Il ritorno di don Camillo

film del 1953 diretto da Julien Duvivier

Il ritorno di Don Camillo

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Titolo originale

Il ritorno di don Camillo

Lingua originale italiano
Paese Italia, Francia
Anno 1953
Genere commedia
Regia Julien Duvivier
Sceneggiatura Julien Duvivier, René Barjavel, Giuseppe Amato e Giovannino Guareschi
Interpreti e personaggi
Note

Il ritorno di Don Camillo, film italiano del 1953 con Gino Cervi e Fernandel, regia di Julien Duvivier.

Frasi modifica

  • Compagni, ci sono momenti i quali, senza dimenticare la necessità della riscossa proletaria, bisogna sapersi inchinare davanti all'avversario meritevole, soprattutto se è morto. (Peppone) [riferendosi al dott. Spiletti]
  • Sono come una corazzata chiusa in uno stagno, appena mi muovo c'è la rivoluzione dei ranocchi. (Don Camillo)
  • [Don Camillo, tornato a Brescello, va ad assistere al concomitante incontro di boxe che Peppone ha organizzato per evitare che il ritorno del curato si trasformasse in un trionfo della reazione. Dopo che il sindaco è stato messo ko dall'avversario, Don Camillo sale sul ring e lo batte sotto gli occhi degli spettatori in giubilo]
    Grazie, grazie figli miei! Io sono felice di poter essere di nuovo in mezzo a voi. Vedete: avevo tanta fretta che non ho potuto attendere e ho preso il primo treno... [squadrando uno dei compagni di Peppone] Fortunatamente sono arrivato in tempo eh? [Dopo che la folla ha applaudito nuovamente] Quando dico "sono arrivato in tempo" io non parlo di questa manifestazione di violenza alla quale il Signore mi ha dato la forza di mettere fine! Vergognatevi di pascervi di questi spettacoli sanguinari! Ma siete degli esseri civili o dei cannibali? Mentre voi vi divertivate con questi giochi brutali per colpa della vostra indifferenza e dell'incuria dell'amministrazione comunale le campane della chiesa son cadute sulla testa del vostro parroco. Vi do appuntamento domenica alla Santa Messa, spero che tutti ci verranno, anche quelli che hanno sulla coscienza [guardando Peppone, che si è ripreso durante il rimprovero] la rovina della Casa del Signore! (Don Camillo)
  • [Tutto il paese si è presentato alla messa domenicale: Peppone e i suoi si presentano in ritardo ma giusto in tempo per ascoltare il sermone, e prendono posto sedendosi ad un cenno del sindaco]
    Miei amati fratelli, sono felice di vedere quest'oggi riunite davanti a Dio tutte le Sue pecorelle, comprese quelle che hanno smarrito la via dell'ovile. Purtroppo però la mia gioia è guastata da un doloroso incidente: [alzando la voce] come sanno tutti, ad eccezione di quelli che dovrebbero saperlo, una crepa sta minando la salvezza della torre che da un momento all'altro può crollare sulla chiesa. E Geltrude, la gloriosa campana che squilla da secoli nel cielo del nostro paese, vittima di quelli che promettono sempre e non mantengono mai, è precipitata dalla torre! [brusio tra i parrocchiani] Mi rivolgo a voi, cari fedeli, perché veniate d'aiuto a questa Casa di Dio che è anche la vostra. Dicendo "fedeli" penso a quelli che vengono qui per sentirsi vicino a Dio, e non ai faziosi che vogliono solo mettere in mostra la loro preparazione militare. [Peppone è evidentemente turbato] Dopo la messa, approfittando della bella mattina che il Signore ci accorda, io mi metterò davanti alla porta per ricevere le offerte, affinché quelli che non vogliono dar niente lo facciano di fronte a tutti. (Don Camillo)

Dialoghi modifica

  • Peppone: Dica un po', che sarebbe quella nuova statua che ha messo in chiesa al posto di san Lucio?
    Prete supplente: È santa Rita da Cascia.
    Peppone: San Lucio è il patrono dei lattai, no? Levandolo lei turba l'ordine economico del paese, la prego di far sparire quella statua al più presto!
  • Peppone: Era un vecchio avversario, ma sappiamo riconoscere il valore degli individui, chiederò al consiglio di votare un giorno di lutto ufficiale.
    Dott. Spiletti: Ti piacerebbe, eh, brutto asino rosso?
    Peppone: Ma allora dottore?
    Medico: Clinicamente è morto... Respira ancora è un fatto, ma è anche un affronto alla scienza.
    Dott. Spiletti: Saresti lieto di seppellirmi, eh, ma aspetterai, morrò quando don Camillo mi avrà confessato.
    Peppone: Se vi ci vuole don Camillo avremo il piacere di conservarvi fra noi fino al giorno del giudizio.
  • Peppone: Tu e le tue comari lasciatemi in pace con don Camillo, sta bene dove sta! [Rivolto alla moglie]
    Don Camillo: Mica tanto bene. [Appena tornato in paese]
  • Prete supplente: Vi ho aspettato per dirvi che ho cercato invano di fargli mantenere le promesse circa la torre campanaria. Alla fine gli ho spedito una lettera raccomandata, pregandolo di venire di persona a constatarne i danni.
    Don Camillo: E vi ha risposto?
    Prete supplente: Sì. Guardate.
    Don Camillo [Leggendo la lettera di risposta]: "Il signor Sindaco riceve sino alle 7. Se si desidera di fargli vedere la crepa, si prega di portare la torre in comune"... Regoleremo anche questa!
  • Peppone: In riga ... Attenti ... Avanti, marsh! [Comandando i suoi]
    Peppone: Primi fra tutti teniamo a che torni a posto quella campana, che ha salutato ieri l'alba della liberazione e che saluterà domani l'alba radiosa della rivoluzione proletaria. [Versando poi l'offerta per la ristrutturazione del campanile]
    Don Camillo: Grazie, signor sindaco... [Proseguendo sottovoce] Mo per il giorno della rivoluzione farai bene a curare il dietrofront e il passo di corsa.
  • Peppone: Ha soggezione, voi potete parlargli senza aver bisogno di picchiarlo come farei io. [Chiedendo a don Camillo di intervenire presso il proprio figlio in collegio]
    Don Camillo: Sinceramente se ci vado ho paura che qualche ceffone mi scappi.
    Peppone: Oh, se si tratta di qualche scapaccione niente in contrario, ma andateci piano, è un Botazzi d'accordo, ma non ha ancora la robustezza di suo padre.
  • Don Camillo: Hai di nuovo messo avanti il tuo sporco orologio?!
    Peppone: Non vorrete mica che si resti in ritardo sulla reazione?
    Don Camillo: La torre segna l'ora solare, il sole non fa politica: il tuo orologio va avanti.
    Peppone: È l'orologio del popolo, se è in ritardo sul popolo tanto peggio per il sole e tutto il suo sistema!
    Don Camillo: Poh, Signore difendetemi, la Terra non gli basta più, vogliono rifare l'Universo. [Ma finito il colloquio don Camillo si precipita a portare avanti le lancette della torre campanaria]
  • Don Camillo: Cosa dai alle tue api per nutrirle? Le opere di Karl Marx? [Don Camillo ha preso la febbre e Peppone gli offre della camomilla con il suo miele per farlo stare meglio]
    Peppone: Quest'inverno non ho bisogno di nutrirle, gli ho ripetuto il vostro ultimo sermone e da allora... dormono.
  • Peppone: Sapete almeno nuotare?
    Don Camillo: Eeoh, come un ferro da stiro!

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