Felice Romani

librettista, poeta e critico musicale italiano

Felice Romani (1788 – 1865), librettista, poeta e critico musicale italiano.

Felice Romani

Citazioni di Felice Romani modifica

  • Casta Diva, che inargenti | queste sacre antiche piante, | a noi volgi il bel sembiante, | senza nube e senza vel.[1]
  • [Su I promessi sposi] Esaminando liberamente il romanzo storico del Manzoni non istudierò miserie. Ditemi ora, o lettori, qual sarà il soggetto di un romanzo, che si raggira intorno a tal epoca? Quali saranno le imprese dei Milanesi, perché il romanzo è intitolato Storia milanese?... Quali saranno gli eroi? Forse l'ambizioso Governator di Milano promotore della guerra che si accende in Italia? Forse il coraggioso Duca di Nevers, che difende animosamente i diritti della sua casa?... Né un solo di cotesti personaggi è l'eroe del romanzo, né una sola di siffatte vicende forma il soggetto dell'istoria scoperta e rifatta dal Manzoni. Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due poveri lavoratori del contado di Como, sono gli eroi per cui dobbiamo interessarci; se si sposeranno, o no, è l'importante vicenda che tener deve gli animi nostri sospesi... Eccovi, o lettori, tutto il tessuto di questa istoria milanese rifatta: e s'ella è cosa che meriti il nome di storia giudicatelo voi. (dal giornale La Vespa, 1827[2])
  • Son Tomaso Scarafaggio | vignajuol di San Quintino, | detto il Sega nel villaggio | perché suono il vïolino. (da Un'avventura di Scaramuccia, I, 3).

L'elisir d'amore modifica

  • Udite, udite, o rustici: | attenti, non fiatate. | Io già suppongo e immagino, | che al par di me sappiate | ch'io sono quel gran medico, | dottore enciclopedico, | chiamato Dulcamara, | la cui virtù preclara, | e i portenti infiniti | son noti in tutto il mondo... e in altri siti. (I, 5)
  • Io son ricco, e tu sei bella. (II, 1)
  • Anche questa è da contar. (II, 3)
  • Vendé la libertà, si fé' soldato. (II, 7)
  • Una furtiva lacrima | negli occhi suoi spuntò. (II, 8)

La sonnambula modifica

  • Tutto è gioia, tutto è festa. (I, 1)
  • A fosco cielo, a notte bruna, | al fioco raggio d'incerta luna. (I, 6)
  • Vi ravviso, o luoghi ameni | in cui lieti, in cui sereni | sì tranquillo i dì passai | della prima gioventù. | Cari luoghi, io vi trovai, | ma quei dì non trovo più. (I, 6)
  • D'un pensiero, d'un accento | rea non son, né il fui giammai. (I, 11)
  • Ah! perché non posso odiarti, | infedel, com'io vorrei! | Ah! del tutto ancor non sei | cancellata dal mio cor. (II, 4)

Citazioni su Felice Romani modifica

  • Felice Romani, di persona, io non lo conobbi che negli ultimi suoi anni. Era, più che stanco, scoraggiato da sei lustri di giornalismo, di lavoro incessante da pubblicista. È questa una vita di lotte, non sempre leali, spesso amarissime e spietate. Alle punture dell'invidia, alle maligne insinuazioni dei rivali, aveva visto succedere l'abbandono di chi men doveva, la sconoscenza di tali che avrebbero avuto per obbligo di circondarne d'ogni omaggio la vecchiaia. Vedeva invadere e crescere nel campo delle buone lettere l'onda del cattivo gusto, vedeva il ciarlatanismo trionfare, l'umor partigiano prepotere nella critica, gl'interessi delle consorterie tener luogo di regole del bello, propagarsi la letteratura mestierante, celebrarsi le mediocrità procaccianti che sapevano procurarsi il chiasso della lode dai compari. Il suo sorriso arguto aveva preso una tinta d'amarezza: il frizzo veniva più raro alle sue labbra, e la parola era meno espansiva e confidente. Ma nulla aveva alterato la sua cortesia; e pei giovani che, punti dall'assillo della letteratura, ricorrevano a lui per consigli, codesta cortesia, facilmente, dopo breve tempo, prendeva qualche cosa di paterno. Un poco di frequenza nel trattarlo conduceva un'amorevole domestichezza; e in questa riappariva il Romani d'un tempo, dotto senza superbia, purista senza pedanteria, epigrammatico senza malignità, ilare, scherzoso, modesto. (Vittorio Bersezio)
  • Felice Romani esercitò la professione del letterato con coscienza, con dignità, senza cabale e intrighi, senza bussare alla porta d'alcuno, senza cavare il cappello a chicchessia, senza appartenere a società o camarille, il cui scopo è di provvedere ai proprii interessi e di nuocere a quelli degli altri. (Francesco Regli)
  • Metastasio e Romani erano in troppo differenti condizioni per correre la medesima via: il primo proseguiva il melodramma così come avevalo avuto da Apostolo Zeno: il secondo lo toglieva alle bassezze, allo squallore, al bordello, ed uno più splendido ne componeva. (Francesco Regli)

Note modifica

  1. Da Norma, atto I, scena IV, in Tutti i libretti di Bellini, a cura di Olimpio Cescatti, Garzanti, Milano, 1994.
  2. Citato in in De Marchi e Palanza, Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni, Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 569.

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