Giovanni Dondi dell'Orologio

medico, astronomo, filosofo, poeta ed orologiaio italiano

Giovanni Dondi dell'Orologio o dall'Orologio (1330 circa – 1388), medico, astronomo, filosofo, poeta, orologiaio e accademico italiano.

Monumento a Giovanni Dondi (Padova)

Citazioni su Giovanni Dondi dell'Orologio modifica

  • Ciò che per altro rese in ispecie famoso il Dondi, si è l'opera di quell'orologio, od astrario che dir si voglia, tutto fabbricato di rame e d'ottone, e composto di circa dugento pezzi, a preparare i quali ebbe impiegati ben sedici anni. Questa macchina, che fu compiuta nel 1364, e venne alquanto più tardi fatta allogare da Gian Galeazzo Visconti nella sua biblioteca del castello di Pavia, si vide allora noverata fra le meraviglie del mondo, e valse al suo autore il soprannome di Orologio; il quale perpetuossi dappoi ne' suoi discendenti. (Luigi Tommaso Belgrano)
  • Fra i più stimati ed amati [medici] da lui [Francesco Petrarca] fu il celebre Giovanni Dondi dall'Orologio, ch'egli riteneva amico suo quanto appena esser poteva egli medesimo e del quale scrisse: Tam excelso tamque capaci pollebat ingenio, ut ad sidera esset iturus, nisi eum Medicina tenuisset. Questi lo consigliò, se voleva vantaggiare nella salute, a non digiunare, a non mangiar frutta, a non bere acqua pura. Il Poeta, in una lunga lettera scritta da Arquà il 13 luglio 1370, pur grato alla premura dell'amico ed ammirato della sua dottrina, ne respinse e ne confutò i consigli. Non pago, il Dondi gli scrisse in propria difesa, ed il Petrarca replicò le sue ragioni in una seconda lettera non meno lunga della prima, datata anch'essa dalla villa Euganea. Dopo tanto disputare, finirono entrambi col rimanere ciascuno nella propria sentenza; ma la loro amicizia non s'affievolì per questo, che anzi il Dondi, se non come medico certo come amico, andava spessissimo a visitare il Petrarca, piacendosi oltremodo della sua compagnia e de' suoi scritti. (Antonio Zardo)
  • Tra' figliuoli di Iacopo Dondi vuolsi annoverare Giovanni, a cui somma lode basterebbe il dire che fu amico diletto al Petrarca; il quale gli scrisse di lunghe ed affettuose lettere, e gli diresse un sonetto[1], e con altri pochi il ricordò nei proprio testamento, in cui gli fe' legato di cinquanta ducati doro. (Luigi Tommaso Belgrano)

Note modifica

  1. Questo sonetto fa parte del Canzoniere (Il mal mi preme, e mi spaventa il peggio, ec.), ed è in risposta ad altro di Giovanni, che comincia: Io non so ben s'io veda quel ch'io veggio. Il Dondi, allegando essere tratto quasi fuor di senno da passione amorosa, domanda consiglio al Poeta; e questi gli risponde invitandolo ad alzare l'anima a Dio [...]. [N.d.A.]

Altri progetti modifica