Ducange[3], e come anche vediamo in antichi ritratti di Dante, Boccaccio, e Petrarca. (cap. VIII, p. 39)
  • Non si potrà dire che il Tempio di San Francesco sia il Panteon degl'illustri ferraresi, perché troppo Ferrara n'ebbe in ogni tempo e di ogni classe, né in patria tutte furono deposte le ossa loro: ma qui al certo ve ne hanno tanti e sì celebri di ogni sorta, che può dirsi a buon dritto un luogo storico monumentale. Estensi Signori di Ferrara e loro mogli; guerrieri e diplomatici; dignitari di Chiesa; scienziati, letterati ed artisti, ed illustri infelici caduti sotto la mannaja del carnefice; tutti stavano o stanno coi loro corpi per entro a quelle tombe, od in quella terra, ov'erano i templi anteriori al presente, insieme a tantissimi, di cui la fama nulla suonò, che morirono ignorati, o che devono il loro nome ed un ricco sepolcro alla generosità, alla munificenza, all'amore dei loro superstiti, od anche al fasto ed all'ambizione di nobile potente prosapia. Che resta ormai di loro? neppur forse unite le ceneri, già disperse dal tempo, o da nuovi cadaveri che li seguirono in quegli avelli, o dalle susseguentisi costruzioni e mutamenti. (cap. XI, pp. 56-57)
  • Mi sorprende che [l'ambone che sorgeva nel Tempio di San Francesco] a taluni abbia potuto sembrar opera degna di qualche considerazione; di che non era meritevole né per preziosità di materia, né per eccellenza di lavoro, né per quella forma che ci accusa il decadimento delle arti, ed il progrediente barocchismo. La sontuosità del tempio meritava in vero di essere sollevata da quell'importuno manufatto che, posto nel sesto intercolonnio a sinistra, toglieva allo spettatore di liberamente far percorrere lo sguardo su quel maestoso colonnato. Infatti ne fu tolto. (cap. XII, p. 75)
  • Altre lapidi con iscrizioni, e cinte intorno di piccoli ornamenti, veggonsi qua e là infisse nei muri delle piccole cappelle; ma di niuna può farsi lode o special menzione; bensì lo si deve del magnifico mausoleo di Ghiron Francesco Villa[4], che già vedemmo figurare fra i più distinti guerrieri. Ricco di marmi lunigiani, e di nerissimi, è tutt'altro che di forme gentili; è un baroccume del secolo diciassettesimo, il quale però, al pari di tanti anche colossali monumenti di quel tempo, mostra uno slancio nella fantasia dell'autore, uno spirito magnanimo e nobile nei ricchi proprietarii che lo facevano eseguire; di quel tempo in cui, come ottimamente si esprimeva il P. Bernardo Gonzati, non lasciavansi languire le Arti nella squallida grettezza dei tempi moderni. (cap. XII, p. 79)
  • Quest'Organo [del Tempio di San Francesco] conta cinquanta registri. Ventiquattro sono di ripieno semplice coi primi principali tanto nella parte dei bassi quanto in quella dei soprani, sull'ordine di sedici piedi armonici. Dieci registri di concerto ad anima comprendono flauti, viole, cornetti, ottavino, e voce umana; gli altri sono ad ancia, compresivi quelli dei pedali. Questo semplice ripieno è veramente magnifico, unendo ad una squisita dolcezza una maravigliosa forza corrispondente in bel modo a quella dei contrabassi ai pedali suddetti. I registri di concerto ad anima sono eccellenti, il flauto traverso imitando perfettamente il naturale, come lo imitano le viole, i cornetti, e la voce umana, in tutta la loro estensione. Gli altri registri ad ancia ti paiono quale un clarino, quale un fagotto, quale un corno inglese, quale un violoncello. Tu senti le trombe tanto soprane, che basse, le sì rare trombe alemanne, e di tanta eguaglianza, che ti sorprendono sia nel dettaglio, sia nell'insieme. Sonovi ancora bombardoni e tromboni ai pedali, corrispondenti del tutto al grande complesso dell'Organo; come altresì tre altri registri di Fisarmonica tanto nei bassi, che nei soprani, e bombardoni a fisarmonica ai pedali, rispondentivi per forza ed armonia. Ciascuna di queste voci contiene un regolatore atto ad accordarsi con gli altri registri: avvi un pedale con cui si dà ad essi la espressione di chiaro-scuro a piacere di chi suona, ed a modo da sembrarti altrettanti concerti di violini, allorché si uniscono coi flauti. (Appendice, pp. 112-113)

Note modifica

  1. Da Notizie relative a Ferrara per la maggior parte inedite, pei tipi di Domenico Taddei, Ferrara, 1864, p. 340.
  2. Da Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara, vol. II, parte III, Tipografia di Domenico Taddei, Ferrara, 1868, p. 255.
  3. Ducange (Dufresne Carolus Dominicus de); Glossarium ad scriptores mediæ et infimæ latinitatis; Francofurti; West; 1681. [N.d.A.]
  4. Marchese Ghiron Francesco Villa (...-1670), generale italiano.

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