Ciclismo

utilizzo della bicicletta per fini di svago, competitivi o di trasporto

Citazioni sul ciclismo e sul ciclista.

  • A livello di soddisfazione personale, il top era rappresentato dai grandi tapponi di montagna del Giro o del Tour: un divano, una birra ghiacciata, un panino fragrante e ben imbottito con cui rifocillarsi assistendo allo spettacolo di un nutrito gruppo di tizi che si facevano un culo epico arrampicandosi in bicicletta alle tre di pomeriggio lungo salite ripide ma assolate, sudando come mufloni nel caldo impietoso di luglio. (Marco Malvaldi)
  • Al ciclismo in senso ampio [...] mi legano diverse cose. Prima di tutto, i suoi valori: quello che ha a che fare con la fatica mi entusiasma, e quindi da amante dello sport non posso non considerare il ciclismo come uno dei più importanti. E poi è uno degli sport più letterari, uno di quelli che si presta meglio al racconto; non sono io il primo a dirlo, insomma, è sufficiente ripensare alle penne che si sono cimentate nell'impresa di raccontarlo: penso a Dino Buzzati e alle sue pagine sul Giro d'Italia 1949. (Mauro Berruto)
  • Fra calcio e ciclismo esiste una differenza sostanziale: nel calcio esiste il pareggio, nel ciclismo no, si perde, anche in fotografia per un niente. (Alfredo Martini)
  • Ho l'impressione che il ciclismo sia un'orchestra con degli ottimi elementi, ma con un pessimo direttore. Ecco perché‚ questo sport è diventato un casino. E degli altri perché non si parla mai? Noi siamo 150 persone in tutto. Dov'è il tennis, dov'è il calcio? (Alexandre Vinokourov)
  • Il ciclismo è come la vita, non ci sono formule matematiche quando sei davanti ad un avversario. Si tratta di saper soffrire più di lui, i più grandi campioni hanno sempre fatto la differenza col cuore. (Lance Armstrong)
  • Il ciclismo è complesso, fortemente politicizzato, ed è molto più uno sport di squadra di quanto si possa pensare, come mi stavo accingendo a scoprire. (Lance Armstrong)
  • Il ciclismo è sport di fatica e, se la testa si rifiuta di funzionare, le gambe possono fare poco. Allora, è inutile gareggiare. (Fabiana Luperini)
  • Il ciclismo professionistico ha sempre praticato l'omertà e ha giocato un ruolo importante nella cultura del doping. (David Walsh)
  • Il ciclismo è lo sport più popolare perché non si paga il biglietto. (Pier Paolo Pasolini)
  • Il ciclismo, per lungo tempo, è stato un dolce racconto mediatico che ha fatto leva sulla fantasia del narratore e di chi ne ha fruito. (Adriano De Zan)
  • [«Quanto è cambiato il ciclismo dai tuoi inizi ad oggi?»] Il rapporto giornalista-campione, ad esempio, è diverso: e questo in tutti gli sport. Anzi, se pensiamo al calcio dobbiamo trarre la conclusione che il ciclismo è comunque lo sport che più di ogni altro è rimasto accessibile. Col campione di ciclismo si riesce ancora ad avere un rapporto abbastanza stretto. Col calciatore no. [...] Anche il ciclismo, però, è cambiato con la presentazione degli uffici stampa. Inoltre, il ciclismo ha quasi completato il processo di globalizzazione. [...] Allora non c'erano tutte le nazioni di oggi: quando arrivò Greg LeMond, americano, sembrava un marziano. Adesso [...] si ritrovano i colombiani, che arrivano dai tremila metri ed in salita vanno alla grande; e poi il sudafricano bianco, l'australiano, il neozelandese, gli inglesi. È diventato un ciclismo molto più complesso: all'epoca di Gimondi le nazioni principali nel ciclismo erano quattro. (Beppe Conti)
  • In altri sport, le squadre amano definirsi «famiglie». Nel ciclismo, non è una metafora. (Tyler Hamilton)
  • La differenza tra la visione del mondo del ciclista e quella dell'automobilista è tra le più profonde che si possano immaginare. A livello di culo (fondoschiena). Osserviamo quello del ciclista: leggermente all'indietro, favorisce il decollo della colonna vertebrale. La postura è simile a quella delle statue antiche. E porta con sé una visione dinamica, una tensione in avanti che testimonia una grande fiducia in ciò che la vita riserva. (Didier Tronchet)
  • La sofferenza è una compagna di viaggio, è un'insegnante di disciplina, è una maestra di vita. Però il ciclismo non è solo sofferenza, ma anche piacere. Stai nella natura, nel paesaggio, nel mondo. Stai con la gente e nella gente. Vivi un'eterna giovinezza. (Alfredo Martini)
  • Nell'ombra della notte si ritorna soli. È l'ora che preferisco per viaggiare in bicicletta, al raggio delle stelle su la strada vuota, per la bianchezza della quale l'occhio vede da lungi sicuramente. Dove si corre? (Alfredo Oriani)
  • Oggi il ciclismo è certamente cambiato, ha raggiunto una «democratizzazione» molto più evidente: tutti posso vincere, tutti hanno la possibilità di fare la loro corsa, e le spinte, dopo un patto fra galantuomini, sono state definitivamente bandite. (Adriano De Zan)
  • [«Come mai il ciclismo ha ispirato tante belle penne? Da Alfonso Gatto a Dino Buzzati, da Orio Vergani a Indro Montanelli»] Perché nessuno sport si presta come il ciclismo al racconto. Nel calcio — che pure è popolarissimo in tutto il mondo — si corre dietro a una palla. Negli anni di quei fuoriclasse della scrittura i corridori scalavano montagne sullo sterrato, facevano imprese eroiche. E, particolare non da poco, non c'era la televisione. La gente "vedeva" le imprese dei campioni attraverso il racconto di quegli scrittori. E poi il ciclismo era di gran lunga lo sport più popolare. Ti faccio un esempio: Fiorenzo Magni aveva appeso una prima pagina della Gazzetta dello Sport, nel suo ufficio. Un grande titolo d'apertura, che occupava quasi tutta la pagina, su una sua vittoria di tappa. Sotto, di taglio basso, il titolo sul Milan che, battendo l'Inter nel derby, aveva vinto lo scudetto. Ti rendi conto? (Beppe Conti)
  • Pronte sono le biciclette lustrate come nobili cavalli alla vigilia del torneo. Il cartellino rosa dal numero è fissato al telaio coi sigilli. Il lubrificante le ha abbeverate al punto giusto. I sottili pneumatici lisci e tesi come giovani serpenti. (Dino Buzzati)
  • Quello che non va bene per il ciclismo e soprattutto per i tifosi è non vedere correre i grandi campioni per tutta la stagione; questo si che fa male al ciclismo. (Francesco Moser)
  • Sono passati ormai [...] anni e questo sport, almeno ai miei occhi, continua a essere quel che è sempre stato: una maledetta passione. [«"Maledetta" in che senso? Come dobbiamo intendere questo aggettivo?»] In senso buono, ovviamente. Il ciclismo, seppur piccolo rispetto ai tanti altri nei quali entriamo e usciamo quotidianamente, è un universo a sé stante. E quindi è regolato dalle dinamiche che ben conosciamo dalla vita di tutti i giorni: alti e bassi, successi e sconfitte, gioia e delusione. Oggi vorresti smettere e domani sei ancora lì, più arrabbiato, appassionato e motivato di prima. Maledetto anche da un punto di vista esclusivamente manageriale. Prima gli onori pareggiavano gli oneri, adesso invece [...] è dura: ci sono più oneri che onori. (Gianni Savio)
  • Uno sport che produce sudore. (Enzo Ferrari)
  • Volare come un uccello: ecco il sogno; correre sulla bicicletta: ecco oggi il piacere. Si torna giovani, si diventa poeti. (Alfredo Oriani)
Les deux cyclistes (P. Monnier, 1969)

Rachele Barbieri modifica

  • Di essere ciclista non smetti mai. Si tratta di un lavoro che ti assorbe completamente, da cui non esistono pause. Anche quando la stagione finisce, tu non puoi dimenticartene. Non esistono ferie dal ciclismo, per un semplice motivo: se ti dimentichi di essere ciclista, il ciclismo te la fa pagare. È un privilegio, qualcosa per cui essere grati, ma è faticoso, talvolta molto faticoso.
  • Ho sempre amato la multidisciplinarietà [...]. Strada, ciclocross, mountain bike, pista e persino le corse Red Hook senza freni su circuiti urbani. Passare da una bici all'altra aumenta gli stimoli anche se il gesto è sempre quello del pedalare. [«Ce lo spieghi»] Cambiare specialità permette di misurarsi con un altro ambiente. Nell'anno preolimpico sono tornata a fare anche ciclocross perché amo la pista ma alla lunga può essere stressante. Salire su una bici diversa mi ha ridato energie mentali.
  • Il ciclismo è stato una mia scelta e ne vado fiera, ringrazierò sempre la mia famiglia che mi ha supportata senza pressioni. Oggi invece vedo tanti ragazzi forzati dai familiari e lo trovo tristissimo.
  • Il ciclismo per me è stato un vero e proprio insegnamento di vita! Per questo dico che lo sport per un bambino è fondamentale. Grazie al ciclismo sono cresciuta con meno paura e più sicurezza. Mi hanno sempre considera tutti più "matura" dei miei coetanei e credo che sia solo perché gli insegnamenti avuti in questo bellissimo ambiente mi hanno permesso di crescere con la giusta "testa"!

Marta Cavalli modifica

  • Il nostro è uno sport che non ha molta visibilità: se qualcuno si interessa è perché lo ama profondamente. Noi abbiamo il dovere di ricambiare questo affetto mettendo tutta la nostra umanità all'interno di quel rapporto. Non sopporto gli atleti altezzosi con i tifosi.
  • Ogni volta che prendo la bici, è solo un piacere, non mi sembra un lavoro. Non mi sento una ciclista professionista in senso stretto perché amo la bici e non saprei dire come è successo che sono diventata una professionista. Penso si tratti di decisioni giuste, poi tutto è arrivato, passo dopo passo. Ho costruito questo sogno e lo sto vivendo appieno. Mi rendo conto che si tratta di qualcosa di speciale e non ne sento la pressione. Quando sono in bici spingo al mio limite, così vado a dormire senza rimpianti.
  • Provarci sempre, perché nel ciclismo la fatica viene mascherata, nascosta. Guardi la tua avversaria e ti sembra stia benissimo, che sia incrollabile, invece spesso sta soffrendo, come e più di te. Se continui a provarci, prima o poi, diventa impossibile nascondere la fatica ed emergono i veri valori in campo.
  • Vedere le gare da casa è bello ma manca sempre qualcosa. Quando mi capita provo a immedesimarmi nel corridore immaginando cosa farei fossi al suo posto. Il punto è che non essere lì, non essere quel ciclista, non sentire quelle sensazioni, manca sempre. Certe volte manca anche la tensione di inizio corsa, quella positiva: quel morso allo stomaco che provo quando sento la gara. [...] In pista la tensione è sempre più forte: il pensiero di dissipare tutto il lavoro per una distrazione di un secondo è assurdo.

Alessandra De Stefano modifica

  • [«Lei viene dal ciclismo»] E quindi dalla strada. Lo rivendico: correndo per anni dietro ai ciclisti ho imparato tantissimo, specie nei 200 metri tra traguardo e podio: è lo spazio in cui prendono corpo emozioni e delusioni. Il ciclismo è duro, spietato e a volte tragico. Grande scuola.
  • [Il ciclismo] è anche una lunga analisi, una forma di conoscenza dell'essere umano, perché mentre si pedala tutta la generosità, gli egoismi, l'altruismo, la testardaggine, la cattiveria, la furbizia e la malignità vengono fuori, si fanno palesi e senza filtri. I corridori sono navigatori in un mondo precario, la libertà che dà la bicicletta è legata in un microcosmo pieno di regole e non detti, di volere di branco e ambizioni personali, di rincorse e di evasioni. Solo quelli che vanno in fuga assaporano appieno la bellezza della bici, la sua dimensione spaziale. Sono dei libertari, dei sognatori. Gli unici ancora bambini del gruppo. Perché la prima cosa che pensi da bimbo quando inizi a pedalare è che sei libero, "posso andare lì". E quel lì è sempre un altrove.
  • Il ciclismo prima ti prende e poi ti trasporta, sentimentalmente e per il mondo, lungo quel suo solito percorso ciclico, fatto allo stesso modo di una ruota di bicicletta. Un incontrarsi e ritrovarsi nei soliti luoghi e negli stessi periodi, quelli delle corse, a commentare però qualcosa che non è mai uguale a se stesso, che cambia continuamente.
  • Il pubblico non è mai stato solo sfondo, quasi sempre è stata una spinta in più, qualcosa di necessario, un'estensione di questo sport. Se il ciclismo fosse un albero, gli spettatori sarebbero i rami, si può disegnare un albero senza i rami?
  • L'amore per questo sport nasce dal racconto, quello dei nonni e dei padri, quello delle imprese che furono, a volte ingigantite, sempre personalizzate da chi ce le ha raccontate.
  • Quando ero piccola guardavo con mio padre il Tour de France, papà ha fatto la Resistenza, è stato prigioniero nelle Ardenne. [...] Papà fumava le sue Gitanes e seguiva Merckx, lo adorava. Quando per un anno ho lasciato il ciclismo, mi chiamò Eddy: "Amedeo non sarebbe felice".
  • [«Per tutti lei è la "signora del ciclismo", lo sport che racconta da tre decenni. È un'etichetta che le piace?»] Sì, perché il ciclismo mi ha formato, è l'ambiente dove mi sono costruita professionalmente e dove mi sono innamorata della diretta, della strada, del rumore di fondo e delle storie laterali. [...] In una cronometro di Bibione, mentre aspettavo la partenza, vidi questo ciclista con il numero 199 e la bici appoggiata a un muretto sulla spiaggia, che guardava il mare e piangeva. Lo avvicinai e gli feci un'intervista: "Piango perché penso alla Colombia e mi mancano i miei bambini". Era Víctor Hugo Peña. "Ma chi è questo? Che ci facciano di questo rvm", mi dicevano gli autori. Poche ore dopo, quel ciclista vinse la tappa e noi ci aprimmo la trasmissione.

Letizia Paternoster modifica

  • Fate ciclismo perché riempie la vita di emozioni, fa divertire, fa crescere. Che diventi un lavoro o meno, crea una mentalità che serve nella vita di tutti i giorni.
  • Il ciclismo è un mondo irto di ostacoli. Ma come si dice nel nostro ambiente, dopo una dura salita c'è sempre il tratto in discesa.
  • Le difficoltà in bici sono sempre dietro l'angolo e bisogna essere sempre pronte ad affrontarle. Le gambe contano fino ad una certo punto: prima iniziano a far male, poi mano a mano l'energia manca. Lì entra in gioco la testa che deve comandare e spingere il proprio corpo a tenere duro e anche ad andare oltre i propri limiti. Tutto ciò però penso che non sia possibile senza un pizzico di cuore, di passione, che accompagnano e rendono possibile tutto ciò.
  • Non vedo perché il ciclismo debba essere considerato un sport prettamente maschile. Io in bici resto me stessa e porto, come tutte, la mia femminilità. Ma non chiamatemi modella per piacere! [...] Io mi limito ad andare forte in bici.

Bibliografia modifica

  • Giancarlo Gozzi, Lassù sulle Montagne... Cronache del Giro d'Italia in Valtellina e Valchiavenna, Polaris, Sondrio 2000.

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