Giuseppe Vella (1749 – 1814), monaco e falsario italiano.

Citazioni su Giuseppe Vella modifica

  • Tra tanta penuria [di studi orientalistici, n.d.r.], piombò in Palermo il maltese Giuseppe Vella, frate cappellano dell'Ordine Gerosolimitano, il quale con quel suo dialetto mescolato d'arabico corrotto e di pessimo italiano, potea comprender tanto dell'idioma degli Arabi, quanto un contadino di Roma intenderebbe Cicerone o Tito Livio senza avere mai studiato il latino; e, per giunta, il Vella ignorava i caratteri, né li apprese che a capo di parecchi anni, da uno schiavo musulmano che vivea in Palermo. Digiuno d'ogni erudizione, ma furbo, baldanzoso, sfacciato, ciarlatano che testè facea mestier di dare i numeri del lotto, il Vella aprì nuova bottega: fabbricò due codici diplomatici in arabico, dicea, ma ne mostrava la sola versione italiana; dei quali il primo intitolò Consiglio di Sicilia, e vi finse il carteggio degli emiri dell'isola coi principi aghlabiti e fatimiti d'Affrica; il secondo, Consiglio d'Egitto, e lo disse raccolta delle lettere dei principi normanni di Sicilia, i quali, per passatempo, raccontassero tutte le faccende di casa loro ai moribondi califi fatimiti d'Egitto. (Michele Amari)
  • [Riferito alla sua opera della storia musulmana di Sicilia] «Azzardannu 'na jurnata / Visitari li murtali, / Virità fu sfazzunata; / Ristau nuda a lu spitali. / [...] / Sta Minsogna Saracina / cu sta giubba mala misa / trova cui pri concubina / l'accarizza, adorna e spisa. / E cridennulla di sangu, / Come vanta, anticu e puru, / d'introdurla in ogni rangu / si fa pregio non oscuru» (Giovanni Meli)

Altri progetti modifica