La terra trema

film del 1948 diretto da Luchino Visconti

La terra trema

Descrizione di questa immagine nella legenda seguente.

I pescatori partono dal porticciolo di Aci Trezza

Titolo originale

La terra trema

Lingua originale italiano
Paese Italia
Anno 1948
Genere drammatico
Regia Luchino Visconti
Soggetto Luchino Visconti (da I Malavoglia di Giovanni Verga)
Sceneggiatura Luchino Visconti
Interpreti e personaggi
Note

La terra trema, film italiano del 1948, regia di Luchino Visconti.

Incipit modifica

[Un gruppo di uomini entrano in chiesa. Dal gruppoi partono alcuni richiami incomprensibili]
Voce: Ramunnu! Ramunnu! Aiûtati, ch'à fattu iornu!
Altra voce: Larienzu! Ci virunu i varchi?
Voce: Sì, fora i foraggjiuni.

I fatti rappresentati in questo film accadono in Italia e precisamente in Sicilia, nel paese di Acitrezza, che si trova sul mare Jonio a poca distanza da Catania. La storia che il film racconta è la stessa che nel mondo si rinnova da anni, in tutti quei paesi dove uomini sfruttano altri uomini. Le case, le strade, le barche, il mare, sono quelle di Acitrezza. Tutti gli attori del film sono stati scelti tra gli abitanti del paese: pescatori, ragazze, braccianti, muratori, grossisti di pesce. Essi non conoscono lingua diversa dal siciliano per esprimere ribellioni, dolori, speranze. La lingua italiana non è in Sicilia la lingua dei poveri. (Testo a scorrimento)

Frasi modifica

  • Come sempre i primi a cominciare la loro giornata a Trezza sono i mercanti di pesce che scendono al mare quando ancora il sole non è spuntato di là di Capo Mulino perché come tutte le notti le barche sono uscite in mare e ora rientrano con quella poca pesca che hanno fatto. Se c'è la pesca si vive alla Trezza e dal nonno, al padre, ai nipoti è sempre stato così. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Una casa come tante altre, fatta di vecchia pietra. E le sue mura hanno tanti anni quanti il mestiere di pescatore. A quest'ora, prima di giorno, ala casa si sveglia. È la casa dei Valastro. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Le donne mentre sfaccendano pensano ai loro uomini che devono tornare dal mare, che la famiglia ha sempre avuto una barca sull'acqua, da quando esiste il nome dei Valastro. Pensano al nonno e ai fratelli, e anche al padre, che una mattina come questa non è più tornato dal mare. (Narratore) [voce fuori campo]
  • "Il mare è amaro" ha detto Lucia e anche il lavoro è amaro se il guadagno se lo mangiano tutto i grossisti. Ci sono gli uomini a giornata, le reti da rattoppare e tutti i danni che ogni notte il mare fa alle barche. Tutte le spese ricadono sulle spalle dei pescatori, mentre i grossisti si arricchiscono senza fatica a comperare per niente quel pesce che è costato tanto sudore della fronte. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Dodici ore di fatica nelle ossa e a casa non riportano nemmeno quel tanto che basta per non morire di fame, Eppure le reti quando le hanno tirate su erano piene. Il pensiero di non aver guadagnato abbastanza da sfamare tante bocche continuerà ad angustiarli, gli avvelenerà anche le poche ore di riposo. (Narratore) [voce fuori campo]
  • [...] 'u pruvvebbiu anticu dici: forza di giùvani e sintimientu di vecchi![1] (Nonno) [proverbio]
  • Se c'è un sollievo, se c'è un momento d'allegria, è al pensiero della ragazza e per la ragazza si può anche rinunciare a riposarsi perché gli uomini sono fatti per essere presi dalle ragazze come i pesci del mare sono fatti per chi se li deve mangiare. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Il domani è sempre pieno di promesse e qualcuna prima o poi dovrebbe mantenerla, ma a Trezza i domani non sono molto diversi dai giorni prima o da quelli che verranno. [...] Nemmeno pel maresciallo di finanza, l'autorità del paese, che per ingannare il tempo guarda passare le belle ragazze. [...] Certo la vita di Don Salvatore è diversa da quella degli altri: è pagato dallo stato lui e ad Acitrezza ne ha di tempo a disposizione. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Un sorso di vino, un pane e un'aringa. Se li sono guadagnati col lavoro di ieri per aver la forza di tornare in mare stanotte per guadagnarsi aringa, vino e pane per domani. [...] E anche se hanno il cuore grosso, la sera devono tornare a pescare, che la loro è una schiavitù senza scampo. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Le lampade vanno e vengono nel mare nero a cercare il pesce che viene su attirato dalla luce. Le voci corrono tra le barche e sono richiami, avvertimenti, segnali. Le reti affondano, poi gli uomini le ritirano formicolanti, che sembrano vive. E continua la fatica, a logorarsi la schiena, su e giù, affondare e salpare, salpare e affondare fino a quando non schiarirà verso Capo Mulino. Ce ne vuole di pesce per le poche migliaia di lire che gli daranno i grossisti. Ma forse sono i vecchi che si fanno mettere sotto. Se ci andassero i giovani sul molo a vendere, chissà, le cose andrebbero diversamente. (Narratore) [voce fuori campo]
  • Chissu è 'u mari ca nni resi Diu e cu chissu n'àmu a cuntintari.[2] (Nonno) (p. 49)

Dialoghi modifica

   verificare nomi personaggi

  • 'Ntoni: ...Sti così l'àmu a spizzarri pi fforza! Cettu ca n'amminàzzunu! Cèccunu di pigghiàrini a paura! A ccui?...
    'Ntoni: ...A chiddi cchiù fissa di nuàutri ca 'ncuminciano a travagghiari suli, l'autri si pigghianu di curaggiu e 'nni vènunu appressu! E poi 'nni dicinu grazie![3] (p. 78)

Note modifica

  1. Trascrizione da op. cit., p. 33. Traduzione in italiano: «[...] l'antico proverbio dice: forza di giovani e giudizio di vecchi!»
  2. Traduzione in italiano: «Questo è il mare che Dio ci ha dato, e di questo ci dobbiamo contentare.»
  3. Traduzione in italiano:
    – Questa situazione la dobbiamo rompere per forza! Certo ci minacceranno! Cerccheranno di prenderci per paura. Ma a chi?
    – ...Ai più fessi di noi! Ma noi non dobbiamo metterci paura di loro. Non appena i primi di noi cominceranno a lavorare da soli, gli altri si faranno coraggio e ci verranno dietro! E poi ci diranno grazie!

Bibliografia modifica

  • Luchino Visconti, La terra trema, trascrizione di Enzo Ungari, con la collaborazione di Claudio Battistini e G. B. Cavallaro, Cappelli Editore, Bologna 1977.

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