Felice Momigliano

storico e scrittore italiano

Felice Momigliano (1866 – 1924), storico e scrittore italiano.

Il proletariato ebraico e il sionismo modifica

  • Il secolo XX, come se, poveretto, non ne avesse abbastanza dei problemi da risolvere, sta per ereditarne un altro nato negli ultimi anni del secolo XIX: Il Sionismo.
    Molti ebrei, massime quelli dell'Oriente, si agitano per un novo e meno leggendario esodo verso la terra dei padri loro. Come sorse codesto movimento di disgregazione e di aggregazione? Come si andò atteggiando, a mano a mano che dalle rosee cime del sentimento discese nella grigia bassura della realtà? Il fenomeno per la natura sua interessa lo psicologo e il sociologo. (p 403)
  • Il movimento sionista, sfrondato di tutta la superstruttura religiosa e nazionale, attinge la sua ragione d'essere dal fattore economico: «Quell'ebreo tedesco di Marx», come lo chiamava nelle irose polemiche il Bakunine, può esultare: il popolo a cui egli appartenne s'incarica di dimostrare coi fatti l'importanza massima del fattore economico nella dinamica storica.
    Il proletariato ebraico è padre del Sionismo. (p. 403)
  • Il Bauer aveva tentato spiegare l'antagonismo fra l'ebreo e il cristiano, riducendolo ad antagonismo religioso. Il Marx, che ha scarsa fede nei miracoli dell'ideologia astratta, sposta i termini del problema e, come è facile immaginare, ne fa una questione economica. (p. 404)
  • Secondo l'autore del Capitale l'ebreo si era emancipato col giudaizzare i cristiani; quando invece per emanciparsi realmente avrebbe dovuto sgiudaizzarsi o, per meglio dire, scomparire, travolgendo seco la sua concezione di traffico.
    Noi crediamo di non venir meno all'ammirazione che professiamo verso il potente atleta del socialismo, dichiarando che, salvo alcune affermazioni in cui scorgi l'unghia del leone, gli argomenti espressi dal Marx in questa polemica non eccedono il valore di una delle tante logomachie da giornale. Nel tempo in cui scriveva egli ignorava interamente la storia degli ebrei.
    Suo padre aveva spezzate le tradizioni che lo legavano al giudaismo, e s'era convertito al cristianesimo; al figlio era sconosciuto il passato del suo popolo e la funzione sociale dell'ebraismo. Il terribile fulminatore dei capitalisti non sapeva che i più antichi avvocati del povero e dell'oppresso erano stati i profeti d'Israele, le cui collere contarono fra le pulsazioni vitali dell' umanità; ignorava, per dirla colle parole di quel pazzo geniale che fu il Nietzsche, che gli ebrei erano stati gli apostoli della morale degli schiavi, che vinse e sopraffece la morale dei padroni; victi victoribus legem dederunt. Il Marx non vide il giudaismo che attraverso il mammonismo capitalista; per lui il tipo rappresentativo era Rothscliild e piantava la bandiera gialla dell'antisemitismo. (pp. 404-405)
  • L'ebreo moderno non è il semita riproducente le qualità tipiche dei patriarchi o dei compagni di Esdra e di Neemia, ma sì il prodotto naturale della secolare segregazione nel ghetto. Negli antri fetidi e dolorosi delle Juiveries, delle Judenstrasse, si venne plasmando e temprando l'anima ebraica; ivi, come conseguenza di interdizioni secolari, un popolo di agricoltori si trasmutò in un popolo di trafficanti. (p. 405)
  • L'antisemitismo occidentale non è che uno degli episodi della lotta di classe che romba nel sottosuolo della società contemporanea: è la protesta della grande proprietà che si ribella all'assorbimento totale della finanza, lo sdegno della nobiltà attaccata al suolo che le assicurava in altri tempi il primato e che si strugge per l'influenza di questi intrusi [gli ebrei], jeri considerati come spazzature immonde, oggi arbitri della banca. (p. 408)
  • Il Graetz, l'ultimo e il più autorevole storico degli ebrei, ammette che l'ebreo è commerciante, banchiere, perché è stato costretto a non fare altro.
    Si potrebbe correggere l'asserzione in questo modo: La borghesia ebraica è diventata trafficante, non la grande massa degli ebrei. Ma tanto gli antisemiti quanto i filosemiti non hanno scritto che la storia della borghesia ebraica, cioè a dire dei pochi ebrei cristianizzati ed ellenizzati dell'Occidente, non delle grandi masse degli ebrei galliziani, rumeni, russi ed orientali, che formano le più miserande orde di proletari del mondo intero. (p. 410)

Leone Tolstoi modifica

Incipit modifica

Ho qui dinanzi a me il ritratto di Tolstoi sulla sessantina, riprodotto da un'incisione in legno del Bryden. L'impressione si riassume così: «Ecco un uomo che ha duramente lottato!» Testa monumentale, fronte ardua, granitica, vittorughiana, solcata da rughe; sopraciglia folte, irsute, fra cui lampeggiano occhi attoniti e concentrati nel mondo interno, non così tuttavia da non lasciar trasparire un'immensa bontà per tutto ciò che vedono e vedranno nella melanconica scena del mondo; narici dilatate e carnose; barba folta e profetica in mezzo a cui si disegnano le labbra tumide e sensuali; e per tutto l'aspetto una sollecitudine irrequieta mista di benevolenza, di pietà e di tormento di chi sa d'arrivare in un'ora triste dell'umanità.

Citazioni modifica

  • Il Caucaso è pei Russi il paese del sogno: Puchkine e Lermontof[1] ne hanno celebrati gli incanti. Quella regione aspra di monti, verdeggiante di praterie sterminate, accarezzata dagli effluvi dei tepidi venti del mezzogiorno, gioconda di tipi femminei di bellezza forte e soave, offre ai giovani fervidi ed ardimentosi quanto essi più anelano: sole, montagne, libertà, canti di poeti vagabondi, sorrisi affascinanti di donne alte e snelle. (cap. II, p. 13)
  • Nei Cosacchi lo scritto più notevole [di Tolstoi], l'autobiografia si confonde coll'invenzione. Il poeta non si scompagna dall'osservatore. Come poeta, l'autore al contatto di una natura intatta dalla civiltà, fra gente ignara delle complicazioni morbose dell'urbanesimo, esalta quella vita di libertà, di forza e di audacia. I ricordi recenti della frolla ed ipocrita vita cittadina fanno sì che la novità dell'esistenza risalti dinanzi al giovane con tutti i colori più belli e più attraenti. Riconosce l'aspetto buono dello stato naturale quasi biologico, da cui è bandita la nozione di peccato, perché l'anima ignora la colpa. In questo libro le inquietudini mistiche sono come travolte dall'impeto di un'esistenza piena, gagliarda e virilmente attiva. (cap. II, pp. 14-15)
  • Nei ricordi di Sebastopoli si trovano già in germe tutti gli elementi essenziali del pensiero e dell'arte di Tolstoi. Il volume contiene le impressioni del bombardamento di Sebastopoli, quali si stamparono nell'animo di un osservatore meraviglioso, di un giovane portato fin d'allora per impulso di sentimento alla fratellanza degli uomini, di un russo fermamente convinto della vanità della ragione e della volontà di fronte alle leggi di una fatalità trascendente da cui gli uomini sono guidati.
    Romanzo? no, perché manca il nodo centrale che serve a congiungere i vari episodi che sono narrati. Storia? no, perché evidentemente i personaggi di cui si parla sono creati dall' immaginazione dell'autore. Romanzo storico dunque? sì ma non al modo con cui noi latini siamo soliti intendere questo genere letterario. (cap. III, pp. 16-17)
  • Per Tolstoi come per tutti gli spiriti apostolici che mirano all'azione piuttostoché al pensiero, i tre problemi fondamentali della filosofia pratica, il religioso, il morale e il sociale si presentano come tre aspetti diversi di un problema unico. L'essenza della religione è la morale e nient'altro che la morale; perciò egli si sforza di ricondurre il cristianesimo alla forma primitiva, non ancora intellettualizzata dall'innesto della filosofia greca, né atteggiato a sistema dottrinale. La vera religione come la vera morale si riduce alla consapevolezza del rapporto intimo fra l'uomo e la causa prima, alla gioia di vivere in Dio, di identificare il proprio essere nell'essere universale, nel palpitare ritmicamente coll'infinito. (cap. VII, p. 37)
  • Il misticismo di Tolstoi, in fondo in fondo, si riduce al postulare per intuizione una realtà assoluta, immanente della quale noi abbiamo cognizione: la nostra aspirazione al bene. (cap. VII, p. 37)
  • Il tolstoismo nella sua forma negativa di critica delle incompiutezze della civiltà attuale, e nella sua forma positiva di tendenza ad innalzare, ad intensificare il senso della vita, conquistò in tutti i paesi innumerevoli spiriti che pure non consentono con le ultime radicali conseguenze a cui arriva il fondatore. (cap. XII, p. 72)
  • Il problema capitale del tolstoismo è antico da quanto la cultura e si può formulare in questo modo: La civiltà col soddisfare in modo più vario e più sicuro ai bisogni dell'uomo, favorisce lo sviluppo spirituale o non piuttosto comprime la virtù dello spirito? La civiltà affranca l'io nostro, l'io essenziale dalla schiavitù del mondo esterno o non piuttosto gli tarpa le ali e gli impedisce il libero volo? (cap. XII, pp. 72-73)
  • [...] [l']atteggiamento di protesta contro il progresso, è concezione ebraico-cristiana che considera peccato di orgoglio ogni tentativo di estendere il dominio dell'uomo sull'universo; è l'Oriente schiavo che insorge contro il virile spirito ariano «audax omnia perpeti»; è il lugubre litaniare importuno di anime oppresse che, nelle creazioni dell'arte, nelle meraviglie della scienza altro non iscorgono che una presunzione sfrenata, un'esaltazione inconsulta della superbia dell'uomo il quale ardisce contrapporsi alla potenza assoluta della divinità. (cap. XII, p. 73)
  • Gian Giacomo Rousseau col suo modo di fare esasperato ed esasperante ha imposto il problema all'umanità. Il Rousseau alla domanda se il progresso delle arti e delle scienze contribuisce alla felicità umana, con logica stringente ed appassionata rispondeva di no. Tolstoi procede più oltre. La sua sollecitudine non è tanto rivolta alla maggiore o minore somma di benessere che la civiltà può largire all'uomo, quanto al problema se i valori morali più alti non siano minacciati dalla civiltà. (cap. XII, p. 74)

Explicit modifica

L'anima del popolo slavo che ascolta la musica armoniosa delle voci d'Oriente che le ripetono l'immortale messaggio che la salute è in noi, che il mondo esterno non può darci la pace, che la vita in tanto ha valore in quanto la improntiamo della parte immortale di noi; che il sano misticismo non vuol dire estasi, cilizi, annichilimento, disprezzo di sé stesso, ma che il divino cioè l'armonia suprema della coscienza, si attinge con la pratica severa e tenace della legge morale. L'idealità morale può e deve vivificare la civiltà estetica e dinamica dei tempi nostri.
I grandi spiriti tutelari dei grandi popoli si ritrovano su questo terreno; e sulla tomba di Jasnaia Poliana bene può posarsi il ramo di cipresso cresciuto al sole mediterraneo che versa i suoi tepidi raggi sul tuo sepolcro di Staglieno, o Giuseppe Mazzini.

Incipit di alcune opere modifica

Religione, filosofia e storia della filosofia modifica

Il compito della storia della filosofia che è quello di far conoscere e valutare i vari sistemi che si sono succeduti dall'origine della filosofia ai giorni nostri, non può ritenersi esaurito nell'esposizione e nel giudizio delle dottrine dei filosofi che vissero in età anteriore alla nostra, perché deve indagare il processo della ragione speculativa che li ha creati, e determinare le leggi del loro sviluppo. Per tal modo la storia della filosofia viene a far parte integrante della filosofia stessa. Anticipando fin d'ora quanto sarà meglio chiarito nel processo della trattazione, affermiamo subito che la discussione del concetto e del metodo della storia della filosofia postula una filosofia.

Rinascimento italiano e illuminismo francese modifica

Il secolo XVI fu l'epoca più gloriosa per l'Italia che restituiva alla ragione umana i suoi titoli di nobiltà. La nostra filosofia, la nostra civiltà risalgono ai secoli della Rinascenza, in cui la patria nostra straziata dagli stranieri, donava alle altre nazioni d'Europa la libertà del pensiero e l'autonomia della ragione. Per usare un'espressione del Göthe, la Rinascenza parve il frutto dell'unione dei figli di Dio con le figlie degli uomini.

Citazioni su Felice Momigliano modifica

  • Un ebreo, professore di scuole medie, gran filosofo, grande socialista, Felice Momigliano, è morto suicida. I giornalisti senza spina dorsale hanno scritto necrologi piagnucolosi. Qualcuno ha accennato che era il Rettore dell'Università Mazziniana. Qualche altro ha ricordato che era un positivista in ritardo. Ma se insieme con il Positivismo, il Socialismo, il Libero Pensiero, e con il Momigliano morissero tutti i Giudei che continuano l'opera dei Giudei che hanno crocifisso Nostro Signore, non è vero che al mondo si starebbe meglio? Sarebbe una liberazione, ancora più completa se, prima di morire, pentiti, chiedessero l'acqua del Battesimo. (Agostino Gemelli)

Note modifica

Bibliografia modifica

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