Gian Antonio Stella

giornalista e scrittore italiano (1953-)

Gian Antonio Stella (1953 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Gian Antonio Stella nel 2008

Citazioni di Gian Antonio Stella modifica

  Per approfondire, vedi: La casta.
  • [...] mai quanto stavolta, come forma di risarcimento, in occasione dei 150 anni dell'Unità, nei confronti del Mezzogiorno anche qui tradito dai Savoia, lo Stato dovrebbe essere presente. Dovrebbe strappare Carditello al degrado, al pattume e alla camorra, restaurarlo e farne di nuovo, come merita, una «delizia». Non è solo una questione di salvaguardia. È una questione d'onore.[1]
  • [Sulla Reale tenuta di Carditello] È nostra, finalmente. Dopo mille tormenti societari e mille razzie vandaliche e mille incubi sul destino d'ineluttabile degrado, la Reggia di Carditello, la stupenda Versailles agreste dei Borbone, appartiene da ieri a tutti gli italiani. Era ora. Anche se adesso viene il difficile: vincere la camorra sul suo terreno. [...] Come fosse nell'epoca d’oro, possiamo immaginarlo: campi e vigne e frutteti a perdita d'occhio. Quando ci passò Wolfgang Goethe restò incantato spiegando che bisognava andare di lì «per comprendere cosa vuol dire vegetazione e perché si coltiva la terra. [...] La regione è totalmente piana e la campagna intensamente e diligentemente coltivata come l'aiuola di un giardino». Finita dopo l'Unità d'Italia nel bottino del re Vittorio Emanuele II, che già aveva le sue tenute dove sfogare la passione venatoria a Venaria e a San Rossore, la reggia agreste fu affidata perché se ne occupasse all'allora capo della camorra locale. Il primo di tanti errori e tante scelleratezze. Che importava, ai Savoia, di quella meravigliosa proprietà terriera?[2] 
  • È impossibile parlare del razzismo di oggi se non si ricorda il razzi­smo di ieri. (da Corriere della Sera, 25 novembre 2009)
  • Già che ci siamo, perché non varare l'Area metropolitana dell'Aspromonte o l'Area metropolitana della grande Reggio o l'Area metropolitana calabrese? Di più! Di più! Area metropolitana della Magna Grecia![3]
  • Il successo è diventato più importante dell'amicizia, che solo un veneto su quattro considera importante la salute in fabbrica.[4]
  • L'eccellentissimo professor Amedeo Maiuri è stato poi contattato, come promesso, dai responsabili del coordinamento della raccolta dati del ministero per i Beni e le attività culturali? O essi hanno rinunciato alla preziosa collaborazione dell'illustre archeologo arrendendosi davanti al dettaglio che egli è morto il 7 aprile 1963, cioè 47 anni fa?[5][6]
  • Mario Borghezio ha detto al Parlamento europeo, dove è da anni la punta di diamante della Lega Nord, di avere una spina nel cuore: «L'utopia di Orania, il piccolo fazzoletto di terra prescelto da un pugno di afrikaner come nuova patria indipendente dal Sudafrica multirazziale, ormai reso invi­vibile dal razzismo e dalla criminalità dei neri, è un esempio straordinario di amore per la libertà di preservazione dell'identità etnoculturale.[...] Si potrebbe se­guire l'esempio di questi straordinari figli degli antichi coloni boeri e "ricolonizzare" i nostri terri­tori ormai invasi da gente di tutte le provenienze, creando isole di libertà e di civiltà con il ritorno integrale ai nostri usi e costumi e alle nostre tradi­zioni, calpestati e cancellati dall'omologazione mondialista. Ho già preso contatti con questi 'co­struttori di libertà' perché il loro sogno di libertà è certo nel cuore di molti, anche in Padania, che come me non si rassegneranno a vivere nel clima alienante e degradato della società multirazziale». La «società multirazziale»? Ma chi l'ha creata, in Sudafrica, la «società multirazziale»?[7]
  • [Su Dario Mellone] Nato a Bologna la domenica di Pasqua del 1929, cresciuto a Milano, figlio d'un agente della Vallardi e una libraia, liceale al Berchet, spinto dal padre a studiare architettura rinunciando all'Accademia di Brera, Dario arriva al giornalismo sognando un avvenire da pittore. Per mantenersi, collabora con alcune case editrici: «Nel '50 mi presento a Dino Buzzati, vicedirettore della "Domenica del Corriere". Apprezza i miei disegni e mi offre una collaborazione per il "paginone"». Resterà «di famiglia» al «Corriere», amatissimo dai lettori, per oltre quarant'anni.[8]
  • Sia chiaro: il regime dispotico degli ayatollah da quarantatré anni al potere dopo avere liquidato non solo lo scià Reza Pahlavi (fin qui pochi rimpianti: spendere cento milioni di dollari come fece lui per celebrare se stesso a Persepolis quale discendente di Ciro il Grande la dice lunga sull’uomo) ma anche ogni ipotesi di democrazia compiuta, non merita nulla. Men che meno di simpatia dopo tante torture, tanti pestaggi, tante condanne a morte che colpiscono ogni forma di dissenso, politico, sociale o di genere che sia.[9]
  • [Su Luigi Meroni] Un bohémien che amava sfidare i benpensanti vivendo more uxorio (scandalo!) con una ragazza polacca già sposata e girando con una gallina al guinzaglio.[10]

Quell’ultimo fastoso banchetto dello Scià

Sulla celebrazione dei 2500 anni dell'Impero Persiano, Corriere della Sera, 24 maggio 2022.

  • «Maestà, non crede d’aver esagerato?», chiese un cronista occidentale. E lui: «Non potevo mica offrire ai miei ospiti pane e ravanelli!».
  • Fu proprio quella strabiliante cerimonia del 1971 costata oltre cento milioni di dollari in cui [Farah Pahlavi] stessa aveva una corona con 1.469 diamanti, rubini, perle e smeraldi per un totale di 3.755 pietre preziose, in realtà, a marcare una tappa fondamentale del crollo, pochi anni dopo, del regime travolto da moti popolari non solo islamici.
  • Il tutto per celebrare i 2.500 anni d’una casata che si ricollegava a Ciro il Grande anche se tutti sapevano che il padre di Reza Pahlavi, Reza Shah Pahlavi, era un militare d’origine caucasica che aveva preso il potere con un golpe nel 1925.

Nel nome di Aurora eroina degli armeni. L'altro «Nobel» a chi salva vite

Corriere della Sera, 16 ottobre 2022.

  • Jamila Afghani, fondatrice, di una associazione che da venticinque anni cerca di dare alle afghane l'accesso all'istruzione.
  • Nel 2015 Noubar Afeyan, imprenditore, inventore (oltre cento brevetti) e filantropo armeno naturalizzato statunitense, fondatore di «Moderna», la società di biotecnologia che produce uno dei vaccini più diffusi al mondo, decise con due amici generosi di inventarsi un premio per chi da anni si impegna non genericamente «per la pace» [...] ma per salvare la vita e il futuro a chi è in pericolo, come tanti «Giusti» la salvarono ai perseguitati armeni.
  • A chi dedicarlo un premio così? Chiesero suggerimenti a storici ed esperti, esaminarono varie ipotesi, decisero: Aurora Mardiganian. «Pesò anche il nome», spiega Afeyan, «l'alba che annuncia il giorno dopo la notte. La rinascita dopo il buio.»
  • [Su Aurora Mardiganian] Ricordata come «la Giovanna d'Arco degli armeni», terza di otto figli di un proprietario terriero e produttore di seta a Chmshkatsag dov'era nata nel 1901, studentessa giudiziosa e aspirante violinista, finì come tante altre nell'inferno raccontato da Antonia Arslan ne La masseria delle allodole. Vide uccidere il padre e un fratello, fu trascinata con le sorelle nella lunga marcia attraverso il deserto fin sotto le mura di Aleppo, in Siria.
  • Violentata, sequestrata, venduta all'asta, comprata per l'harem di un curdo particolarmente violento, fuggì e fu ripresa, fuggì di nuovo e dopo «un viaggio di 18 mesi sui monti, nascosta in grotte e boschi, vivendo di vegetazioni e radici, arrivò a piedi nudi, seminuda e affamata a Erzerum» tra Trebisonda e il lago di Van, in un'area della Turchia orientale allora occupata dai russi. Salvata da un gruppo di missionari americani venne infine aiutata a raggiungere New York. Raccontò la storia ad altri profughi armeni. E questi decisero che andava raccontata a tutti. Uscito nel 1918 e passato alla storia come la prima testimonianza oculare sul genocidio, Ravished Armenia (Armenia devastata) fece il botto: novecentomila copie vendute.
  • Il nonno imprenditore, rappresentante in Anatolia di una grande banca tedesca, importatore di uova, fuggito con tutta la famiglia in Bulgaria grazie a un passaporto iraniano avuto per i suoi business marittimi con imprese di Teheran. La fuga dalla Bulgaria comunista verso Beirut e ancora, con lo stesso documento iraniano, la partenza verso il Canada. Tutte cose che hanno insegnato ad Afeyan come «gli armeni sono riusciti a sopravvivere affrontando nuove realtà.»

Incipit di Negri froci giudei & Co. modifica

«Al centro del mondo», dicono certi vecchi di Rialto, «ghe semo noialtri: i venessiani de Venessia. Al de là del ponte de la Libertà, che porta in terraferma, ghe xè i campagnoli, che i dise de esser venessiani e de parlar venessian, ma noi i xè venessiani: i xè campagnoli. Al de là dei campagnoli ghe xè i foresti: comaschi, bergamaschi, canadesi, parigini, polacchi, inglesi, valdostani... Tuti foresti. Al de là dell'Adriatico, sotto Trieste, ghe xè i sciavi: gli slavi. E i xingani: gli zingari. Sotto el Po ghe xè i napo'etani. Più sotto ancora dei napo'etani ghe xè i mori: neri, arabi, meticci... Tutti mori.» Finché a Venezia, restituendo la visita compiuta secoli prima da Marco Polo, hanno cominciato ad arrivare i turisti orientali. Prima i giapponesi, poi i coreani e infine i cinesi. A quel punto, i vecchi veneziani non sapevano più come chiamare questa nuova gente. Finché hanno avuto l'illuminazione. E li hanno chiamati: «i sfogi». Le sogliole. Per la faccia gialla e schiacciata.

Note modifica

  1. Da Caso Carditello, saccheggio quotidiano: adesso hanno rubato anche l'allarme, corriere.it, 20 marzo 2012.
  2. Da La Reggia dei Borbone appartiene agli Italiani. La villa di Carditello ora è proprietà dello Stato, corriere.it, 9 gennaio 2014.
  3. Citato in Corriere della sera, 25 marzo 2009.
  4. Da Schei, Baldini & Castoldi, 1996.
  5. Sull'invito a collaborare con il Ministero dei Beni Culturali di Sandro Bondi, inviato all'archeologo Amedeo Maiuri il 3 marzo 2010 dal Direttore Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale Mario Resca.
  6. Da L'elenco (incerto) di vivi e scomparsi, Corriere della Sera, 24 marzo 2010.
  7. Da Corriere della Sera, 25 novembre 2009.
  8. Da Il mondo spiegato a china Sport, delitti, Milano: cioè la vita. Le tavole di Dario Mellone non avevano confini, Corriere della Sera, 15 dicembre 2020.
  9. Da Se anche il calcio tifasse per la libertà, corriere.it, 15 novembre 2022.
  10. Da Ricordo di Meroni, bohémien del calcio, Corriere della Sera, 1º febbraio 2017.

Bibliografia modifica

  • Gian Antonio Stella, Negri froci giudei & Co. L'eterna guerra contro l'altro, Rizzoli, 2009. ISBN 9788817037341

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